Nel Medioevo la nuova filosofia della Natura, intesa come insieme ordinato di fenomeni, provocò violente reazioni da parte della teologia tradizionale che, ancora per tutto il XIII secolo e buona parte del XIV, riuscì a tenere saldamente le redini della speculazione filosofica e scientifica, influenzando anche l'espressione artistica e i più banali aspetti della vita quotidiana. Secondo la dottrina canonica solo un'appropriata chiave simbolica poteva dare significato ai fenomeni e agli eventi del mondo fisico svelandone funzioni e relazioni. Tutto ciò che avveniva nel "Macrocosmo" (Immagine dell'Universo, Locus dove è Dio, Luce Creatrice) si riverberava secondo opportune proporzioni e corrispondenze sul "Microcosmo" (l'Uomo, creato ad immagine di Dio, e la Natura creata intorno ed in funzione dell'Uomo) ed era necessario un complesso sistema di simboli che potesse decifrare il senso di queste risonanze. In un mondo siffatto tutto era metafora, l'astratto come il concreto: il Numero, la Forma, il Colore, gli Astri, ma anche le pietre, i metalli, le piante e gli animali. Un intricato ordine di interdipendenze e correlazioni finiva spesso per confondere segno e simbolo, involvendo il pensiero medievale in una complessità che risolveva nella rassegnata contemplazione del Volere Divino. La funzione del simbolo era dunque mettere in comunicazione l'Alto con il Basso, il Cielo con la Terra, Dio con l'Uomo.

A Salerno, però, già agli inizi del XII secolo Plateario scrive un trattato di materia medica e terapeutica1. Circa instans negocium in simplicibus medicinis nostrum versatur è l’incipit dei vari manoscritti da cui deriva il titolo con il quale è comunemente conosciuto.

La materia medica salernitana, di cui il Circa Instans è documento centrale, si è sviluppata in uno scenario davvero unico, quello di una eclettica comunità secolare di medici praticanti. Questa comunità ha prodotto un corpus considerevole di letteratura medica a partire dal XII secolo, una letteratura che rappresenta, così come la stessa Scuola di Salerno, l’incontro e l’amalgama di diverse tradizioni mediche: quella greco-romana, quella araba, quella giudaica e quella medievale. Proprio per queste caratteristiche, il Circa Instans va esaminato nel contesto del sapere medico del secolo XII, senza tralasciare la precedente tradizione.

Esistono molte copie del Circa Instans e nessun documento originale. Trascritto molte volte, tradotto in francese, inglese, tedesco, olandese, danese, provenzale ed ebraico, ciascuna copia contiene ciò che potremmo definire il nucleo del Circa Instans, vale a dire che esistono alcuni elementi comuni a tutte le versioni di questo erbario che offre un elenco di “semplici”, 276 in alcune edizioni, fino ad un massimo di 470 nelle più estese2. Persino le copie più corrotte contengono qualcosa del testo originale. Nel 1837 a Breslavia una collezione di manoscritti salernitani, trentacinque trattati raccolti sotto il titolo di Codex Herbarius3, venne all'attenzione di August Henschel. Uno di questi è un Circa Instans con la descrizione di 432 sostanze. Il ritrovamento riaprì la problematica sulla stesura originale del testo, una problematica non ancora risolta4.

Il Circa Instans è sostituito dagli erbari più vasti stampati nel secolo XVI, ma, prima di sparire del tutto dalla letteratura erboristica occidentale, conosce un periodo di diffusione, in forme diverse, in tutta Europa5: a parte il De Materia Medica di Dioscoride, nessun erbario ha avuto un ruolo così predominante nella storia della letteratura erboristica.

La composizione del Circa Instans è di solito attribuita a Plateario, e più precisamente a Matteo Plateario, infatti, poiché egli scrive un glossario sull’Antidotario di Nicola intorno al 1140 e muore nel 1161, si ritiene che egli possa essere la figura più calzante con l'autore dell'opera, presumibilmente datata a questo periodo.

Questo scritto si presenta come un trattato di materia medica e terapeutica, le varietà vegetali esaminate sono in particolare quelle presenti nell'area campana e lucana. È un dizionario dei «semplici», poco rigoroso per l'ordine alfabetico, che definisce la funzione farmacologica delle piante e dimostra l'utilità dei medicamenti composti; passa in rassegna l'appartenenza ad uno dei quattro gradi: caldo, freddo, umido o secco; descrive brevemente quale parte è utilizzata per il medicamento, albero o arbusto, erba o radice, fiore, semenza, foglia, pietra o alcuna altra cosa; elenca eventuali sinonimi greci o latini; enumera le qualità del medicamento, ricorrendo anche a citazioni autorevoli, e ne dà la posologia. Un’attenzione particolare è inoltre dedicata al problema delle droghe e alla loro sofisticazione, con una trascrizione di numerose ricette, un invito e una guida a vigilare su eventuali frodi da parte di coloro che attendono alla preparazione dei farmaci6.

