Si sente parlare molto, soprattutto in questi tempi difficili, di “complottisti”.

Mi stupisco nel constatare che, molto spesso, le posizioni definite “complottiste” sono libere espressioni di un pensiero, che magari non è quello dominante, o prevalente in termini statistici, un pensiero che esprime il ragionamento di una persona o di un gruppo di persone.

Questa espressione viene sancita e tutelata dall’Articolo 21 della Costituzione della Repubblica Italiana:

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

In più, noto che vengono definite “complottiste” alcune posizioni che sono sostenute da una parte della comunità scientifica, o che rappresentano il frutto di un ragionamento portato avanti da singoli o da gruppi di persone che legittimamente affermano una tesi, o semplicemente esprimono un’ipotesi, o un invito alla riflessione, a non dare per scontata una conclusione, ad interrogarsi su di un tema. In termini più generali, stiamo parlando della libertà di pensiero e di espressione del pensiero.

Questo atteggiamento di critica svalutativa mi lascia dunque perplessa: con quale criterio si muove un’accusa o si applica un’etichetta denigratoria verso chi è mosso da un desiderio di conoscenza, di approfondimento, di espressione di un pensiero?

Ma mi sorge spontanea un’ulteriore considerazione. Chi si arroga il diritto di denigrare, con il termine “complottista”, conosce veramente il significato del termine che utilizza?

A scanso di equivoci, riporto la definizione che del termine dà il vocabolario Treccani: il complotto è una “cospirazione, congiura, intrigo ai danni delle autorità costituite o di persone private”.

Ebbene, se il complotto è una cospirazione, un intrigo, non vedo francamente l’attinenza con le posizioni prudenziali rispetto al 5G, o le ipotesi di un possibile legame tra l’esposizione a campi elettromagnetici e le difese immunitarie o la salute in genere. Esiste un’ampia parte della comunità scientifica che studia gli effetti sulla salute e su questi temi permangono dei dubbi ragionevoli e delle criticità, espresse da studiosi singoli o da centri di ricerca indipendenti, da me precedentemente citati.

L’atteggiamento di prudenza risponde al “primum non nocere” e al “mi asterrò da ogni offesa e danno volontario” del giuramento ippocratico; è l’atteggiamento del buon padre di famiglia che, se ha il dubbio che una cosa possa rappresentare un danno, non la applica, aspettando per vedere ulteriori riscontri più certi.

Ora, mi chiedo, che cosa c’entra con tutto ciò il complotto? L’atteggiamento prudenziale è un invito ad astenersi dal fare una cosa, il complotto è una cospirazione.

Molto spesso, a ben guardare, le posizioni definite “complottiste” sono l’espressione libera di un dubbio, sono un invito alla prudenza, senza alcuna idea di attacco e senza accusa di alcun tipo.

Anzi, l’atteggiamento prudenziale non solo non accusa nessuno, ma è un invito a tutelare al massimo la salute dei cittadini. Per citare un altro articolo della Costituzione, è un invito a seguire l’Articolo 32:

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Come ben si vede, dunque, l’invito alla prudenza è una posizione di massimo rispetto, cioè esattamente ed etimologicamente il contrario dell’accusa di complotto.