Le Pubblicità Progresso italiane degli anni ’90 proponevano delle campagne anti-droga a rischio psicosi per un’intera generazione, il cui effetto complessivo era ansiogeno, confusionario e per certi versi inquietante. Il terrorismo psicologico sulla goffa ignoranza sociale e sulla freschezza giovanile ha avuto una capacità ostracizzante al punto da creare emarginati sociali - inizialmente – per poi sviluppare – nel tempo - l’effetto paradosso per cui quella stessa realtà “malaticcia” ha assunto fascino e seduzione fine a farne apologie cinematografiche e vissuti picareschi: cose vuote ma belle, di significato fine a se stesso. Così, se, da un lato, bisogna riconoscere che creare emarginati incrementa l’anomia - la paradossale virtù del tout court – e una serie di fenomeni sociali perniciosi dal fine edonistico, dall’altro bisogna ammettere che il tossicodipendente degli anni ’80 ha subito un’evoluzione antropologica ed assunto una nuova connotazione per cui la diagnosi è quella di soggetto affetto da disturbo da dipendenza patologica; l’oggetto da cui dipende può essere scelto da un vastissimo campionario di sostanze e comportamenti. Gli operatori pubblici e privati hanno dovuto iniziare ad usare un linguaggio che vuol superare vecchi slogan e la spettacolarizzazione, cercando un contenitore comune che rende più forte la co(scienza) provando ad evitare il grave deterioramento cerebrale che ha caratterizzato il tossicodipendente degli anni ’80.

Al momento le uniche politiche veramente funzionali restano quelle di gestione e riduzione del danno che si usano in Paesi come la Svizzera, poiché l'informazione e il consumo consapevole possono ridurre notevolmente i problemi causati dalle sostanze. Questo principio rivoluzionario ha portato la Norvegia a lanciare una campagna per la riduzione dei danni causati dalla droga. Le strade di Oslo si sono riempite di manifesti che informano riguardo all’uso consapevole delle sostanze stupefacenti. La campagna, promossa dall’Association for Safer Drug Policie, un ente privato che da anni si occupa di incoraggiare politiche sulla droga basate su conoscenza e coscienza, ha favorito una via alternativa alla demonizzazione e l’impedimento, per un uso consapevole di tutte le sostanze stupefacenti, dal momento che il problema esiste bisogna prenderne atto e cercare quanto meno di contenerla in sicurezza.

Fare affidamento su un’informazione competente, su strutture d’avanguardia e sul servizio sanitario nazionale non significa altro che avvalersi di un diritto, ma purtroppo il moralismo ignorante è la dipendenza più brutta, dilaga tra consumatori e non consumatori e fa più danni della droga stessa. Se non si è in grado di ridurre il mercato della droga, almeno possiamo ridurre le morti per un uso inconsapevole. Evitare l'overdose non impedisce l'innescarsi della dipendenza psicofisica dalle sostanze stupefacenti, l’abuso. Non so, se qualsiasi campagna, uno spettacolo o un articolo possano servire ma se si salverà anche una sola vita sarà comunque un risultato che contrasta la sconfitta.

Si arriva in fondo mentre dovremmo cominciare dall'inizio della storia. La tossicodipendenza è un sintomo di una malattia. Del disagio che non sappiamo affrontare e riconoscere. Moralisti e acrobati della vita violano entrambi principi scientifici con cui si dovrebbe trattare l’agire ingordo sia del dire sia quello stesso dell’uso del principio attivo – tossico – assunto. Dopo trent'anni sarà anche opportuno e doveroso prendere atto che il mondo delle dipendenze è cambiato. Quindi è necessario adeguare strumenti e normative per chi si occupa del contrasto alle dipendenze e della riabilitazione e del reinserimento delle persone affette da dipendenza. Si lavora alla proposta di aggiornamento del DPR 309/90.

Probabilmente liberandosi da sovrastrutture e provando ad essere speranza è pensabile la gratuità di un atto. Marc Augé, un antropologo francese, elabora in un suo scritto che per affermarsi, l’essere umano ha bisogno dell’altro, e che agire “per il gusto di farlo”, significa cedere all’estetica dell’istante, ergersi a spettatori di se stessi, ma anche rendere omaggio ad un modello esteriore.

