Il 2019 è l'anno in cui decorre il cinquecentenario della morte di una delle figure più importanti non solo del Rinascimento, ma dell'intera storia dell'Umanità: Leonardo da Vinci. Per questo motivo, ovunque nel mondo si tengono celebrazioni di vario titolo, anche se poche, ahimè, sono quelle degne di rilievo.

In una società sempre più votata all'impronta capitalistica in nome di una globalizzazione che azzera i contenuti culturali favorendo i contenitori commerciali, infatti, anche nel caso di Leonardo si punta sempre più spesso allo sfruttamento speculativo del nome e dell'immagine che esso rappresenta e non all'indagine di ciò che egli realmente fu e produsse.

Il risultato che ne consegue è l'assimilazione acritica di elementi descrittivi che poco hanno a che vedere con la realtà del personaggio, che risulta sempre più il prodotto derivato di una creatività artificiosa il cui scopo ultimo è speculativo e non divulgativo.

Nel caso di Leonardo, l'effetto "creativo" viene enfatizzato a dismisura proprio da ciò che egli ha incarnato e tuttora incarna nell'evoluzione temporale della nostra storia culturale, con l'inevitabile conseguenza di dover assistere alla celebrazione di un mito di cartapesta, una caricatura del personaggio che di attinente alla realtà ha ben poco a che vedere.

Procediamo per gradi.

Dopotutto, come scriveva Leonardo: "Nessuna cosa si può amare, né odiare, senza piena cognizion di quella."

Il 2 maggio 1519, presso il maniero di Clos-Lucé ad Amboise, Leonardo muore. Questo è forse l'unico dato attendibile della ricostruzione biografica e artistica di questo straordinario artista, così come ci viene consegnata pressoché unanimemente da tutti i più grandi studiosi del passato e moderni.

In estrema sintesi, infatti, possiamo riassumere la fase iniziale della vita di Leonardo in quattro passaggi cardine:

  • il 15 aprile 1452 nasce ad Anchiano, una frazione di Vinci in cui risiedeva Ser Piero, il notaio;
  • la madre è una schiava di nome Catarina;
  • fu un autodidatta, un "uomo sanza lettere" che tra i 10 e i 14 anni di età entra nella bottega del Verrocchio, dove impara l'arte pittorica e scultorea;
  • a seguito di una accusa di omosessualità e schiacciato dal confronto artistico con Botticelli, nel 1482 si trasferisce in compagnia di Atalante Migliorotti presso Ludovico il Moro, Duca di Milano, inizialmente per consegnargli una lira d'argento e intessere così buone relazioni diplomatiche tra le famiglie degli Sforza e dei Medici.

Il fatto è che queste quattro informazioni sono il frutto di una palese opera presuntiva, figlia di una strategia distorsiva precisa che possiamo ricondurre in ultima analisi a Papa Pio V e a Cosimo I de' Medici, Granduca di Toscana, smentita dagli stessi documenti con cui ci viene raccontata.

Parafrasando il bambino descritto nella fiaba di Andersen, possiamo affermare che: "Leonardo è nudo". Analizziamo punto per punto come ciò sia potuto succedere. Partiamo dalla data di nascita: 15 aprile 1452.

Per ben tre secoli, cioè fino al 1746, tutti i più grandi biografi di Leonardo (Vasari nel '500, De Pagave e D'Albertville nel '700) sono concordi nel circoscrivere la nascita di Leonardo tra il 1442 e il 1444. Questa circostanza è indirettamente confermata dal fatto che tutti e tre sono concordi nell'attribuire a Leonardo all'atto della morte un'età che lo vuole più che settantacinquenne. Un po’ di sana matematica non guasta: posto che nel 1519 l'età indicata alla morte è di un uomo "più che settantacinquenne", nella più restrittiva delle ipotesi otteniamo:

(1519 - 75) = 1444

Questo dato viene indirettamente confermato dall'unica persona tra tutte quelle che ci lasciano una indicazione biografica inerente Leonardo attendibile. L’unico a parlarci dell’età di Leonardo con cognizione di causa, in quanto vivente all'epoca della morte è, infatti, Antonio de Beatis, segretario personale del Cardinale Luigi d’Aragona, il quale, il 10 Ottobre 1517, in visita a Leonardo ad Amboise, nel suo taccuino scrisse:

...andammo a visitare messer Leonardo da Vinci fiorentino, vecchio di più di 70 anni, pittore eccellentissimo dei nostri tempi, che mostrò a sua signoria illustrissima tre quadri, uno di una certa donna fiorentina, fatta al naturale a richiesta del fu magnifico Giuliano de Medici.

