Una fanciulla di nome Rodopi si bagnava in un fiume mentre le ancelle custodivano le sue vesti, quando un’aquila scese in picchiata e le rubò un sandalo. Lo trasportò in volo fino alla città di Menfi, in Egitto, poi lo lasciò cadere in grembo al faraone Psammetico. Il sovrano rimase incantato dalle armoniose proporzioni del calzare e dalla grazia della sua fattura e diede subito ordine di cercare in ogni dove la ragazza a cui apparteneva il sandalo; quando la trovarono, la prese in moglie. Così comincia la più antica versione della storia di Cenerentola, sospesa fra mito e fiaba...

Ma si sa che le fiabe non conoscono limiti di spazio e di tempo: amano le metamorfosi e i travestimenti e si prendono gioco di noi attraverso i loro infiniti enigmi. E poiché viaggiano sul soffio alato delle parole, non vi è confine in grado di fermare i loro sussurri. Forse furono le correnti placide del Nilo a trasportare la fama della giovane Rodopi, Volto di Rosa, fino ad altre acque remote, in quella terra degli Elleni dove una fanciulla con un diverso nome si stava specchiando nelle acque di un torrente. Quella fanciulla era la splendida Afrodite, la dea che trattiene nella sua magica cintura tutti gli incanti e i desideri d’amore. Un dio si era innamorato perdutamente di lei: Ermes, che non corrisposto si consumava di tristezza. Zeus ebbe pietà della sua sofferenza e decise di aiutarlo: mentre la dea faceva il bagno nel fiume, inviò la sua aquila fedele, che le carpì una babbuccia e la portò fino in Egitto, proprio dove si trovava il dio innamorato. Afrodite, che desiderava a tutti i costi riaverla indietro, percorse quei territori immensi fino a raggiungere il divino pretendente, e in cambio della pantofola si donò a lui.

Questo mito nasconde ben più di quanto mostra: ogni fiaba, infatti, ha il compito di parlare all’anima. O meglio ancora, di parlare dell’anima. E l’Anima ha la natura di un’Afrodite. È una principessa, oppure una fanciulla che si trova ad affrontare prove ardue per riuscire ad accedere alle desiderate nozze sacre. Ermes, invece, è un dio messaggero, signore dei sogni, e le anime ha il compito di condurle nell’aldilà. È versatile e ha un cuore giocoso; accompagna le trasformazioni e ci invita a esplorare i significati simbolici. Ogni viaggio iniziatico è, dunque, un viaggio ermetico e ogni Anima che varca la soglia dell’ordinario per raggiungere Ermes nel mondo invisibile non può tornare “su entrambi i piedi”.

Si svela così il significato più profondo della perdita della scarpetta. Ne rimane privo chi ha compiuto un viaggio in territori sconosciuti; chi ha sperimentato una morte rituale, ha visitato gli inferi o ha affrontato una prova di coraggio, risultandone trasformato; una scarpa rimane intrappolata nel luogo del transito e il passo zoppo rivelerà per sempre il segno di quel passaggio. Si dice che anche la giovane Kore avesse perso un calzare mentre tentava di sfuggire al suo rapitore oscuro. E in ricordo di quell’evento, nei riti a lei dedicati, gli iniziandi facevano scivolare un oggetto sacro all’interno di una scarpina, ricordo della babbuccia persa dalla dea. Quanti eroi ne hanno fatto esperienza! Perse un sandalo Giasone mentre attraversava un fiume, portando sulle spalle Era sotto le mentite spoglie di una vecchia; e un solo sandalo calzava Perseo quando affrontò la Gorgone Medusa. Anche il valoroso Teseo, che aveva sconfitto il Minotauro, nel celebrare l’impresa accennò su una sola gamba la danza detta della gru, in una coreografia labirintica e zoppicante. L’iniziazione porta sempre il segno di una ferita del corpo o di una menomazione. E zoppa è l’andatura, in ogni viaggio dello spirito.

Ma c’è anche chi sostiene che quando una scarpetta compare in una fiaba è segno che si tratta di una fiaba di Luna. I greci credevano che Ecate, dea infera e lunare, cambiasse i propri sandali secondo le fasi lunari, indossandoli dorati al novilunio e bronzei quando l’astro splendeva del suo massimo fulgore. Dicevano anche che tanto fosse sudicio il piede rimasto nudo, da sembrare ricoperto di sterco. Ma quella scarpetta, abbandonata nel regno di Ade, ben presto ricompariva in quello celeste. Perché una scarpa ha sempre il compito di segnare una rotta, e quella della Luna attraversa i due mondi, percorre il cielo per inabissarsi dietro l’orizzonte.

E allora, la prima falce di Luna segna l’apparizione di un bianco piedino, una babbuccia argentea o di scintillante cristallo che intraprende il proprio cammino fra le stelle. Ripercorrendo la vicenda di Kore, anche Cenerentola perderà una scarpina nella sua fuga precipitosa dal palazzo del principe. Reggia celeste o infera? Anche la fanciulla dal volto sporco di cenere delinea un arco narrativo di morte e rinascita. Il carro dorato che trascina Kore dal suo sposo oscuro sarà per Cenerentola un cocchio fatato germogliato da una zucca, e quel manto cinereo è l’ombra grigia che occulta la luna nuova, in attesa di vestirsi nuovamente di luce, con abito e scarpette scintillanti: ciò che serve per recarsi a un ballo regale. Perché la Luna è maga, è principessa, è dea, e ogni storia racconta la sua storia.