Tra gag, giochi di parole, frasi ironiche e sarcastiche Alessandro Pagani, dopo il successo editoriale di Io mi libro pubblicato lo scorso anno, è tornato a far sorridere – e riflettere – i lettori con 500 chicche di riso (96, Rue de-La-Fontaine Edizioni), con la prefazione di Cristiano Militello e le illustrazioni di Massimiliano Zatini. “Beati coloro che sono abbastanza intelligenti da non prendersi sul serio” diceva un saggio ed è questo in sintesi il messaggio che intende trasmettere l’autore invitando ad essere autoironici per rafforzare la propria autostima e alleggerire l’esistenza. Con le sue Chicche di riso, come sostiene Militello: “Il Pagani, si mette nel solco dei Bartezzaghi e dei Campanile, passando per Woody Allen”. Una lettura da gustare, aprendo il libro a caso e leggendo qua e là, ma anche tutto d’un fiato, perché proprio come i bocconi di un buon risotto le frasi umoristiche, grottesche e provocatorie sono una tira l’altra… “juste pour rire”, ma anche “pour réfléchir”, scopriamo perché in questa intervista.

Dopo Le domande improponibili, Perché non cento? e Io mi libro sono arrivate 500 chicche di riso. Humour e ironia sono il fil rouge che li accomuna, ma quale ritiene sia il più divertente e perché?

Humour e ironia sono due elementi simili - ma non uguali - che caratterizzano uno stato d'animo goliardico, con la differenza che attraverso l'umorismo si ride assieme gli altri, con l'ironia si ride degli altri. L'umorismo interpreta gli aspetti più curiosi della realtà giocando sulla partecipazione comune, l'ironia è una figura più retorica che rilegge, accetta e fa suoi gli opposti della ragione, mettendo in risalto paradossi, spigolature e controsensi di personaggi e circostanze contigue. In questo confine tra spirito leggero e perspicace, ho sempre riconosciuto più esilaranti le persone dotate di ironia e autoironia, sebbene la loro sia una ricerca di divertimento maggiormente raffinata e difficile da realizzare. Trovo che l'ironia offra importanti potenzialità espressive all'individuo, tramite la consapevolezza del reale che attraverso un gioco di parole, una freddura o un'assurdità, non solo sia in grado di regalare la meraviglia della risata, ma anche spunti per riflettere.

Qualcuno ha detto che i grandi umoristi parlano sempre di cose serie. La comicità è dunque più uno stimolo al riso o alla riflessione?

La comicità si specchia nella realtà per memorizzarla e ritrarla secondo le sue regole, che vanno dallo humour inglese che fa sorridere e che ridicolizza alla comicità pirandelliana che si basa sul sentimento del contrario, fino ad arrivare al pensiero di Freud che la definisce il più potente meccanismo di difesa. Secondo me la comicità è vita e tutto ciò che ne consegue, come un albero dai grandi fusti dove ogni ramo, pur essendo diverso dagli altri (l'ironia, la satira, la goliardia, il sarcasmo, la parodia, ecc.) alla fine regala i suoi bellissimi frutti, cioè la risata. La peculiarità interessante di tutte queste attitudini è prendere le distanze dal soggetto e dall'accadimento, per riprodurlo da un punto di vista personale e diverso. Per questo la comicità è uno dei più potenti mezzi espressivi in grado di muovere contemporaneamente e collettivamente idee, sensazioni ed emozioni per raccontare se stessi attraverso gli altri. Perché come diceva Victor Hugo, "è dall'ironia che comincia la libertà”.

Definirebbe la sua scrittura un processo più istintivo o razionale?

Tutto nasce dall'istintività che poi si trasforma in qualcosa di più ponderato. Nel caso delle mie frasi, la riuscita deriva da un processo immediato che solo raramente necessita di qualche accorgimento. La bellezza dell'umorismo sta anche in questo, riuscire ad essere spontanei mantenendo la libertà di staccarsi per un attimo dal pensiero logico.

I libri umoristici aiutano a trascorrere momenti di leggerezza e sollecitano il lettore a non prendere troppo sul serio se stesso e il contesto in cui si trova. Come si può imparare a farlo?

Ridere delle proprie debolezze è da sempre una pratica efficace per rafforzare l'autostima. L’autoironia permette di vincere i difetti e gli insuccessi che attribuiamo a noi stessi, mettendo allo scoperto le contraddizioni dei momenti più spiacevoli e riducendo – mediante il riso - i turbamenti e le insicurezze che ne possono derivare. Dovremmo tutti imparare a guardarci dall'esterno con occhio più disinteressato, per riconsiderare l'eventuale lato leggero di ogni situazione. Questo dà la possibilità di allontanarsi da quanto accade per riesaminarlo da nuove prospettive, forse all'apparenza meno logiche, ma certamente più lievi.

La letteratura umoristica è un genere spesso sottovalutato. Secondo Lei perché?

Non si capisce, in base alle straordinarie potenzialità evocative dei suoi messaggi polivalenti. Mi viene da pensare all'inflazione ormai diventata stereotipo dell'umorismo sui canali televisivi e nel web, o all'esplosione di generi letterari (vedi il fantasy) che fino ad alcuni anni fa sembravano di nicchia. Eppure la letteratura umoristica non è solo comicità (o viceversa), riesce a unire realtà e fantasia formando nuovi contesti al di fuori da banalità o luoghi comuni, trasformando malumori in qualcosa di positivo, servendosi della vita per ricreare vita. Sminuire la letteratura umoristica è un paradosso: se anche la scienza sentenzia da sempre che ridere fa bene, se un'esistenza senza humour è una vita grigia, non si comprende perché non si leggono e non si scrivono libri di questo genere. Sarà frutto di un preconcetto dettato da una scelta di mercato?

Delle cinquecento chicche di riso che ha scritto quale sceglierebbe per motivare un lettore a leggerle?

Mi viene in mente la nr. 7, forse una delle mie preferite, che trova nel teatro dell'assurdo la sua fonte e rappresenta forse l'immagine più idonea del grottesco, in relazione alla fragilità dell'uomo e della sua condizione: “Trattenga il fiato e poi espiri”. Quello capì spiri, e morì.

Nella parte finale del suo ultimo libro si ironizza sulle notizie di un immaginario “Tg flash”. Com’è nata quest’idea?

Sono sempre stato affascinato dall'idea di un mondo futuristico, dal pensiero di trasferire la nostra vita a distanza di anni per immaginare come potremmo essere. In questo panorama dove tutto è diverso, una cosa nel mio TG non cambia: la voglia di ridere su tutto e su tutti, visto e commentato da una mente androide a cui l'uomo ha donato una delle facoltà più intelligenti: l'ironia.