Di nuovo, la matematica ci viene in soccorso: se nel 1517 Leonardo era "vecchio di più di settant'anni" (il che significa almeno 71), vuol dire che la data di nascita è per forza di cose anteriore a:

(1517 - 71) = 1446

Perché allora, se tutti sono concordi nel collocare la data di nascita anteriormente al 1446, gli studiosi assumono universalmente come data di nascita di Leonardo il 15 aprile 1452? Perché nel 1746, esattamente tre secoli dopo, successe che Giovan Battista Dei, un biografo che scrisse dei più illustri uomini della storia, interpretando ciò che Vasari scrisse ne Le Vite de più eccellenti pittori, scrittori e architettori al capitolo relativo a Leonardo da Vinci - e cioè che questi nacque dalla relazione tra il notaio Ser Piero e una schiava di nome Catarina - interpretando un appunto scritto in un registro dell'Archivio Storico fiorentino ritrovato dallo stesso Dei, suggerì la data che oggi tutti quanti assumono: 15 aprile 1452.

L'appunto in questione è scritto dal padre del notaio (o, almeno, è scritto in forma di dichiarazione di quest'ultimo, com'era con buona probabilità la prassi dell'epoca), e testualmente recita:

1452 - Nacque un mio nipote figliuolo di ser Piero mio figliuolo, a dì 15 d'aprile in sabato a ore 3 di notte. Ebbe nome Lionardo, battezzollo prete Piero di Bartolomeo da Vinci.

Diceva John Stuart Mill, filosofo britannico del XIX secolo:

Vi è la massima differenza tra il presumere che un'opinione è vera perché, pur esistendo ogni possibilità di discuterla, non è stata confutata, e presumerne la verità al fine di non permetterne la confutazione.

Perché vi dico questo? Perché il testo di riferimento sul quale viene costruita questa presunzione - che individua nel notaio Ser Piero in Vinci il padre legittimo di Leonardo (e che a motivo di ciò verrebbe da Vinci, più precisamente da Anchiano, dove era la dimora del notaio, tutte presunzioni derivate di conseguenza) - cioè Le Vite di Giorgio Vasari, manoscritto in un convento presso Rimini, in realtà viene stampato due volte.

La versione a cui tutti si ispirano, Dei compreso, è la seconda versione, pubblicata nel 1568 da i Giunti, con la Licenza e Privilegio di N.S. Pio V e del Duca di Fiorenza e Siena. Questa versione, inclusiva di incisioni che ritraggono i volti dei personaggi narrati, è una rivisitazione di una versione precedente, data alle stampe dal Vasari nel 1550; una versione più scarna, priva dei ritratti, ma al tempo stesso più ricca di particolari. Molti particolari.

Si dice che a pensar male si faccia peccato, ma spesso ci si azzecca. A tal proposito, per completezza di informazione mi corre l'obbligo di ricordarvi che Pio V è stato un Papa domenicano, inquisitore della Santa Sede, e in quanto tale nel 1571 ha istituito l'Index Librorum Prohibitorum, l'indice dei libri proibiti dalla Chiesa. Una volta scacciati gli Sforza da Milano, fu Pio V a favorire l'ascesa dei Borromeo a Milano. Il citato “Duca di Fiorenza e Siena”, invece, era Cosimo I de' Medici, nipote di Lorenzo il Popolano, discendente dal fratello di Cosimo de' Medici, nei confronti della cui dinastia non era propriamente benevolo.

