Nel silenzio che precede il momento in cui le parole vengono pronunciate
e nel vuoto che precede il concepimento dei pensieri,
c’è qualcosa che non può essere detto, che non può essere pensato [1]

In questo “prima” sta la forza, smisurata ed invisibile, che governa il nostro renderci disponibili ad accogliere, ad essere tramite di un respiro che non ha inizio e non ha fine, che incessantemente si offre al mutamento e ci rende partecipi di una vastità che è armoniosa compiutezza: un granello di sabbia è una spiaggia intera, tutto il mare cade in una goccia di pioggia, ogni frase contiene una vita.

In tale spazio si alimenta il soffio fecondo che entra nella parola, che dà forma al pensiero: è un immenso oceano di potenzialità sul quale navigare in armonia, l’armonia originaria che c’è tra una vela e il vento, tra una chiglia e le onde, quella che permette a ciascuno di trovare la propria intesa con l’altro, quella in cui ogni cosa avviene al momento giusto; quando lo sforzo e la tensione si fanno danza e gioco; è il momento in cui ogni cosa sa che cosa fare guidata da una profonda empatia che è anche il concedersi di sentire in condivisione e pienezza, senza timore, senza previsioni o controllo.

Questo è ancora tempo di silenzio, di attesa; la Natura riposa, dorme il suo sonno sereno nel tepore scuro del grembo antico. Le parole e i pensieri, come fertili semi, aspettano con pazienza; non chiedono, non hanno fretta; percepiscono la cura, l’attenzione, l’amorevolezza che li avvolge ma sanno restare racchiusi nella culla umida e rassicurante che li accoglie fino al momento opportuno quando usciranno come piccoli corpi che si lasciano portare nella vita, che non hanno paura di nascere anche se non c’è crescita senza sforzo, senza sacrificio, senza dolore.

È il tempo propizio per osservare senza parole, per ascoltare senza pensieri, per lasciare che la sonorità del vuoto ci rimandi la sua voce pura.

Se i suoni esterni sono attutiti allora si fanno udibili il battito del cuore e il nostro respiro. Lontani dal clamore della quotidianità si riesce ad intuire che non ci sono mai abbastanza parole per nominare ogni aspetto di ogni cosa, che ogni cosa va al di là delle parole che possono nominarla.

Ogni parola detta rompe l’incantesimo del non detto,
ogni parola scritta rompe l’incantesimo del non scritto.
Se ti lasci legare dalle parole perderai la meraviglia inespressa delle cose [2]

Si diventa attenti agli spazi vuoti che stanno tra una parola e l’altra, si inizia a guardare oltre l’orizzonte dei significati per esplorare zone sconosciute della nostra mente, del nostro cuore che vuole scoprire altre emozioni, intonare nuove melodie, che desidera pronunciare altre frasi e trovare altre vie là dove i vecchi sentieri sono perduti.

Al di là della terra c’è il mare e al di là del mare c’è la terra.
Il gioco di parole circolare gira in tondo all’infinito.
Non lasciarti stordire dalle giravolte delle parole.
Tra le parole c’è un luogo tranquillo
che si raggiunge semplicemente dimenticandole [3]

È tempo di andare a ritrovarlo, ad esplorarne le segrete meraviglie. Per farlo bisogna navigare e la navigazione è un’esperienza dello spirito poiché il navigatore che è vicino al vento, al mare e alla barca è vicino anche al grande sapere dell’Universo.

Si entra in un paesaggio sfiorato da una lieve bruma che talora lascia posto al tepore di un pallido sole. Non si ode alcun suono, ma posso percepire in lontananza l’intenso fruscio di bianchi cartigli che ondeggiano al soffio del vento sui quali sono scritte parole che ancora non riesco a leggere: bisognerà andare più vicino.

Ci lasciamo condurre dalla corrente e l’acqua ci appare in tutta la sua limpida saggezza: fluida e cedevole, potente nel suo continuo, incessante mutamento eppure sempre serena nel rimanere acqua.

Ed ecco in lontananza vedo la collina dell’umiltà che graziosamente sta accanto ad altre vette senza cercare di stagliarsi più in alto di quanto la sua natura le suggerisca. Costeggio il lago della malinconia e sento il tepore che proviene da quel piccolo mondo antico; ritrovo la dolce tenerezza di un acquarello che ritrae gli abiti leggeri delle amiche che, protette da bianchi parasole, si son date appuntamento per un déjeuner sur l’herbe.

