New York, 1954. Capelli corti, abito dal colletto tondo, prime rughe attorno agli occhi, ventotto anni, Vivian risponde a un'inserzione sul New York Herald Tribune. Cercano una tata. Sembra un lavoro proprio per lei in quanto le famiglie l'hanno sempre affascinata.

La giovane madre che l'accoglie ha labbra perfettamente disegnate con il rossetto, capelli acconciati in onde rigide, golfini impeccabili. Ma dietro il suo perfetto abbigliamento Vivian sa scorgere la crepa, o il timido e silenzioso aiuto che sembra chiedere la donna. E l'accordo è presto fatto, Vivian può esser così contenta di una soluzione che le permetterà di fare quanto lei desidera: curarsi degli altri, ma anche osservare, scrutare da una città come New York, lo svolgersi delle azioni, l'incrociarsi delle mani, gli sguardi, e lo scorrere del tempo.

Così Vivian, sola nella camera assegnata, scosta le tende, lancia un'occhiata al cortiletto ombroso e spoglio nel sole che cala a fine di una giornata, estrae dalla borsa la sua Rolleiflex e cerca la giusta inquadratura per catturare il proprio riflesso che appare contro l'oscurità del vetro. Vivian diventerà ben presto la grande fotografa americana Vivian Maier a cui è dedicato il libro di Francesca Diotallevi Dai tuoi occhi solamente, Neri Pozza, 2018.

Tra le più originali e apprezzate fotografe del Novecento, Vivian Maier (1926-2009), bambinaia di professione, fra gli anni Cinquanta e Novanta ha scattato più di 100.000 fotografie in diverse parti del mondo, dalla Francia a New York. Dall'infanzia agli autoritratti, dalla vita di strada ai ritratti fino gli oggetti e al colore, Vivian Maier ha catturato particolari e dettagli straordinariamente evocativi del proprio tempo. Segni che raccontavano la strada, le persone, gli oggetti e i paesaggi. Il suo occhio ha immortalato soggetti allora poco considerati rendendoli protagonisti di una cifra stilistica che attingeva dalla strada quale palcoscenico delle storie su cui si cimentava. Ma anche l'azione del fotografare, lo scatto vero e proprio teso a sottolineare l'attorialità dell'autore ha contraddistinto un modus operandi che trovava la propria forza nello scattare tante più immagini possibili conservandole senza mostrarle a nessuno.

Vivian Maier è stata così una figura all’avanguardia, ed ella stessa spesso fu il soggetto delle sue fotografie, imprimendo il suo riflesso e la sua silhouette nello scatto. Lo testimoniano il gran numero di autoritratti presenti nella sua produzione fotografica, e testimoniato da fotografie in bianco e nero e immagini a colori. Il cambiamento in lei presente non riguardò solo lo stile, ma anche la tecnica: infatti, dalla Rolleiflex passò alla Leica, una fotocamera leggera.

Memorabili le sue fotografie di strada: dall’architettura alla vita urbana di New York e Chicago alle foto scattate durante gli anni Cinquanta e Sessanta, in particolare nei quartieri più popolari. Vivian Maier fotografava costantemente la moltitudine anonima nelle strade, le differenze nelle persone, i gesti e le posture. La strada era il suo teatro. Sconosciuti e anonimi gli attori sociali che formavano il suo mondo. Ma anche gli autoritratti sono una componente particolare della sua traiettoria fotografica. E, allo stesso modo le fantastiche composizioni in cui incorporava la sua figura. Immagini libere e giocose, dentro le quali Vivian Maier ritrovava se stessa, interrogandosi sul mondo e sugli affetti che la circondavano.