Il Regimen Sanitatis Salernitanum è una raccolta di aforismi presente già in alcuni manoscritti del XIV secolo. È ricco di consigli di igiene, di botanica, di agricoltura, di alchimia, di magia, di astrologia, di religione e diventa, grazie al proliferare delle edizioni a stampa, l'inizio di una nuova diffusione «internazionale» della Scuola Medica Salernitana, diffusione che si svilupperà per tutta Europa, fino al secolo XVIII, al di là della stretta cerchia degli addetti ai lavori. Dalla fine del XV al XVIII secolo, esso viene stampato in Europa circa 160 volte ed è possibile affermare che «la memoria dell'esistenza della Scuola di Salerno e del sapere medico ad esso connesso dipese per molti quasi esclusivamente dalle poche «notizie» che accompagnavano a mo' di premessa le varie edizioni».

Non ci sono persone per poco che abbiano un’infarinatura di buone Lettere che non ne conoscano alcuni versi a memoria. Molta gente li cita all’occasione come verità universalmente riconosciute da tempo. La dedica è ad un “re anglicano” e la tradizione vuole che sia a Roberto duca di Normandia, figlio maggiore di Guglielmo I, re d’Inghilterra ed erede legittimo al trono, anche se non fu mai re. Egli, al ritorno dalla Terra Santa dove aveva combattuto con Goffredo di Buglione, prima di raggiungere la patria, decise di passare per Salerno, sede della più famosa scuola di medicina del mondo a quel tempo, per consultare il collegio dei dottori sui metodi più adatti a recuperare la salute. Durante l’assedio a Gerusalemme, infatti, aveva ricevuto una ferita al braccio che, ad onta dell’abilità dei suoi chirurghi, divenne fistolosa e lo ridusse in uno stato debolezza e dimagrimento. I primi versi, infatti, recitano: “Questo scrisse al re anglicano l’ateneo salernitano”.

La storia del Regimen Sanitatis Salernitanum o De conservanda bona valetudine o Flos medicine o Schola salernitana è stata da lungo tempo e da studiosi autorevoli indagata, senza, però, aver raggiunto una definitiva e chiara ricostruzione. L'attuale interesse per la letteratura medica salernitana ha riproposto, tra gli altri, anche il problema di questo scritto a partire da un auspicato censimento dei manoscritti e da un'indagine filologica e paleografica. Ciò su cui concordano tutti coloro che di questi aforismi hanno trattato è la datazione: i manoscritti più antichi nei quali è presente il testo risalgono al primo decennio del XIV secolo, un periodo privo di nuovi scritti salernitani, al di là del Liber Pandectarum medicinae di Matteo Silvatico. Acclarata è anche la sua appartenenza ad un tipo di testo che è stato definito «aperto» e, dunque, lungamente rimaneggiato da aggiunte successive. Ciò su cui regna ancora grande incertezza è il luogo di compilazione e l'autore o gli autori. La sua diffusione, con la nascita della stampa, è indiscussa, così come il suo contributo alla conoscenza della Hippocratica civitas in Europa.

La Scuola Medica salernitana e la sua fortuna, infatti, diventano alla fine del '400 sapere e conoscenza di molti popoli, grazie al più «popolare» dei suoi testi, il Regimen Sanitatis. Cronologicamente la sua fortuna è da inserirsi in quell'arco di anni, circa 400, che scorrono tra due momenti storici ben definiti: da una parte il periodo che, per dirlo con Michelet, corrisponde a «la découverte du monde et de l'homme» e dall'altra, attraversando sconvolgimenti politici, economici e sociali, la rivoluzione artistica e letteraria che, col nome di Romanticismo, porta nel mondo nuove idee e un nuovo modo di sentire. Geograficamente, gli spazi occupati comprendono sedi universitarie e grandi centri di smistamento librario.

Il nuovo percorso non attraversa, come avviene per gli altri scritti, il cammino della scienza, ma quello del ricordo, della memoria che l'Europa tutta acquisisce di questa città fino alla fine del XIX secolo, rendendo partecipe un più ampio pubblico del passato delle sue regole igieniche e delle sue massime.