Dopo che per anni siamo stati indotti a credere che scienza e tecnologia siano in grado di risolvere qualsiasi problema è difficile accettare l’idea di non essere in grado di prevedere e di controllare gli eventi e di trovarci improvvisamente in balia della sorte e dell’ignoto. Così, di fronte ad un fenomeno imprevisto e tragico come la recente pandemia, superato il primo momento di preoccupazione e di ansia, è naturale che si mettano in moto le opportune contromisure di difesa: spiegare che l’evento poteva essere previsto e dimostrare che gli effetti dannosi sarebbero stati molto meno gravi senza gli imperdonabili errori commessi durante le fasi di gestione.

A supporto delle due tesi non tardano a presentarsi due tipi di sostenitori: i profeti del giorno dopo, quelli cioè che da tempo avevano previsto tutto ma non sono stati ascoltati e gli esperti di racconti retrospettivi, quelli cioè che ricostruiscono i fatti a posteriori per dimostrare come sarebbe stato facile modificare favorevolmente il corso degli eventi. Non di rado entrambe le parti sono interpretate dagli stessi personaggi.

Con questo non voglio dire, beninteso, che le previsioni siano inutili e che bisogna vivere alla giornata, né che non sia possibile prepararsi a gestire le emergenze, né tanto meno che durante un’emergenza non si possano commettere gravi errori di gestione imputabili alle persone che hanno la responsabilità di decidere. Queste brevi considerazioni vogliono solo sottolineare che nel raccontare il passato e nel prevedere il futuro si nascondono alcune trappole cognitive di cui dovremmo essere consapevoli, allo scopo perlomeno di assumere un atteggiamento critico e quando possibile mettere in atto gli opportuni rimedi.

La fallacia narrativa

Come ci ricorda Nassim Taleb, il famoso autore de Il Cigno Nero:

Ci piacciono le storie, ci piace riassumere e ci piace semplificare, ossia ridurre le dimensioni delle questioni.1

In effetti, quando raccontiamo una storia non prendiamo in considerazione tutte le informazioni possibili ma solo quelle di cui possiamo disporre, che non necessariamente sono le più rilevanti e qualche volta sono anche false o almeno non del tutto vere. Tra queste poi selezioniamo quelle che ci piacciono, quelle che riguardano gli aspetti della realtà che vogliamo mettere in evidenza e in genere quelle che confermano le nostre convinzioni e la nostra particolare concezione del mondo. I fatti sono scelti a nostro piacimento e sono ordinatamente disposti secondo uno schema lineare, ricostruito a posteriori, che semplifica la realtà e al quale attribuiamo spiegazioni e significati che non sono impliciti nei fatti ma nei modi e nelle sequenze attraverso cui i fatti sono ricomposti. Tanto meglio usiamo le parole tanto più siamo convincenti.

Dobbiamo, però, ammettere che ci potrebbero essere molti altri modi per raccontare gli stessi eventi, ognuno dei quali ci potrebbe condurre a conclusioni assai diverse se non addirittura contrapposte. Insomma, come già ci ricordava Cartesio quasi tre secoli or sono:

La diversità delle nostre opinioni non dipende dal fatto che alcune persone siano più ragionevoli di altre, ma soltanto dal fatto che facciamo andare i nostri pensieri per strade diverse e non prestiamo attenzione alle stesse cose.2

Questo modo molto comune di semplificare la realtà e di imporre, a posteriori, un collegamento logico e ineludibile tra personaggi e accadimenti di una storia è ciò che Nassim Taleb chiama fallacia narrativa.

Attraverso le narrazioni, inoltre, ai fatti si aggiungono i sentimenti, gli umori, le interpretazioni, i punti di vista di chi li riporta e possono suscitare un profondo e reciproco coinvolgimento emotivo in chi racconta e in chi ascolta. Ovviamente le storie possono essere molto utili per rappresentare la realtà da diversi punti di vista e da esse si possono trarre molti importanti insegnamenti, ma da sole non dovrebbero essere utilizzate per stabilire relazioni di causa ed effetto o per sancire sbagli e omissioni.

