I conservatori di musica, così come ora li conosciamo, cioè istituti dove si insegna musica, furono un’invenzione tutta napoletana. Nati come orfanotrofi (a Napoli, in età spagnola, ne sorsero molti, a causa del gran numero di bambini abbandonati o resi orfani da carestie, pestilenze e guerre), i conservatori divennero poi veri e propri centri di formazione per i giovani, a cui venivano insegnati vari mestieri.

Tra le competenze più richieste in quel tempo a Napoli c’erano quelle legate alla musica; a causa del gran numero di palazzi nobiliari e istituzioni religiose esistenti in città, c’erano sempre feste, ricorrenze, funzioni religiose in cui era eseguita musica; e i conservatori fornivano giovani addestrati con metodi pratici, che potessero rispondere subito alle offerte di lavoro che non mancavano mai.

Fu in quei conservatori che tra il 1600 e il 1700 nacque la grande Scuola Musicale Napoletana, che divenne famosa per un particolare metodo di studio, il partimento, che sviluppava negli allievi un’elevata perizia tecnica per mezzo di esercizi di composizione con difficoltà sempre maggiori. Strumenti didattici tutti partenopei, dunque, talmente efficaci che si diffusero ovunque e attirarono allievi da tutta Europa, che venivano a Napoli per studiare con i grandi musicisti che insegnavano con quei metodi. I quattro conservatori (Poveri di Gesù Cristo, Sant'Onofrio a Capuana, Pietà dei Turchini e Santa Maria di Loreto) diventarono un punto di riferimento per gli studi musicali, tanto che cominciarono ad accogliere anche studenti a pagamento.

Scriveva il Marchese di Villarosa nel 1840, parlando dei conservatori napoletani: “Il primo di essi chiamavasi de’ poveri di Gesù Cristo, ed era sito nel largo della Chiesa de’ PP. dell’Oratorio, da noi chiamati Girolamini”. Era stato fondato nel 1589 dal frate Marcello Fossataro come istituto per orfani, e iniziò dopo alcuni anni ad impartire insegnamenti musicali. Tra gli altri, vi ha insegnato Alessandro Scarlatti e vi ha studiato Giovan Battista Pergolesi.

Il conservatorio era direttamente sotto l’autorità dell’arcivescovo di Napoli, e naturalmente il primo tipo di educazione era quello religioso. I nuovi ammessi dovevano avere un’età minima di sette anni; gli allievi vestivano una sottana di colore rosso e una zimarra azzurra. Erano chiamati “figlioli”, mentre “paranze” erano i gruppi in cui erano divisi gli allievi, che studiavano sotto la guida di un “mastriciello”, cioè un allievo più grande, che li accompagnava anche nelle uscite dall’istituto per andare a suonare in feste private o in funzioni religiose (messe, funerali, celebrazioni liturgiche, processioni).

Il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo, che era stato dunque il primo conservatorio di musica, fu però chiuso nel 1743 a causa dei tumulti che vi avvennero e che culminarono in un fatto di sangue le cui circostanze non sono ancora oggi chiare.

Accadeva spesso che i convittori protestassero per la cattiva gestione dell’istituto. Nel 1730 scoppiò una rivolta contro il Rettore, a causa della scarsità di vitto (una lagnanza ricorrente in tutti i conservatori). Il Rettore fece punire i ribelli dall’arcivescovo, il Cardinal Pignatelli. Successive vessazioni portarono a nuove proteste e il cardinale decise di usare le maniere forti, mandando le sue guardie, i cosiddetti cursori, ad arrestare i più facinorosi.

I giovani si barricarono dentro i dormitori, ma le guardie riuscirono a sfondare le porte e a entrare. Si narra che, in quel momento, un giovane convittore pugliese, Domenico Lanotte, brandisse un corto spadino, senza però costituire un pericolo immediato. A quanto fu riportato, il figlio del capo dei cursori, dopo aver sfilato la pistola al padre, sparò al ragazzo, uccidendolo. La rivolta fu sedata, alcuni convittori (tra cui i c’erano musicisti più promettenti) vennero espulsi, gli altri furono riammessi, e si cercò di soffocare l’eco enorme che questi fatti avevano avuto in città.

Si dice che a fomentare i disordini, e la successiva repressione, fosse stato il potentissimo ordine dei Padri Girolamini, che aveva delle mire sul conservatorio, di cui era dirimpettaio nella piazza. Sia come sia, dopo l’omicidio di Domenico, divenne sempre più difficile governare il conservatorio, così che dopo altre sommosse, repressioni ed espulsioni, il cardinale Spinelli prese la risoluzione di chiuderlo.

Tuttavia, sui motivi che scatenarono quei disordini e sui fatti di quelle drammatiche giornate restano ancora molti punti oscuri; c’è anche chi pensa che nel giovane figlio del capo dei cursori, che avrebbe sparato senza il permesso del padre, si era indicato un colpevole di comodo, per attenuare le responsabilità dirette della Curia. Le fonti documentarie però restano lacunose e in parte ancora inaccessibili, e forse non si potrà mai svelare il mistero che avvolge la tragica fine del giovane Domenico Lanotte.