Fra i più antichi popoli della penisola italiana spicca quello degli Etruschi o Tusci, che si affermarono nella parte mediana del territorio - appunto la Tuscia, come la chiamavano i Romani - facendo sorgere una grande civiltà che poi fu soppiantata da quella di Roma. Ma lasciandovi reminiscenze archeologiche e culturali nella storia, nel costume, nella mentalità, perfino nelle fisionomie e nel linguaggio della Toscana: se è vero, come qualcuno ha scritto, che si trovano ancora nei dipinti e nei paesi più interni volti che rispecchiano quelli degli antichi sarcofagi; e che in tutta la Toscana si parla con la C aspirata, come appunto si faceva nella terra dei Tusci.

Il dominio degli Etruschi, infatti, sorse e si estese a comprendere tutta l’attuale regione, fra il Tevere e l’Arno; solo in seguito oltrepassando questi limiti della cosiddetta Etruria classica. Gli abitanti vi fondarono una civiltà raffinata, non democratica ma diretta da notabili (Lucumoni), attratta però da un comune gusto della bellezza, densa di riferimenti spirituali, ma anche legata alla vita quotidiana del mangiare e del vestire, nella quale – in assoluta anticipazione temporale – il ruolo della donna non era sempre subordinato a quello dell’uomo, con un’eleganza che i numerosi sarcofagi dei musei ancora rappresentano. E anche con le attività economiche che variavano da quelle agricole basilari a quelle delle manifatture (estrazioni dei minerali dall’isola d’Elba, fusione del ferro nei forni di Populonia e successiva forgiatura dei manufatti), a quelle commerciali. Del resto il commercio etrusco, come risulta dai molti vasi dipinti che le sepolture più ricche hanno tramandato, avveniva attraverso tutto il Mediterraneo.

La gestione politica degli Etruschi non era però unitaria: ogni città-stato (le prime e più importanti erano 12 e infatti formarono la cosiddetta dodecapoli) aveva propri ordinamenti e una propria politica. L’unico aspetto unitario poteva essere quello della comunanza religiosa, che si attivava in una specie di riunione annuale: non assolutamente di collaborazione politica, anzi spesso per ragioni di prestigio e di potere si combattevano l’una contro l’altra. Questo fu il loro difetto, che portò presto la civiltà etrusca a subire lo strapotere di quella piccola cittadina periferica qual era inizialmente Roma; che fin dall’inizio lottò per estendersi e divenire una super potenza.

A partire dal II secolo a.C. i Romani inglobarono una a una tutte le città etrusche: assorbendone comunque, da buoni provinciali, la loro cultura. È stato tramandato che un colto imperatore romano (Claudio, 10 a.C. - 54 d.C.) avesse scritto venti libri su quest’antica e nobile civiltà. Un corpus titolato Tyrrenika che però non ci è pervenuto. Magari perché non lo si volle trasmettere per ragioni politiche; sappiamo comunque che due o tre dei cosiddetti antichi re di Roma erano di origine etrusca.

Il capoluogo della Toscana, Firenze, ospita il secondo maggior museo di etruscologia del mondo: l’Archeologico di Firenze, in cui spiccano pezzi famosissimi come la Chimera di Arezzo, il Vaso François, il Sarcofago di Larthia Seianti. Ma sono molti i luoghi che ancora ricordano questa straordinaria civiltà: Veio, Chiusi, Vetulonia, Tarquinia, Volterra, Arezzo, Fiesole e altri numerosi centri minori. A voler dimostrare che le radici toscane affondano ancora nell’ethos etrusco.

In buona parte il cosiddetto mistero etrusco è stato oggi svelato dagli ultimi studi, specialmente per ciò che riguarda la loro origine e la loro diffusione. Ma rimane ancora il problema della loro lingua. Che possiamo leggere, perché il loro alfabeto era simile a quello greco, ma non interpretare perché il linguaggio non sembra appartenere al ceppo indo-europeo e non ci è pervenuto alcun testo bilingue che ne sveli il significato. Sappiamo solo che si leggeva da destra verso sinistra e quindi siamo in grado di decifrare alcuni nomi e alcuni riferimenti funebri.

Man mano che gli scavi procedono e sono sottratti - com’è avvenuto per decenni - ai furti dei cosiddetti “tombaroli”, c’è la speranza che alcuni testi siano casualmente scoperti fornendo nuove interpretazioni al fine di comprendere meglio questa civiltà che è stata la prima antenata di quella toscana.