L’invincibile potenza del caso

Come abbiamo detto le storie sono composte da una successione di eventi che narrati a posteriori sembrano progredire sotto l’impulso di una forza intrinseca che li guida e li conduce irrimediabilmente verso la realizzazione di un particolare disegno preordinato. In che cosa consiste questa forza irresistibile capace di condizionare il corso degli eventi, di muovere i popoli e di controllare i destini dell’umanità? Lev Tolsoj, nell’epilogo di Guerra e pace, ce lo spiega in questo modo:

Non appena storici di varie opinioni cominciano a descrivere uno stesso avvenimento, le risposte da loro offerte perdono qualsiasi senso, giacché quella forza viene intesa da ognuno di essi, non solo in modo diverso, ma spesso totalmente contrario. Questa forza non è il potere posseduto da una persona, bensì il risultato di molte forze che operano in diverse direzioni e… dell’azione reciproca di molti uomini coinvolti nell’avvenimento.3

A questo punto possiamo notare che gli eventi passati assumono un’apparente forma lineare perché su di essi non agisce più il caso e così ci sembrano meno legati alla buona o alla cattiva sorte di quando realmente sono. Molti episodi della nostra vita dipendono dall’esatta concatenazione nel tempo e nello spazio di un enorme numero di eventi che li precedono e la cui probabilità di verificarsi esattamente in quell’ordine è prossima allo zero. Immaginate di essere in coda per acquistare il biglietto del metrò e provate a calcolare la probabilità di trovare davanti o dietro di voi proprio la persona che in quel preciso istante decide di farsi saltare in aria. Calcolata a priori, si tratta di una probabilità infinitesima perché nella sequenza di eventi che hanno preceduto l’esplosione sarebbe bastato un dettaglio qualsiasi per evitarvi questa drammatica coincidenza. Spesso nella vita la piega degli avvenimenti è legata al fatto fortuito di trovarsi al posto giusto (o sbagliato) nel momento giusto (o sbagliato).

Così, il futuro si presenta aperto, subordinato ad una serie infinita di vincoli e di biforcazioni che generano la trama su cui si snoda la straordinaria complessità della vita. Ad ogni bivio gli avvenimenti possono prendere direzioni diverse ed irreversibili, cosicché eventi casuali o scelte relative a questioni apparentemente irrilevanti possono mutare completamente il corso degli avvenimenti. In effetti, le nostre vite sono costellate da una eccezionale quantità di eventi causali e gran parte delle scelte che hanno deciso il nostro futuro (gli studi, la casa, la moglie, il lavoro) sono legate a qualche imponderabile, strana coincidenza o a qualche episodio del tutto fortuito. Sarebbe bastato un nonnulla per dare una svolta totalmente diversa alle nostre vite o per modificare i grandi avvenimenti che hanno contrassegnato la storia del genere umano.

La verità è che il corso della nostra vita è più simile alla discesa di una pallina in un flipper che a quella dell’acqua nel letto di un fiume. Insomma, noi dipendiamo dall’imprevedibile, molto più di quanto siamo disposti ad ammettere.4

Nell’antica Cina, l’abilità di governo del sovrano consisteva nella capacità di mantenere la pace, l’armonia, il benessere e la prosperità sociale mediante provvedimenti che interferivano minimamente sull’ordine naturale delle cose, non si doveva neppure capire che gli interventi provenivano dal sovrano. Il suo nome non poteva essere pronunciato, si sottraeva alla vista e tanto meno appariva tanto meglio governava. Esattamente il contrario di ciò che succede oggi.