Allorché la gratuità non è soltanto un gesto di benevolenza dovremmo forse chiederci qual è il modello a cui ci ispiriamo: un genitore o entrambi, un film, un supereroe, il personaggio di un fumetto, una specie animale, un barbone, uno zingaro, uno scrittore, un mafioso, un sindaco competente, un musicista, un Dio, un’arte, la Bellezza, la forza dirompente della Natura, un libro, un’emozione o un trauma che contiene il nostro modus operandi. Non volendo fare una banale distinzione tra buoni o cattivi, ma valutando scientificamente come affrontare le dipendenze ed affrontare la vita seppur con difficoltà e immaturità genitoriale – per alcuni – è grazie a terapie di recupero che si riacquista il senso della vita e si riesce ad amare come mai prima.

Il 23 gennaio, si è svolta l'assemblea costituente del Presidio di Libera Bari, intitolato a Luigi Fanelli, ragazzo scomparso a Bari, vittima innocente di Mafia. Il referente cittadino dell’associazione - eletto all'unanimità- è Don Angelo Cassano.

Il lavoro di Libera è interconnesso al fenomeno riguardante le dipendenze: nasce dal Gruppo Abele, una Onlus, fondata a Torino nel 1965 da don Luigi Ciotti. Il Gruppo lavora per “dar voce a chi non ha voce”, nel tentativo di saldare l'accoglienza con la politica e la cultura. Dopo la strage di Falcone e Borsellino, Don Ciotti ideò Libera, una risposta a ciò che era evidente in tutta Italia, la strage mafiosa.

Come rivela lo stesso Don Angelo: “Aprirsi verso il prossimo necessita di empatia. Libera non è solo legalità: i due pilastri su cui si fonda questo percorso verso la giustizia sono memoria delle vittime innocenti ed impegno comunitario. La mafia oggi ha assunto un aspetto diverso dal passato, si evolve a seconda dei contesti storici infiltrandosi nell'economia e nel controllo degli affari, negli accordi internazionali. Ad oggi dal ’97 abbiamo più chiarezza di quelle che sono le dinamiche mafiose e messi di fronte al prossimo, vogliamo raggiungere la metà della verità della giustizia sociale, un percorso molto ampio e complesso senza risultare moralisti. Solo con la presa di coscienza si apre uno spiraglio attraverso cui accompagnare le vittime di mafia, dimostrando che ci può essere un'altra strada e che esiste una dimensione del bene incondizionato.

Esiste una forma di autorevolezza imprescindibile attraverso cui poter comunicare, che si conquista faticosamente, ma necessaria per educare al rispetto dell’altro e per ridimensionare il protagonismo mediante esperienze diverse di esibizionismo e messa a fuoco dei talenti, attività ludiche, culturali, sportive o insegnando loro un mestiere.

La povertà educativa nasce anche in famiglia, perciò per portare avanti un discorso di conoscenza e formazione nei confronti della cittadinanza, per contrastare e sottrarci ad un’etica incerta ci deve essere anche una risposta delle istituzioni rispetto alle possibilità lavorative. Gli stessi beni confiscati alla mafia sono diventati, in qualche parte d’Italia, cooperative agricole in cui è richiesto un impegno diretto.

Libera non è chiamata a giudicare soltanto il fenomeno mafioso o quello delle dipendenze, ma si preoccupa di salvare anime mettendo a disposizione strutture per donne che hanno avuto il coraggio di salvare i loro figli.

È importante che le agenzie educative – parrocchie, scuole, associazioni, magistratura, denuncianti sopraffatti - coinvolgano irrefrenabilmente in questo lavoro che prevede la costruzione di altre prospettive di vita.

È importante trovare la strada in cui poter camminare insieme, capillarizzarci per poter essere vasi di accoglienza, una vera rete in relazione.

Soddisfatti e consapevole di chi si è, la semplicità la si ricerca più dell'oro. Gesti semplici, ma sempre veri. In queste cose, più che altrove senti che batte la vita. La vita col suo urlo la senti tutta. Ti dimentichi pure di te. Il bene incondizionato. Fare qualcosa per gratuità non per forza per fede verso un Dio onnipotente, ma verso l’Uomo stesso, il nostro prossimo, forse quello stesso piccolo - Uomo - poco misericordioso verso se stesso e la propria – mistica - fragilità da colmare. Il dono. La capacità dell'uomo moderno di provare compassione e superare l'indifferenza che nasce e si diffonde quando si pensa alla società come un mercato e non come un insieme di persone che vivono la medesima storia. Il dono, taciuto. Speri solo che la Vita incroci la vita di chi ti sta di fronte e la faccia brillare. Poiché la vita è più, superata l’inquietudine, oltre l’umanità.