L'impressione è che quella postilla aggiunta sulla versione del 1568, “con la Licenza e Privilegio di N.S. Pio V e del Duca di Fiorenza e Siena”, nasconda la causa prima del rimaneggiamento di quanto scritto nella versione precedente, in cui Vasari scrive chiaramente: "Adunque mirabile et celeste fu Lionardo, nipote di Ser Piero da Vinci, che veramente bonissimo zio e parente gli fu nell'aiutarlo in giovanezza". Tra l'altro, al di là dell'evidenza nel descrivere il rapporto di parentela nipote/zio, è curioso notare come Vasari senta la necessità di soffermarsi a sottolineare la circostanza secondo la quale il notaio “aiutò Leonardo in giovanezza”, cosa che appare meno strana se si considera il rapporto di parentela sia nipote/zio e non figlio/padre.

Non contento di ciò, nella stessa versione del 1550, quella originale, Vasari scrive: "Quantunque non funse legittimo figliuolo di ser Piero da Vinci, era per madre nato di buon sangue". Quindi, non solo viene messa in discussione dal Vasari la legittima paternità del notaio, ma addirittura si spinge a dichiarare che la madre non era affatto una schiava.

Nelle quattordici pagine che il Vasari dedica alla biografia di Leonardo, nella stesura originale, il notaio Ser Piero di Vinci viene definito zio addirittura altre cinque volte! Alla luce di quanto fin qui riportato, appare, quindi, evidente che non solo Leonardo non è figlio del notaio in Vinci, ma che individuare nell'appunto del di lui padre ritrovato negli Archivi storici di Firenze nel 1746 da Giovan Battista Dei la circostanza della nascita di Leonardo è una mera presunzione che non collega in nessun modo il Lionardo citato con quello che oggi assumiamo come una delle figure più illustri della storia.

Di conseguenza, alla luce di tutto questo mi par più che evidente come la data del 15 aprile 1452 non sia collegabile a Leonardo. La datazione indicata dal Dei, tra l'altro, sarebbe fortemente discordante con quanto assunto fino ad allora, non solo da tutti i biografi, ma, come detto, soprattutto dagli stessi testimoni oculari, come quell'Antonio de Beatis che si recò al cospetto di Leonardo ad Amboise col Cardinale d'Aragona nell'ottobre del 1517. A tutti gli effetti, il de Beatis è l'unica persona tra tutte quelle che parlano dell'età di Leonardo, che ebbe con lui un contatto diretto, in vita.

Risolto, dunque, il macroscopico atto presuntivo con cui si determina la data di nascita di Leonardo, prima di parlare del suo rapporto con il Verrocchio, voglio affrontare la datazione con cui si fa risalire la presenza di Leonardo a Milano. Di nuovo, siamo di fronte a un macroscopico errore di presunzione documentale. Secondo quella che viene descritta a più voci come una lettera di presentazione che Leonardo indirizza a Ludovico il Moro, la sua presenza a Milano viene collocata di conseguenza a far data dal 1482. Inviando Leonardo a Milano, portatore di una lira d'argento fatta con la testa di un cavallo da donare a Ludovico il Moro, Lorenzo il Magnifico avrebbe inteso tessere delle buone relazioni tra la Signoria fiorentina e il Ducato milanese:

Havendo, Signor mio Illustrissimo, visto et considerato horamai ad sufficientia le prove di tutti quelli che si reputono maestri et compositori de instrumenti bellici, et che le inventione et operatione di dicti instrumenti non sono niente alieni dal comune usa, mi exforzera non derogando a nessuno altro, farmi intender da Vostra Excellentia, aprendo a quella li secreti mei, et appresso offerendoli ad omni suo piacimento in tempi oportuni operare cum effecto circa tutte quelle cose che sub brevita in parte saranno qui di sotto notate [et anchora in molte più secondo le occurrentie de diversi casi etcetera]...

