Per gli Italiani la piazza non è solo uno spazio architettonico che caratterizza città e paesi ma un salotto urbano all’aperto, simbolo dell’identità italiana. È il centro dove si uniscono storia, architettura e relazioni sociali. La piazza significa appartenere a una società e significa vita quotidiana.

In ogni città sulla piazza si affacciano i due edifici principali: il palazzo comunale e la cattedrale, potere politico e potere religioso, e tra di essi si vive, vengono strette amicizie e fatte nuove conoscenze, e si concludono accordi economici. La piazza è come un intervallo tra le parole, uno spazio vuoto indispensabile per apprezzare gli edifici principali, proprio come gli spazi tra le parole sono indispensabili per leggere una frase.

La piazza, a differenza degli altri luoghi, è uno spazio che non è costituito soltanto dalla sua architettura ma prende vita grazie alle persone che la animano conferendole significato. Se si chiede a un emigrante italiano cosa gli manca maggiormente del proprio paese, la risposta sarà “la piazza”.

Questa ha un significato che va oltre la descrizione che si legge sul vocabolario. La piazza significa che anche la persona più sola può trovare qualcuno con cui parlare. Significa che, senza spendere un soldo al cinema o al ristorante, può godere di ore di vita sociale, può sentire l’appartenenza, può venire a conoscenza di nascite, morti e matrimoni tornando a casa senza quel terribile senso di estraneamento tipico di altre culture.

Sulla piazza si affaccia spesso il bar principale, il posto dove gedere ed essere visti, dove gli anziani stanno seduti per ore a un tavolino a leggere un giornale mentre di tanto in tanto alzano lo sguardo per guardare le nuove generazioni che gli passano davanti, le ragazze col vestito della festa e i ragazzi freschi di barbiere.

La piazza è anche il luogo di inizio e di arrivo delle “vasche” sul Corso principale dove i ragazzi vanno avanti e indietro, dove timide adolescenti arrossiscono sotto lo sguardo dei ragazzi che mettono in mostra la loro acerba mascolinità.

La piazza ha i suoi rituali in cui gli attori sono i cittadini. Spesso il Circolo, una volta chiamato “Circolo dei Civili”, dove gli anziani vanno a giocare a carte o chiacchierare, si affaccia anch’esso sulla piazza insieme al giornalaio, alla banca e alla casa della famiglia più in vista.

La piazza è viva tutto il giorno, sembra svuotarsi all’ora di cena per esplodere dopo cena, dopo essersi ritirati nell’intimità della famiglia si ritorna all’equilibrio tornando alla dimensione sociale della vita della comunità.

La piazza ha anche un forte senso politico ed è usata come metafora per descrivere l’impegno in una protesta politica. Scendere in piazza significa l’unirsi per protestare, quindi, esprime la coesione di una società, di un paese.

La piazza contribuisce a conservare la memoria del passato e di uno stile di vita che è costantemente minacciato dalle caratteristiche della società contemporanea. Mentre assistiamo impotenti al progressivo isolamento dei giovani nascosti dietro lo schermo di un computer, allo stesso tempo osserviamo che ancora oggi i giovani continuano ad incontrarsi nello spazio pubblico della piazza come avveniva secoli addietro. È questo senso di comunità e di appartenenza che mancano agli emigranti nella società americana. Negli Stati Uniti la piazza italiana non esiste lasciando gli immigrati dal Bel Paese con un senso di vuoto che è impossibile colmare.

La piazza italiana, il cui nome è simile al greco plateia e al romano platea, significanti entrambi spazi ampi, trae le origini dall’agorà greca e dal forum romano. In Grecia, l’agorà era il centro del potere religioso e del potere economico ma, soprattutto, era simbolo della democrazia tanto che l’Assemblea vi si riuniva per discutere della politica. Il forum svolgeva a Roma un ruolo simile ma era anche un monumento alla civiltà romana affinché la cultura latina fosse visibile anche negli angoli più remoti dell’impero. Questa l’origine del concetto di “città ideale” che doveva rispettare e riflettere l’imago Urbis, l’immagine della città, di Roma. Secondo questo criterio ogni città doveva avere le strutture tipiche del mondo romano: le terme, l’anfiteatro, la basilica, il tempio e il forum. Come nella cultura ellenica, la piazza principale era il perno attorno a cui girava la vita della comunità ma ne era anche il simbolo, doveva pertanto essere maestoso, da qui la presenza del portico che la collegava al tempio. Il forum divenne di conseguenza il centro geometrico della città, situato all’incrocio di cardo e decumano, le due vie principali.

