Il buddhismo esoterico, che si sviluppò in India a partire dal VI-VII secolo d.C., è una corrente spirituale rappresentata dai Tantra, scritture che trattano di riti, misticismo, occultismo, incantesimi e formule magiche, invocazioni di suoni e sillabe sacre, diagrammi mistici sintesi del mondo divino e demoniaco, ricerca di poteri magici. Definito anche buddhismo tantrico o Vajrayāna - ovvero “Veicolo del Diamante” -, il buddhismo esoterico fu fin dagli albori una tradizione meditativa accessibile a pochi iniziati, circondata da un’aura di grande segretezza a causa del linguaggio usato negli scritti definito “lingua crepuscolare” poiché comprensibile solo in parte e rivelato a pochi prescelti. Caratteristiche di questa corrente sono le pratiche scandalose spesso messe in atto dagli adepti: esiste una scuola, denominata “Via non purificata” o “Via della mano sinistra”, in cui si praticano orge, culti fallici e magia sessuale.

Il fine del buddhismo esoterico è quello di arrivare a sperimentare la verità ultima ovvero la vacuità del mondo fenomenico, che solo una mente illuminata è in grado di comprendere: tutte le tecniche messe in atto, anche quelle che prevedono il sesso rituale, sono volte a purificare la percezione dell’adepto e a far sì che egli giunga a evocare e dominare le forze segrete del mondo. Attraverso l’iniziazione il discepolo scopre il linguaggio tantrico, viene autorizzato a utilizzare particolari formule meditative e a recitare determinati mantra, sperimenta il “guru yoga” attraverso cui entra in uno stato di profonda empatia con il maestro e la pratica fondamentale dello “yoga della divinità”, mediante la quale giunge a scoprire il suo Iṣṭadevatā cioè la divinità o l’aspetto divino che più gli è congeniale.

Quest’ultima pratica prevede che il discepolo, meditando sul corpo di un dio e identificandosi con esso, si annulli in quanto essere finito e mortale, riuscendo così a ottenere l’illuminazione, divenendo un Risvegliato. La visualizzazione mentale della divinità prescelta non è una pratica semplice, motivo per cui viene spesso aiutata dalla meditazione su rappresentazioni concrete della stessa: statue, dipinti, maṇḍala, raffigurazioni della dimora del dio o della dea aiutano l’adepto a divenire un tutt’uno con la divinità. Spesso durante tali pratiche meditative è previsto anche l’uso di vari oggetti rituali quali una campana, un tamburo, un pugnale, un vajra ovvero uno strumento simile a uno scettro che reca al suo centro una sfera, che simboleggia il Vuoto, e due fiori di loto, rappresentanti il Nirvāṇa e il Saṃsāra.

Dopo l’iniziazione e la consacrazione, il percorso rituale prevede che i discepoli affrontino, sotto la guida di un guru, pratiche scandalose e scioccanti che nessun’altro asceta o devoto è solito intraprendere poiché considerate contaminanti a tal punto da provocare gravi cadute spirituali. E’ per tale ragione che i rituali del buddhismo esoterico vengono mantenuti segreti e accessibili solo a individui particolarmente dotati spiritualmente: se non praticate correttamente, le tecniche apprese possono arrivare a danneggiare l’adepto fisicamente e psicologicamente.

L’esperienza tantrica contempla infatti non solo la pratica, solitamente proibita, del mangiare carne e del bere alcolici ma anche la pratica del sesso rituale in cui, dopo lunghe meditazioni, l’asceta giunge a consumare il matrimonio mistico. Questa unione, che ha come fine la fusione dell’adepto con l’Essere Assoluto e quindi l’ottenimento dell’illuminazione, può risultare anche molto pericolosa: utilizzare le tecniche segrete per raggiungere l’orgasmo e provare piacere può condurre l’adepto alla malattia mentale e alla condanna della rinascita eterna.