Il prologo7, presente nel manoscritto più innovativo dal punto di vista iconografico, il Tractatus de Herbis, manoscritto Egerton 747 della British Library, illustra chiaramente le finalità dell’opera:

In quest’opera ci dedicheremo alla trattazione delle medicine semplici. La medicina semplice è quella che viene utilizzata nello stato in cui viene prodotta dalla natura come i chiodi di garofano, la noce moscata e altre sostanze simili, o quella che, sebbene trasformata attraverso un determinato procedimento, non entra in combinazione con altre medicine come i tamarindi, che vengono triturati dopo che è stata eliminata la corteccia, e l’aloe, prodotto della cottura del succo ricavato da un’erba. È possibile però porre un quesito non privo di senso, ovvero perché siano stati inventati i composti medicinali, quando ogni virtù presente nei composita può essere ritrovata nei semplici. La medicina si crea in base alle cause della malattia, ovvero in base all’eccesso o alla mancanza di umori, alla perdita e alla debolezza delle forze, all’alterazione delle qualità del corpo o al dissolversi dei suoi nessi interni. Si sono quindi scoperte medicine semplici che sciolgono le costipazioni, riequilibrano le perdite, restringono i flussi, rinforzano in caso di debolezza, modificano ciò che è alterato, consolidano ciò che è rilassato. Le ragioni per cui le medicine entrano in combinazione l’una con l’altra possono essere molte, ovvero l’acutezza del male, l’opposizione e la disposizione contraria delle membra, l’importanza del membro stesso e la violenza del rimedio. Una malattia acuta come la lebbra, l’apoplessia o l’epilessia può, infatti, essere curata solo a fatica (o non essere curata affatto) con una medicina semplice, ma bisogna intervenire con medicamenti composti di modo che diventi più semplice guarire l’impeto del male grazie all’aumento della capacità curativa dei semplici stessi. Inoltre, nel caso in cui uno stesso corpo soffra di malattie in conflitto tra loro come le febbri e l’idropisia, la medicina va necessariamente ricavata da sostanze naturali sia calde sia fredde, perché riesca a contrastare malattie contrarie con caratteristiche contrarie. Non è possibile infatti reperire una ed una sola medicina semplice che possieda caratteristiche opposte tra loro. Inoltre, poiché vi sono membra che hanno caratteristiche in conflitto tra loro, come ad esempio lo stomaco che è freddo ed il fegato che è caldo, la medicina deve essere composta, in modo da poter modificare qualità opposte con virtù opposte. Quando infatti un organo importante come il fegato, che è caldo, soffre di indurimento tumorale, la medicina deve essere ricavata da una sostanza calda che consumi quanto vi sia di superfluo e da una astringente che rinforzi un organo così importante. Il calore consuma infatti un organo nobile, debilitandolo; quindi non va data una medicina troppo violenta come la scammonea, l’elleboro e sostanze simili, se non in combinazione con altre sostanze medicinali in grado di attenuare la loro violenza. Nel trattare ogni singola sostanza medicinale bisogna in primo luogo descrivere la sua complessione, in seguito indicare se si tratta di un albero, di un frutto, di un arbusto, di un’erba o di una radice, o di un fiore o di un seme o di una foglia, di una pietra, di un succo o di qualche altro elemento, poi quante specie ve ne siano, dove sia possibile trovarla, quale sia la migliore specie e come nasca, in che modo si può riconoscerne la sofisticazione, come e quanto a lungo sia possibile conservarla, quali virtù possieda ed in che modo vada preparata; e questa trattazione procederà in ordine alfabetico.

La prima edizione a stampa del Circa Instans è ferrarese del 1488, la seconda veneziana del 1497 e recita: «Incipit liber de medicine secundum Platearius dicitur Circa instans», questo l’inizio, «mandato et expensis Octaviani Scoti, civis modoetiensis», una miscellanea affidata a Boneto Locatelli che insieme a Bernardino Vitali, ai Bindoni e a Vincenzo Valgrisi sono tra coloro che hanno pubblicato opere scientifiche e mediche di particolare rilievo, tra le altre, anche le Pandette di Matteo Silvatico8.

