Non pare più essere il tempo per raccontare di Ferragosto, ora che siamo quasi alla fine di settembre, ora che gli studenti sono tornati sui banchi di scuola e le agende di tutti sono già congestionate di scadenze e appuntamenti, ora che l'estate sembra essere ormai un ricordo lontano. In realtà, si sono concluse da poco le celebrazioni che hanno nel 15 agosto il loro fulcro e che, a dispetto di quanto comunemente si pensa, ogni anno danno vita a un vero e proprio “ciclo festivo” che si apre il 26 luglio per concludersi addirittura il 15 settembre. Un periodo molto lungo, nel corso del quale su e giù per lo Stivale prende vita una ricchissima serie di palii e sagre, di fiere cittadine e rievocazioni storiche, nonché naturalmente di celebrazioni religiose, in un intreccio inestricabile di preghiera e goliardia, di spiritualità e superstizione.

In apertura, dunque, la festa di S. Anna; a seguire (per citare solo alcuni eventi) il 4 agosto il torneo cavalleresco della Quintana ad Ascoli Piceno; il 5 la solennità della Madonna della Neve a Bacugno (Rieti) con la storica genuflessione del toro alla statua della Vergine; e ancora, il 10 agosto la notte di S. Lorenzo, il 14 la processione dei Candelieri di Sassari, il 15 il palio marinaro dell'Argentario e il 16 quello celeberrimo di Siena; sempre il 16 l'omaggio a S. Rocco; il 22 agosto la ricorrenza di Maria Regina, il 27 di S. Monica e il 28 di S. Agostino; infine, il 3 settembre la macchina di S. Rosa di Viterbo con i suoi 100 facchini, l'8 la giornata di Maria Bambina e in chiusura il 15 quella di Maria Addolorata.

In altri paesi europei la festività estiva per eccellenza è quella che cade la notte di S. Giovanni tra il 23 e il 24 giugno e che, pur ricordando la nascita del Santo precursore e annunciatore di Cristo, ha di fatto riassorbito tradizioni pagane molto più antiche, legate al culto della terra e al ritmico esplicarsi dei suoi riti. Una notte che l'uomo ha sempre vissuto come magica quella del solstizio, nella quale il sol stat regalando la propria luce nel giorno più lungo, prima dell'inizio del suo lento e inesorabile declinare (curioso che a distanza di 6 mesi esatti il calendario liturgico abbia fissato la nascita del Redentore, sovrapponendo il Natale alla cerimonia pagana del Sol Invictus che in concomitanza con il solstizio d'inverno onorava, al contrario, la risalita del Sole sull'orizzonte e il ridursi delle ore di buio); un momento essenziale nell'economia della vita contadina, che segnava il passaggio alla stagione delle messi e dei raccolti. Un patrimonio di credenze impossibile da estirpare, tanto che delle sue tinte ha finito per colorarsi anche la più tarda celebrazione cristiana, che ne ha così abbracciato gesti e simboli; il fuoco innanzitutto, quello dei tanti falò accesi nelle campagne, potenza purificatrice, immagine perfetta del Sole che trionfa; l'acqua (con cui nella Bibbia lo stesso Giovanni battezza i fedeli) che in questi giorni acquista particolari proprietà terapeutiche; infine le erbe, regine indiscusse della festa, rigorosamente raccolte durante le ore notturne, lasciate a mollo alla luce della luna per esaltare al meglio gli effetti benefici dei loro principi attivi.

È al ventennio fascista che risale l'abituale prassi della “gita fuori porta” nel giorno di Ferragosto. Per quello e per i due giorni precedenti, grazie alla collaborazione delle associazioni dopolavoristiche delle varie corporazioni, il regime organizzava speciali “treni popolari” a prezzi molto convenienti, destinati a tutti quei lavoratori (e alle rispettive famiglie) che diversamente non avrebbero potuto permettersi di recarsi al mare o sui monti, o di visitare una città d'arte; le corse erano previste in due varianti, per le escursioni di un solo giorno (su distanze comprese tra i 50 e i 100 km) o per uscite di tre giorni (con percorsi che andavano dai 100 ai 200 km). Nessun vitto era, però, fornito ai gitanti che si premuravano così di preparare semplici pietanze con i cibi di provenienza locale da consumare successivamente “al sacco”.