Tutto ciò significa che le cose vanno come devono andare e che siamo solo inermi osservatori di eventi a cui ci è stata preclusa qualsiasi possibilità di previsione e di controllo? Direi proprio di no, ma è bene capire i limiti del nostro agire e quantomeno le forze che sono in gioco. Per esempio, i modelli predittivi sono certamente strumenti utili per orientare le decisioni ma dobbiamo sapere che essi si avvalgono di schemi basati su criteri deduttivi di tipo deterministico, mentre la realtà procede lungo traiettorie dinamiche ed imprevedibili. La direzione degli eventi è continuamente sottoposta all’influsso e alle distorsioni generate dagli attori in campo, dai vincoli e dagli eventi casuali che via via si presentano. Ci ricorda Mauro Ceruti parlando delle potenzialità evolutive di un sistema e della prevedibilità del suo sviluppo futuro:

All’interno di un medesimo quadro di partenza, di una medesima situazione storica esistono diverse strategie possibili … i cui esiti dipendono dall’interazione di una irriducibile molteplicità di fattori.5

Così, come succede nel campo della meteorologia, le previsioni sono attendibili solo a breve termine. Nel lungo periodo, infatti, le interazioni nonlineari (spesso sconosciute), rimescolano continuamente i fattori in campo e rendono le previsioni sempre più vaghe, sfumate, imprecise e soprattutto si dimostrano assolutamente incapaci di predire i cosiddetti “cigni neri”, ossia gli eventi estremamente rari, che hanno un impatto enorme sulla comunità e che sono “prevedibili” solo retrospettivamente.

Conclusioni

Di fronte a fenomeni sconosciuti, se vogliamo capirne qualcosa di più, è opportuno limitarsi ad osservare ciò che succede cercando di sospendere momentaneamente il giudizio e di resistere alla naturale tentazione di dare spiegazioni. Come abbiamo visto, infatti, la fallacia narrativa ci induce a ricostruire e a interpretare i fatti in modo semplificato e per lo più sbagliato.

Dobbiamo prendere atto che l’incertezza è ineliminabile dalle nostre vite. La sicurezza assoluta non esiste e dobbiamo abituarci a convivere con l’imprevisto e con l’ignoto. Le previsioni costruite su ipotesi induttive e mediate da complicati modelli matematici possono certamente aiutarci ad immaginare i possibili scenari futuri e a individuare le azioni preventive capaci di scongiurare gli effetti più deleteri, ma dobbiamo sapere che il caso è ineliminabile e dato che le previsioni si basano sul passato non possono annullare la possibilità che prima o poi si presenti un nuovo cigno nero.

Inoltre, dato che i sistemi fisici, biologici e sociali sono sempre più interconnessi, nel fare previsioni è opportuno avvalersi di diverse competenze, dato che sono coinvolti contemporaneamente molti settori: sanità, lavoro, economia, trasporti, istruzione, arti, diritti civili.

Per gestire eventi complessi e sconosciuti non ha senso procedere con decisioni di lungo periodo che necessariamente si basano su ciò che già si conosce. La consapevolezza della propria ignoranza è la premessa per aprire la mente all’innovazione, al dubbio e alla ricerca. Quando le informazioni di cui disponiamo sono frammentarie e incomplete occorre essere prudenti (non inattivi), osservare il contesto da diversi punti di vista e agire con flessibilità. Bisogna comportarsi come esploratori: sondare il terreno, essere attenti a cogliere i diversi segnali che giungono dal contesto in cui operiamo e tracciare la strada a mano a mano che si procede, aggiustando il percorso in relazione ai pericoli che si presentano, ai risultati che si ottengono e alle nuove opportunità che via via si manifestano.

1 Taleb N: Il cigno nero. Il Saggiatore, Milano 2008.
2 Descartes R: Discorso sul metodo. Einaudi Classici, 2014.
3 Tolstoj L: Guerra e pace. Feltrinelli Editore 2014.
4 Pluchino A: La firma della Complessità. Una passeggiata al margine del caos. Malcor D’, 2015.
5 Ceruti M: Il vincolo e la possibilità. Raffaello Cortina Editore, 2009.