Nel Medio Evo la piazza perse il potere gerarchico sugli altri edifici. Erano tempi bellicosi e di poche certezze politiche quindi le città divennero compatte e si svilupparono intorno a centri fortificati. La costruzione della cattedrale, di un castello o del palazzo comunale implicarono una piazza che divenne conseguenza dei primi in quanto considerata spazio pericoloso che permetteva la riunione di persone in vista di sommosse.

Dopo l’anno 1000 le piazze iniziarono a differenziarsi a seconda dello scopo religioso, politico o commerciale. A Siena e Padova, per esempio, la piazza della cattedrale, la piazza del Comune e quella del mercato sono in tre luoghi differenti. A Modena la cattedrale è il centro di gravità del vecchio centro urbano e ha determinato il complesso delle piazze vicine. A Firenze, piazza della Signoria, dove si trova il palazzo comunale, è stata creata dopo la demolizione di case e torri ed è totalmente separata dal vecchio mercato e dalla piazza della Cattedrale.

Durante il Rinascimento la piazza era determinata dall’uso del concetto della prospettiva, vista come un teatro in cui gli attori erano gli abitanti della città. Fino a qualche decennio fa, la piazza italiana mantenne il suo ruolo e la sua funzione centrale nella città ma poi venne fatta la scelta politica di chiudere al traffico certe piazze. Questa scelta spesso non si rivelò un successo e luoghi come piazza San Silvestro a Roma persero il loro ruolo e la loro vita. Probabilmente la musica, grazie ai concerti, sta contribuendo a mantenere il ruolo aggregativo delle piazze.

Le piazze sono state narrate da pittori e cantate da poeti. Il primo dipinto che viene in mente è quello anonimo de La Città Ideale del quindicesimo secolo, simbolo del Rinascimento. Più o meno allo stesso tempo Gentile Bellini dipingeva una piazza vera, quella di San Marco a Venezia. Ritratto di un evento realmente accaduto, il dipinto è una tela di sette metri affollata di gente e, seppur la prospettiva non è perfetta, rende egregiamente il concetto di armonia. In tempi più recenti il surrealista Giorgio De Chirico ha interpretato la piazza in un gioco di luci e ombre.

La piazza è celebrata anche in letteratura. Giacomo Leopardi nel Sabato del Villaggio descrive l’arrivo della donzelletta sulla piazza il sabato pomeriggio; Umbero Saba in Piazza del Duomo evoca il senso di comunità: “[...] Invece di stelle/ogni sera si accendono parole [...]”. Nel XX secolo l’architetto Giuseppe Samonà definì la piazza come “archivio di pietra” della città, luogo di trasformazione e memoria.

È alla piazza che cantautori italiani hanno dedicato bellissime canzoni come Piazza Grande di Lucio Dalla, sulla piazza Maggiore di Bologna che diventa smbolo di tutte le città, e Piazza del Popolo di Claudio Baglioni dedicata alla omonima piazza romana in cui parla di giovani che si riunivano e cantando diventavano “una cosa sola”.

Oggi la piazza reale è sfidata dalla piazza virtuale. Senza limiti architettonici, questa piazza, come scrive Giuseppe Fumarola, “è una realtà di apparenze ma non una realtà apparente. La piazza telematica ha la sua realtà concettualizzata perché le situazioni sono costruite simbolicamente ma questo non significa che non danno luogo ad atti concreti”. Le piazze tematiche sono distanti anni luce dal concetto di piazza come lo conosciamo in Italia. È la differenza tra virtuale e reale. Se la piazza virtuale è quasi universale (ancora molti luoghi hanno una connessione a Internet limitata o inesistente), la piazza italiana, la piazza reale rimane una peculiarità del nostro Paese a riprova che la piazza non è solo un concetto architettonico ma anche storico, sociale e culturale.