«Incipit liber de simplici medicina secundum Platearium, dictus Circa instans», così recita l'inizio del testo che ha trovato in Michele de Capella, «facultatum doctoris prestantissimus», un curatore dell'additio presente in varie edizioni pubblicate a Lione dove il Circa instans viene stampato ripetutamente9. I frontespizi più interessanti, del 1525 e del 1536, presentano entrambi una tipologia analoga: in una cornice istoriata con elementi mostruosi e floreali il titolo o i titoli vengono posti al centro; nel primo vi sono raffigurati Giovanni Plateario10, Giovanni Serapione e Pietro Ispano, disposti nel tipico atteggiamento del maestro in cattedra con i libri, un’iconografia presente anche in alcuni frontespizi del Regimen Sanitatis Salernitanum; nell'altro la marca tipografica di Nicola Petit, un albero frondoso con il motto «Concordia nutrit amorem», campeggia al centro; nel fregio in basso si apre la veduta di un castello e di alcuni monti con un piccolo uomo in cammino, un piccone in spalla.

1 Purtroppo gli studi fino a ora compiuti non ci permettono una attribuzione esatta; dunque, più correttamente si può far riferimento all’area culturale dei Plateario: cfr. J. Camus, L’opera salernitana ‘Circa instans’ ed il testo primitivo del ‘Grant herbier en francoys’ secondo due codici del secolo XV, conservati nella regia biblioteca estense, Memorie della Regia Accademia di Scienze, Lettere ed Arti in Modena, serie II, vol. IV (1886), pp. 49-199.
2 Cfr. Giulio Camus, L’opera salernitana «Circa instans» ed il testo primitivo del «Grant herbier en francoys» secondo due codici del secolo XV, conservati nella regia biblioteca estense, Memorie della Regia Accademia di Scienze, Lettere ed Arti in Modena, serie II, vol. IV (1886), p. 49-50, che parte dall’edizione ferrarese del 1488 comprensiva della Practica di Serapione e che inizia con queste parole: «Incipit liber de simplici medicina secundum Platearium dictus Circa instans» e termina con «Explicit liber de simplicibus medicinis eccellentissimi viri Iohannis Platearii».
3 Gran parte di questi materiali, comprese le note e i commentari di Henschel e di altri due studiosi che si occupavano della Scuola di Salerno, de Balzac e Daremberg, è raccolto e pubblicato fra il 1852 e il 1854 da Salvatore De Renzi e resta a tutt'oggi la più importante fonte di scritti salernitani: August Henschel, Des Breslauer Codex Salernitanus, Janus, 1, 1845, p. 40 84; Karl Sudhoff, Die Salernitaner Handschrift im Breslau, Sudhoff’s Archiv fur Geschichte der Medizin, 12, 1920, p. 101 148; Collectio Salernitana ossia documenti inediti, e trattati di medicina appartenenti alla Scuola medica Salernitana, raccolti e illustrati da G. e T. Henschel, C. Darenberg e S. De Renzi, premessa la Storia della Scuola e pubblicati a cura di Salvatore De Renzi, vol. I-V, Bologna: Forni Editore, 1967 (Biblioteca di Storia della Medicina, II.1) [Riprod. facs. dell’ed. Napoli: dalla tipografia del Filiatre-Sebezio, 1852-1859], I, p. 213; Ernst Heinrich Friedrich Meyer, Geschichte der Botanik, 4 vol., Königsberg: Gebruder Bornträger, 1854 1857, III, p. 357.
4 Luciano Mauro - Alessandro Masturzo, Elementi di originalità nel corpus botanico del Circa instans, in Salerno nel XII secolo: Istituzioni, società, cultura, Atti del Convegno internazionale, a cura di Paolo Delogu e Paolo Peduto, Salerno: Incisivo industrie Grafiche, 2004, p. 408-415.
5 L’Archivio storico della Botanica «salernitana» ha finora acquistato le diapositive di 16 manoscritti miniati del Circa instans e ulteriori 15 sono già stati individuati.
6 Cfr. Paul Dorveaux, Préface, in Matteo Plateario, Le livre des simples medecines, tr. fr. du Liber de simplici medicina dictus Circa instans, éd. par Paul Dorveaux, Paris: Société française d’histoire de la médecine, 1913, p. V-XXI e p. XII.
7 La traduzione è della dott.ssa Iolanda Ventura, che sta curando l’edizione critica.
8 Venezia serviva lo Studio di Padova, prestigiosa sede universitaria.
9 Sono datate 1524, 1525, 1528, 1536, 1538; rispettivamente da Costantino Fradin, Vincenzo de Portonariis, D. De Harsy, Nicola Petit. Per altre edizioni cfr. Giulio Camus, Op.cit., p. 50.
10 Giovanni Plateario è citato come autore della Pratica e anche del Liber de simplici medicina eiusdem Platearij vulgariter circa instans dictus.