Addirittura al VI secolo risale, invece, il profondo radicarsi nel sentire popolare della credenza nell'assunzione in cielo della Beata Vergine Maria. L'evento, presente di fatto solo all'interno di numerosi scritti apocrifi, divenne inizialmente oggetto di una fortissima devozione in Oriente dove era conosciuto con il nome di Transito o Dormizione di Maria, per diffondersi in seguito anche in Italia, Francia e Inghilterra come Assumptio Sanctae Mariae; a partire dal XVIII secolo si accese in merito alla questione un considerevole dibattito teologico, fino a quando le frequenti petizioni alla Santa Sede spinsero il Vaticano a farne un dogma di fede (1° novembre 1950) e a trasformare quella dell'Assunta in una delle feste più sentite della cristianità.

Tuttavia, è in un tempo ancor più remoto che il Ferragosto affonda le sue radici e precisamente nel tempo dell'imperatore Ottaviano Augusto; Feriae Augusti fu, infatti, la denominazione che nel 18 a.C. egli diede alle Calendae di agosto (ossia al 1° giorno), sancendo la fine dei lavori agricoli e inaugurando per il popolo un lungo periodo di riposo. Giochi e festeggiamenti avevano così luogo per le strade, buoi e muli venivano agghindati di fiori, cavalli e cavalieri si lanciavano in gare di corsa (qui risiede l'origine di ogni palio, perché pallium era il drappo di cui veniva insignito il vincitore di tali competizioni equestri), musica e balli vedevano muoversi insieme padroni e schiavi, nobili e braccianti senza più distinzioni di classe e censo in un momento sospeso di libertà e rigenerazione. Un'operazione importante, che andava di fatto a innestarsi su un complesso di pratiche e rituali che già da secoli i contadini mettevano in atto a beneficio di tutte le divinità preposte al ciclico alternarsi delle stagioni e alla maturazione di ogni frutto della terra, cui in quella fine di I secolo a.C. venne conferita veste ufficiale con il titolo di Augustali; a partire dal 13 del mese, infatti, numerosissime erano sempre state le liturgie in onore di Diana (protettrice dei parti e delle fasi lunari) e Vortumno (che presiedeva alla trasformazione e al mutamento), a Portuno (dio dei porti e delle porte), a Venere (cui si consacravano gli orti e la futura vendemmia), così come a Conso (dio dei granai) e a Openconsiva (personificazione stessa dell'abbondanza agricola, manifestazione di quella stessa Grande Madre che nel vicino oriente era venerata con il nome di Atargatis e che era ritenuta patrona di ogni attività agraria).

Un connubio strettissimo di sacro e profano, dunque, di afflati mistici e di religiosità agresti che attraverso le culture e le epoche hanno dato vita a una realtà incredibilmente composita, nella quale alla Madonna sono state attribuite le prerogative che anticamente erano appartenute alla Dea Terra (ancora oggi in Armenia, per esempio, nel giorno dell'Assunta si benedicono i primi grappoli d'uva); nella quale tornano immancabili i simboli di ogni rito di passaggio che si rispetti e irrinunciabile è la presenza del fuoco (del martirio di S. Lorenzo sulla graticola e delle stelle cadenti che si scrutano nell'oscurità, dei tanti falò che si accendono sulle spiagge, delle luminarie che impreziosiscono i borghi e degli spettacoli pirotecnici che illuminano le notti delle città) così come anche dell'acqua (dei giochi e dei bagni di mezzanotte, delle prime piogge invocate a placare la canicola e a dissetare le campagne riarse).

Certo, probabilmente non è più il tempo per raccontare di Ferragosto, ma quanto è bello lasciarci traghettare verso la stagione del buio e del silenzio della terra dalla consolante consapevolezza che anche dentro i gesti apparentemente più feriali e innocenti si annida una grandezza inimmaginabile, che ci abbraccia e ci travalica tutti, facendoci sentire parte di una storia molto più grande di noi.