Al di là del fatto che la lettera è palesemente scritta con una calligrafia non riconducibile a Leonardo ("se la sarebbe fatta scrivere in bella calligrafia per fare bella figura", questa è la motivazione data da più di uno studioso per supplire alla evidente incongruenza), questa volta a venirci in soccorso è un altro Dei, Benedetto. Benedetto Dei è un personaggio importantissimo nell'economia delle relazioni politiche dei Medici; è una sorta di ambasciatore, che per conto dei Medici intesseva importantissime relazioni con l'Oriente e per questo viaggiava spessissimo, anche a Milano:

Sono istato a Milano l'anno che Franciescho Isforza lo prese cholla spada in mano, e tornai cho' Medici...

Le due circostanze richiamate dal Dei sono rispettivamente riconducibili al 1449, quando Francesco Sforza sconfisse l'esercito Veneziano tra Calco, Airuno e Brivio, mettendo le basi per il nascente Ducato di Milano e il 1465, quando nell'aprile dello stesso anno accompagnò nella città lombarda Lorenzo e Giuliano de' Medici. Questa circostanza è documentata anche da un dipinto di Benozzo Gozzoli conservato a San Gimignano, presso il convento agostiniano, all'interno del ciclo sulla vita di Sant'Agostino. Autore di una Cronaca nella quale sono contenute moltissime importanti informazioni circa le dinamiche politiche, sociali, economiche dell'epoca. Tra queste informazioni, annoveriamo una memoria del 15 giugno del 1480 in cui Benedetto Dei fa l'elenco di tutti i fiorentini che a quella data ha contribuito a portare a Milano. Tra i vari: Luigi Pulci, Andrea Bellincioni, Ginori, Antinori, Ruciellai, Domenicho del Giochondo, Agnolo Gherardini, il Dei cita espressamente: "Lionardo da Vinci dipintore e Atalanta delia viola". Questo inciso significa espressamente che Leonardo giunse a Milano in compagnia di Atalante Migliorotti per consegnare la lira al Duca di Milano ben prima del 1482. Ma significa anche che il Duca di Milano a cui Leonardo consegna la lira d'argento non è Ludovico il Moro.

Tornando alla prima versione de Le Vite del Vasari, infatti, annotiamo a tal proposito due informazioni importantissime che ribaltano completamente la gran parte delle informazioni che in via totalmente presuntiva assumiamo in capo a Leonardo. La prima fa riferimento proprio alla lira:

Fu condotto a Milano con gran riputazione Lionardo a'l Duca Francesco, il quale molto si dilettava del suono della lira, perché donasse: et Lionardo portò quello strumento ch'egli aveva di sua mano fabricato d'argento gran parte, accioché l'armonia fosse con maggior tuba et più sonora di voce. Là onde superò tutti i musici, che quivi erano concorsi a conare, oltre a ciò fu il miglior dicitore di rime a l'improvviso del tempo suo. Sentendo il Duca i ragionamenti mirabili di Lionardo, talmente si innamorò de le sue virtù, che era cosa incredibile. Et pregatolo gli fece fare in pittura una tavola d'altare dentrovi una natività che fu mandata da'l Duca a l'Imperatore.

La musica sarà addirittura il punto più alto dell'intero lascito artistico di Leonardo, come racconterò altrove. La seconda informazione riguarda una rotella dipinta da Leonardo per un villano di Vinci che gliela procurò, per tramite di Ser Piero; era tanto ben dipinta (probabilmente una Gorgona) che il notaio furtivamente la scambiò, dando al villano una rotella scadente comprata al mercato:

Appresso vendè Ser Piero quella di Lionardo secretamente in Fiorenza a certi mercanti, cento ducati. Et in breve ella pervenne a le mani di Francesco, Duca di Milano, vendutagli CCC.

Se consideriamo il fatto documentale che il Duca Francesco Sforza muore nel 1466, questo racconto ci dice che Leonardo giunse a Milano prima di tale data. Sicuramente nel 1465, quando viene ritratto da Benozzo Gozzoli accompagnato da Benedetto Dei, Leonardo viene ritratto insieme a Lorenzo e Giuliano de' Medici e Giovanni II Bentivoglio, che di Leonardo era amico fraterno, e del quale ritrasse la sposa, Ginevra Sforza (erroneamente individuata in Ginevra de' Benci). Questo racconto, tra l'altro, ci fornisce un'altra informazione molto importante, ulteriormente documentata dal Vasari: sotto il profilo artistico, Leonardo era preso in grandissima considerazione dalle corti di mezza Europa già nel 1465, e non solo per le sue grandissime doti.

