L'opera Rivoluzioni d'Italia dell'illuminista Carlo Denina con cui Galanti si confronta più spesso è considerata il più grande esempio di storiografia illuminista (e, secondo Arnaldo Morcone, “una delle prime storie d'Italia in prospettiva unitaria”).

Denina si era soffermato molto sulla civiltà etrusca e sulla vita delle antiche genti d'Italia che descriveva accuratamente ed esaltava, ponendo come sommo esempio la popolazione dei Sanniti. Galanti abbraccia la stessa ideologia di Denina, utilizzandola per sostenere la sua polemica antifeudale e la necessità di contrapporre i valori identitari della provincia allo sviluppo sfrenato della capitale. L'ottica in cui si muove Galanti è, senza ombra di dubbio, riformistica poiché egli scrive con l'intento di mettere in evidenza le problematiche sociali e di trovare, allo stesso tempo, una soluzione che potesse concretizzarsi in una riforma rivoluzionaria.

Altri temi affrontati da Galanti sono quelli che riguardano l'istruzione e l'uguaglianza. Galanti, grazie alla sua casa editrice, rimescola e rimaneggia autori e rispettive opere. Vincenzo Cuoco è il primo a occuparsi degli scritti inediti di Galanti e dei documenti, risultato di anni e anni di analisi e studio. Cuoco, nel suo Necrologio (1806), sottolinea la necessità di riportare alla luce un lavoro di tale importanza, dato che Galanti dedica tutta la sua vita a raccontare la storia del Mezzogiorno d'Italia e delle province del meridione.

Gli altri modelli di riferimento sono sicuramente Giannone, al quale si rifà per la sua ideologia antifeudale e antiecclesiastica, causa dei disordini presenti nel Sud e Doria e per la sua pungente critica al governo spagnolo. Così come Atellis e Longano, anche Galanti eredita il modello italico proposto da Antonio Genovesi. Il fratello di Giuseppe Maria, Luigi, fa pubblicare a Firenze un'edizione completa delle opere inedite del fratello. Ciò è quanto emerge da una lettera da lui scritta e indirizzata a Francesco Saverio Salfi.

Bisognerà aspettare la seconda metà del Novecento per vedere pubblicati consistenti lavori sul patrimonio lasciatoci dallo scrittore santacrocese. A tal proposito, possiamo citare i Riformatori Napoletani di Franco Venturi che scrive un'antologia sulle opere di Galanti. Negli anni Settanta, è invece Gabriele De Rosa che, ottenendo dei finanziamenti, riesce a pubblicare un'ulteriore edizione sulle sue opere, una raccolta di microfilm sui suoi viaggi in Calabria, fondamentali per Galanti e per lo studio delle strutture economiche e sociali che caratterizzavano il territorio calabrese, durante il Seicento e il Settecento. Nel 1791, infatti, Galanti scrive Giornale di viaggio in Calabria, contenente un corposo lavoro di ricerca sulla Cassa Sacra, un organo governativo istituito nella provincia di Calabria. Grazie all'intervento di Pasquale Alberto De Lisio, nel 1982, l'edizione del Giornale di viaggio viene pubblicata per la Società Editrice Napoletana.

Placanica, De Lisio, Barra e Martelli si pongono come obiettivo comune quello di riportare alla luce il corpus delle opere di Galanti e, nel 1982, organizzano un primo convegno, a cui partecipano altri illustri studiosi della cultura meridionale. De Lisio inserisce il lavoro di Galanti nella collana il Pericentro che raccoglie tutti gli scritti intorno alla questione del Meridione. Per gli autori appena menzionati nascere in una provincia del Sud costitutiva quasi una “disgrazia” 1: «De Lisio sottolinea che il progetto di edizione vuole essere non solo un'occasione storica per risarcire Galanti[...]» e, per gli autori del Meridione, arrivare a far conoscere i propri testi risultava estremamente difficile.