Sono lì, in quel luogo le parole. Disseminate a formare una grande mappa posso costeggiarle, sfiorarle e sentirne l’intensità senza farle necessariamente entrare in un discorso, senza scriverle sulla carta o imprigionarle nel freddo di uno schermo o nel torrido caldo di una animata discussione.

Libera dal compito di far loro da guida per collocarle amorevolmente nel posto che mi pare spetti ad ognuna, mi basta osservarle, godere della ricchezza di emozioni che mi attraversano e della gioia che provo nel vedere anch’esse libere di farmi assaporare le infinite sfumature, i meravigliosi mondi che ogni parola racchiude, quelli che precedono e seguono il suo manifestarsi nel dire.

Attendono, non sanno quando sarà per loro il momento di rispondere alla chiamata. Ci sarà chi verrà ad interrompere la loro pausa di quiete e vorrà dare loro voce o scriverle, ma questa volta non sarò io a farlo. Lascerò che siano loro, se lo vorranno a venirmi incontro.

Un odore acre annuncia che ci stiamo avvicinando alla palude dell’indifferenza. Mi attraversa una percezione di freddo e il cuore rimanda immagini di luoghi e creature abbandonati. Mi vengono alla mente persone verso le quali sono grandi i debiti di affetto, persone che non hanno ricevuto la giusta misura d’amore.

Un breve attracco. Mi sono fermata per riposare nel giardino della benevolenza ed ecco ho visto sbocciare fiori mai prima veduti, ed ho riconosciuto quello del perdono che tanto a lungo ho coltivato e nutrito, ma che ha bisogno di molto tempo per germogliare. Non lontano la perseveranza continua a crescere anche là dove il terreno sembra troppo arido e coltiva il proprio sogno anche quando tutto sembra perduto.

La navigazione prosegue lentamente nell’arcipelago della speranza denso di piccole isole inginocchiate davanti ai promontori, che attendono fiduciose i raggi del sole e si offrono senza timore alla carezza del mare.

Il cielo è di un blu cobalto, l’aria ha il più dolce dei profumi quando si costeggia l’isola sulla quale la tranquillità indugia volentieri. Senza ansia, senza preoccupazione si immerge nella limpida acqua pronta a godere la pace di un tramonto o la luce del giorno che ha inizio.

L’isola della felicità è la più piccola, difficile da raggiungere; mette a dura prova compiere il percorso fino ad arrivare a lei. Se si accettano il rischio e il sacrificio si potrà godere della fresca acqua del ruscello che la attraversa come una striscia di luce. Si sosta con piacere lungo le sue sponde, ma non accade di restare a lungo: qualcosa, un segreto richiamo, una voce ci allontana dalla felicità.

Nel piccolo lago della confidenza ci si può bagnare: le sue acque sono morbide e rasserenanti, risuonano di altre parole, sussurrate, come l’eco di un’intima conversazione: anime che si sono ritrovate, sentimenti che finalmente sono riusciti a riconoscersi.

Intensa è stata l’emozione nel raggiungere la foresta della pazienza. Sdraiarsi all’ombra di alberi senza tempo cresciuti grazie alla costanza della Natura che, con la forza della sua grande anima, nutre le radici della terra. Sopportano la pioggia, la neve, il gelo; perdono le foglie e qualcuno cade abbattuto. Resistono e attendono che si compia il loro destino di trasformazione.

Si sente un profumo di alloro; un crepuscolo senza vento riconcilia il sole con l’orizzonte. Si riceve un misterioso conforto in questo luogo segreto.

Prima di far ritorno al porto incontro il promontorio della temperanza e, mentre rendo omaggio a questa antica signora, le chiedo di esprimere a tutte le parole la mia gratitudine per avermi ammesso ad entrare nel loro mondo incantato.

Ed ecco che inaspettatamente mi si presentano in gran numero, come per un saluto, un dono di commiato e mi chiedono di scriverle e di condividerle perché ognuno possa essere indotto ad intraprendere un proprio viaggio, ad incontrare ciò che la parola ancora non dice. Le condivido con emozione e che il vento spiri propizio!

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A cura di Save the Words®

[1] Ray Grigg, Il Tao della Barca, Corbaccio Editrice, Milano, 1994
[2] Id. ibid.
[3] Id. ibid.