Tanti furono i profumieri greci e romani attivi tra VII secolo a.C. e IV secolo d.C. Di essi, tuttavia, nella maggior parte rimangono pochissime notizie. La critica diffusa ai lavori manuali, giudicati negativamente rispetto alle ben più onorevoli e prestigiose professioni intellettuali, resero per molti versi inviso anche il mestiere di profumiere riservato, soprattutto nel mondo romano, ma anche in quello greco, per lo più a schiavi o a gente non greca proveniente da altre regioni. È il caso, ad esempio, del profumiere Dinia, originario dell’Egitto, terra dei profumi, ma in attività ad Atene tra V e IV secolo a.C. Avendo dilapidato una fortuna – narrano le fonti – Dinia si evirò.

In relazione anche al mestiere di profumiere non mancano casi nei quali il mito si mescola e si confonde con la storia. Come per molte piante aromatiche (ad es. alloro, menta) anche per alcuni profumieri e alcuni profumi non mancano leggende. La più famosa è certamente quella del principe Amaracus narrata da fonti tarde come Servio (III-IV secolo d.C.) e Isidoro (VI-VII secolo d.C.). Servio, nel suo commento all’Eneide di Virgilio, narra quanto segue:

“Amaracus, fanciullo di stirpe reale fu profumiere. Per caso, essendo scivolato mentre trasportava dei profumi, creò attraverso la mescolanza casuale delle essenze un profumo eccezionale. Perciò queste fragranze sono dette amaracina. Il giovane Amaracus fu trasformato nell’erba della maggiorana/sampsucum, che ora è chiamata anche amaracum [1].

Isidoro nelle sue Etimologie inseriva la storia di Amaracus all’interno di un capitolo dedicato a odori e profumi. A suo dire odor derivava da ‘aria’, mentre il termine thymiama nella lingua greca indicava tutto ciò che presentava un odore gradevole e si spandeva nell’aria. Isidoro parlava dunque dell’incenso e di altri profumi tra i quali l’amaracum che, rilevava, proprio dal suo inventore Amaracus aveva preso il nome [2]. Non era questo un procedimento unico: molti profumieri antichi la cui esistenza, a differenza di quella di Amaracus, è storicamente attestata, chiamarono infatti col loro nome i loro profumi. Fu così per Megallos, che chiamò la sua fragranza megalleion, o per Cosmus che diede il nome di cosmianum al suo unguento profumato.

Per maggiori informazioni sul tema trattato con fonti e bibliografia:
G. Squillace, Il profumo nel mondo antico, Firenze, Olschki, 2010;
G. Squillace, I Giardini di Saffo. Profumi e aromi nel mondo antico, Roma, Carocci, 2014;
G. Squillace, Le lacrime di Mirra. Luoghi e miti dei profumi nel mondo antico, Bologna, Il Mulino, 2015;
G. Squillace, I balsami di Afrodite. Medici, malattie e farmaci nel mondo antico, San Sepolcro, Aboca Museum, 2015.

Note:
[1] Servio, Commento a Virgilio, Eneide I 693: “Amaracus hic puer regius unguentarius fuit, qui casu lapsus dum ferret unguenta, maiorem ex unguentorum confusione odorem creavit: unde optima unguenta amaracina dicuntur hic postea in herbam sampsucum versus est, quam nunc etiam amaracum dicunt”.
[2] Isidoro, Etimologie IV 12