Rimase alfin con gli occhi e con la mente fisso nel sasso, al sasso indifferente…

Orlando Furioso, Canto XXIII, 111

La celebre scena della follia furente del paladino nasconde preziosi riferimenti ermetici i quali, pur già studiati ed evidenziati dall’eruditissimo studioso Franco Picchio, restano tuttavia nel complesso ancora meritevoli di ulteriore esplorazione e riflessione. Ripercorriamoli insieme.

Orlando nella stanza del contadino che lo ospita si trova circondato da “nodi” e “lettere” che nel suo cuore diventano “chiodi”, cioè subisce la trafittura e il tormento quasi mortale che subisce il Re alchemico allettato nell’iconografia tradizionale. Oltre a ciò l’amorosa grotta appare una grotta iniziatica e sapienziale, un “antro delle ninfe” alla maniera di Porfirio, in quanto opaca e nascosta da dionisiaca vite ed edera, ma anche ricca di acque e custodente la coppia solitariamente unita e recumbente nuda tipica dell’immaginario alchemico. La preghiera felice di Medoro si risolve nel chiedere che la grotta resti tutta incontaminata, come a preservare la verginità e l’integrità del vaso-alambicco alchemico, e, specificamente, chiede che il Sole e la Luna siano favorevoli, cioè ribadisce che la grotta e la sua unione con Angelica sono segni della coniunctio oppositorum, Uomo/ Donna e Sole/Luna necessaria per lo sviluppo dell’Opera.

Il crescere della rabbia in Orlando rappresenta il crescere del fuoco del fornello alchemico. Furore contiene l’etimo di “ur”, cioè fuoco. La stessa simbolica della Pietra o sasso richiama, sotto la maschera commediale, la Pietra filosofale. Prima Orlando stesso si pietrifica contemplando la Pietra, poi si pietrifica anche il letto dell’albergo, infine Orlando fa a pezzi, polverizza la Pietra, una chiara allusione alla polvere di proiezione. Anche il suo alzarsi da un letto di sudore e di dolore e la contestuale evocazione della serpe, rinviano simbolicamente alle immagini delle opere ermetiche in cui è raffigurato un Uomo o un Re che suda nell’agonia in un rituale letto. Ariosto evoca anche l’immagine del vaso rovesciato.

La scena del pastore che gli mostra, nel dormiveglia, l’anello prezioso di Angelica, segno del Mercurio perfezionato, e la susseguente “decapitazione spirituale” dell’eroe rappresentano altri passaggi di trasmutazione iniziatica, che ricorda anche la decapitazione simbolica presente nell’opera trecentesca Ser Gawain e il cavaliere verde. Orlando poi diventa “homo selvaticus”, appunto guerriero verde egli stesso, dionisiaco ed erculeo, di cui vi è iconografia rinascimentale ad esempio in Palazzo Besta e in altri luoghi rinascimentali della Valtellina e dell’Italia, ricoperto esso stesso dell’elemento terra e acqua e dominante sugli alberi saturnini e bacchici del pino, dell’olmo e del faggio.

Il fango rosso, perché Orlando nudo e terrigno è anche ferito ricordiamolo, è segno dell’argilla alchemica, una delle forme della materia prima dell’opera. Tutto lo sviluppo della furia del paladino celebra quindi la sacra trasformazione interiore, distruttiva e creativa nel contempo, che sostanzia l’Opera. Orlando resta poi tre giorni e tre notti in terra guardando con gli occhi fissi il cielo, senza cibo né bevanda, e sospirando. Si contempla un perfetto rispecchiamento cielo-terra e una totale immedesimazione di Orlando con la terra e con una terra colta nella sua piena recettività e specularità rispetto al Cielo. Il numero tre chiaramente è cristico. Orlando rivive il mistero della morte e sepoltura di Cristo per rinascere in forma nuova, ritornando appunto nudo, quale segno di nuova nascita, di verità svelata, di nuova sapienza che sembra follia ai più ma in realtà nella sua unicità e semplicità cela altre profondità. Il triplice lamento finale dell’eroe manifesta ulteriormente i segni dei passaggi ermetici decisivi e finali:

1) Orlando diventa fontana di liquido umorale, che esce dal suo corpo come la linfa da un legno giovane che brucia;
2) Orlando diventa fuoco inestinguibile che produce vento e respiro;
3) Orlando si visualizza quale Spirito nuovo e individuale diviso dalla vecchia anima.

Orlando quale simbolico lupo, quale ardente Antimonio, che devasta e divora la materia prima, quale “acqua fiammante” della monade ermetica. La strage finale dei pastori corrisponde alla tipologia figurativa alchemica del massacro degli innocenti e chiude la fase iniziale e statica della follia esoterica del paladino, ascesi alchemica e spirituale, dionisiaca e mistica.