“Una vera poesia è sempre un’invocazione alla Dea Bianca, il ragno femmina o l’ape regina il cui abbraccio è mortale”. Così dichiarava il poeta e scrittore Robert Graves, quando interpretava il linguaggio dei miti primitivi di area mediterranea definendolo un’antica lingua magica, tributo liturgico alla dea Luna. Una lingua che fu in seguito manomessa, dimenticata, inglobata nel patrimonio simbolico dell’usurpatore Apollo, sostituita dalle abbacinanti promesse della filosofia e della ragione.

La Dea Bianca ha parlato a Octavia Monaco nella lingua segreta delle iniziazioni, attraverso il sibilo della Dea Serpente, lo stridio della Dea Uccello, il canto onirico della Sirena. Si è rivelata con le sue lucenti corna taurine, femmina e maschio, fanciulla e vegliarda, luminosa e triste, circondata da tutti gli antichi ornamenti del suo splendore: totem animali, germinazioni miracolose, appartenenze acquoree, alchemici indizi. Presenze di terra, d’aria e d’acqua, reperti arcani che hanno accompagnato l’archeologia metafisica della Dea. Le si è mostrata nello splendore delle sue quattro età, che si avvicendano nel gioco dell’eterno divenire, ispirando la genesi di altrettante opere, che attualmente si trovano in mostra alla Biennale Internazionale Dicarta/Papermade di Schio. La Rassegna, dal titolo Le cose non necessarie fanno bello il mondo è un invito a celebrare la bellezza nella sua necessità metafisica, nei suoi riflessi animici. E il riflettersi è la modalità del pensiero lunare. La luna, che è al contempo specchio e immagine specchiata, si può ammirare solo riflessa. Come Medusa, una delle sue adepte.

Il foglio di Octavia ribalta e proietta quello specchio, e la proiezione affiora componendo una personale mappa fra terra e cielo. Ciascuna immagine è nata nel fluire armonico di ogni fase dell’astro nel firmamento: è emersa nel trasognamento, nello stupore della rivelazione, nella sovrapposizione di visioni, nella consistenza di un istante emozionale. Tra veglia e torpore del sogno. Il Sacro Femminino, con il quale l’ispirazione di questa artista intrattiene una relazione privilegiata, ha assunto la forma dell’errante pellegrina del cielo.

La luna è madre del tempo: di un tempo vivo, che regola il battito cosmico di tutto ciò che in natura è sensibile al suo richiamo. Il respiro della marea, il mestruo delle donne, il seme che freme sotto il manto della terra, in attesa. Ed è maestra di numeri: è lei che ha svelato la necessità ineludibile e crudele del due: conflitto, opposizione, ma anche conciliazione, reciprocità, dialogo. Tuttavia nell’orizzonte archetipico è la trinità l’epifania del femminile; e così, orologio del tempo trino, la luna ha insegnato agli uomini la magia di un triplice riproporsi: ciclico, incalzante, illimitato. Vita, morte, rinascita. E poi il tre diventa quattro, e la loro somma, sette, è il metronomo che fa da contrappunto a ogni successiva metamorfosi.

Sette giorni. CRESCENTE. Con lei aumenta tutto ciò che possiede un’anima vegetativa, così come le acque, che avanzano al richiamo ipnotico della loro padrona celeste. Sette giorni. PIENA. Superba sfoggia le sue vesti sfavillanti. Sette giorni. CALANTE. Intraprende la sua discesa iniziatica e si prepara a incontrare lo sposo oscuro. Sette giorni. NUOVA. L’occultamento porta a compimento il sortilegio, e per tre notti l’universo è solo, mentre la dea si intrattiene con un amante segreto, avvolta in un mantello di tenebra. È in questo tempo che la fanciulla verrà rapita, inghiottita, o forse presa da un sonno di morte effimera. La sacerdotessa compirà la sua iniziazione, nascondendosi sotto un manto fatto di pelle animale, oppure imbrattandosi il viso di cenere. La vecchia è pronta per raccontare le sue fiabe, nella sua capanna nell’ultima casa dello Zodiaco. Narrando, vivrà per sempre. Narrerà dello scioglimento dell’incantesimo, della culla di un’infanzia rinnovata, della comparsa del sandalo di cristallo, falce luminosa che illumina un nuovo cammino, dell’abito splendente, che sfoggerà nella sua eterna danza celeste.