Noi oggi conosciamo di Leonardo una infinità di ritratti, opera dei più grandi artisti dell'epoca, che lo vedono ritratto a tutte le età per ciò che rappresentò sotto il profilo artistico, ma ancor prima per ciò che egli incarnò per linea di sangue. Ma su questo aspetto vorrei per il momento sorvolare. Tornando, invece, al fatto che la fisionomia di Leonardo fosse conosciuta e ritratta già in gioventù, annotiamo un ulteriore passo del Vasari:

Questo lo videro gli uomini in Lionardo da Vinci, nel quale oltra la bellezza del corpo, non lodata mai a bastanza, era la grazia più che infinita in qualunque sua azzione; e tanta e sì fatta poi la virtù, che dovunque l’animo volse nelle cose difficili, con facilità le rendeva assolute. La forza in lui fu molta e congiunta con la destrezza, l’animo e ’l valore, sempre regio e magnanimo. E la fama del suo nome tanto s’allargò, che non solo nel suo tempo fu tenuto in pregio, ma pervenne ancora molto più ne’ posteri dopo la morte sua.

Bellezza e grazia che Leonardo prese in dote genetica dalla madre:

Quantunque non funse legittimo figliuolo di Ser Piero da Vinci, era per madre nato di buon sangue.

A questo punto viene più semplice affrontare la quarta questione: il praticantato presso la bottega del Verrocchio. Andrea di Francesco di Cione, questo il suo nome completo, nasce in una data indefinita tra il 1435 e il 1437; deve il soprannome con cui è conosciuto a Giuliano Verrocchi, l'orafo che a metà degli anni '60 lo tenne a bottega. Le prime opere scultoree sono per la Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, il Mausoleo della famiglia de' Medici, tra il 1465 e il 1468, mentre sempre del 1468 è la prima committenza pittorica, sebbene la pittura non fosse il suo punto forte.

Gli studiosi sono concordi nell'individuare in Verrocchio il Maestro di pittura e scultura di Leonardo, il quale sarebbe stato indirizzato alla di lui bottega dal notaio in Vinci, di cui era amico fraterno (all'età di 10 anni secondo alcuni studiosi, secondo altri quando di anni ne aveva 14). Anche ipotizzando che Leonardo fosse realmente nato il 15 aprile del 1452 (e abbiamo visto che nacque ben prima di quella data), Leonardo avrebbe frequentato la bottega del Verrocchio tra il 1462 e il 1466, cioè quando quest'ultimo, trentenne, acquisiva le prime committenze scultoree, mentre ancora non aveva prodotto alcun dipinto (il primo sarà del 1468).

Tra l'altro, per i racconti fatti dal Vasari nella prima versione de Le Vite, sappiamo che Leonardo già prima del 1465 era abile dipintore, in quanto apprezzato in tale ruolo (e non solo come abile musicista e produttore di strumenti) persino dal Duca Francesco Sforza, che ricordo morì nel 1466. Oltretutto, Leonardo e Verrocchio erano quasi coevi (1442 e 1437).

Più semplicemente, Verrocchio non fu Maestro di Leonardo (che all'epoca in cui lo si vuole a bottega era già più abile di lui sia in pittura e sia in scultura), ma anzi ho motivo di pensare che furono ‘compagni di banco’, e con loro Botticelli, Ghirlandaio, di Credi, Perugino, della Gatta, Signorelli per motivi che in altra sede produrrò. Questo non esclude il fatto che Verrocchio fu un ottimo scultore, e in quanto tale, come gli altri, ci consegnò raffigurazioni di Leonardo importantissime, che ci permettono di ricostruire l'evoluzione della sua fisionomia lungo tutto il corso della sua esistenza.