Con la morte di De Lisio, il progetto di rendere giustizia al lavoro di Galanti s'interrompe, anche a causa del contesto sociale e politico di quegli anni che non consente agli altri autori di proseguire. Ma Augusto Placanica, difronte alla complessa situazione che si andava prospettando, decide di non arrendersi e sceglie una nuova linea editoriale, Elea Press, con lo scopo di evitare che gli scritti galantiani finissero al macero. Placanica, grazie al prestigio e alla stima di cui gode, riesce ad accordarsi con l'Università di Salerno e con l'Istituto di Studi Filosofici e, nel 1992, il Consiglio di Amministrazione dell'Università approva la convenzione richiesta.

Secondo il piano editoriale di Placanica, è prevista un'edizione di tutte le opere di Galanti, sia edite che inedite, in venti volumi. Le difficoltà, però, sembrano essere infinite, in quanto non gli viene concessa la possibilità di accedere a tutto il fondo presente a Santa Croce: «Insomma altre nubi si addensano all'orizzonte e Placanica con tono sconsolato in una lunga lettera ne scrive al Conte Rocco Maria Galanti il 22 luglio del 1993, dichiarandosi stanco e deluso dopo sedici anni dedicati a questa impresa: non resta che gettare la spugna, non potendo accettare di mettere a rischio la sua credibilità scientifica in assenza di un controllo e di una preliminare sistemazione organica di tutto il fondo. Insomma, la partita sembra ancora una volta persa: Io ci ho perduto tutto, come un giocatore sfortunato, conclude Placanica nella sua accorta lettera» 2.

Le speranze stanno per naufragare quando Placanica, nel 1996, ottiene finalmente l'accesso al fondo manoscritto di Santa Croce, grazie al supporto del conte Galanti. Da questo momento in poi, Augusto Placanica può procedere con il suo progetto, facendosi aiutare da Daniela Galdi. Di Placanica sono noti, innanzitutto, i suoi studi sul Mezzogiorno e, in particolare, sulla Calabria, sua terra d'origine. Secondo Sebastiano Martelli, è proprio al sacrificio di Placanica che dobbiamo il fatto che si sia parlato, per le opere di Galanti, di “cantiere riaperto”; come se si trattasse di un terreno fertile da cui poter attingere continuamente.

Il grande merito riconosciuto a Placanica è stato quello di aver fatto emergere non solo materiali inediti ma anche materiali del tutto sconosciuti che ci permettono di analizzare più a fondo la personalità di Galanti, definito un uomo, per certi versi, anche ostile e intollerante: «La novità più importante, derivata soprattutto dagli scritti autobiografici inediti, concerne le idee e i comportamenti di Galanti nel tragico passaggio del 1799: da essi emerge l'immagine di un Galanti comprensivo verso i giacobini, ostile alla Santa Sede e al governo restaurato» 3. Dunque, viene fuori un ritratto di Galanti abbastanza “nuovo”. Placanica approfondisce la questione nelle opere Memorie e Riflessioni.

Non c'è dubbio che Galanti sia stato uno dei maggiori esponenti del Settecento illuminista, dunque, proprio per questo motivo, non risulta facile ricostruire la sua personalità e il suo pensiero senza cadere in qualche contraddizione. Il Saggio sulla storia degli antichi popoli d'Italia di Galanti viene inserito nel quinto tomo dell’edizione Elementi di storia di Millot, del 1780. L'interesse dello scrittore verso la storia delle origini delle popolazioni italiche spiega anche la sua dedizione nello studio della popolazione sannitica (fino ad allora, i Sanniti erano stati poco studiati). Descrizione del Contado del Molise è l'inchiesta più famosa dell'autore, a cui lavora per circa un ventennio.

1 G.M.Galanti, Scritti giovanili inediti, ed. a cura di D.Falardo, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Press, p. XV.
2 Ibidem, p. XIX.
3 Ibidem, p. XXI.