Un’autrice innovativa che sa regalarci romanzi ricchi di suspense ed ironia, ricordandoci una narrativa d’altri tempi. Sullo sfondo di una Torino che cavalca epoche storiche, sotto l’occhio del lettore più curioso.

Abbiamo avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con Lorenza Faccioli per parlare dei suoi lavori e dei progetti che ci attendono in libreria.

Uno specchio pensante come protagonista di un romanzo… Com’è nata un’idea così bella e originale?

L'idea è nata in maniera alquanto bizzarra! Un mattino di cinque anni fa stavo attendendo l'ascensore al mio piano per andare in ufficio. Era occupato e quand'arrivò al suo interno c'era il mio vicino di casa che non immaginava di trovare una persona in attesa. Quando si aprirono le porte egli si stava sistemando i capelli davanti allo specchio in maniera vanitosa. Confesso di aver sorriso mentre l'uomo imbarazzato usciva salutandomi a testa bassa e vergognoso. Una volta entrata nell'ascensore guardai lo specchio e dissi a bassa voce: "Chissà quante cose vedi e senti tu!" L'idea mi venne in quel momento anche se rimase nel cassetto per qualche anno perché ero impegnata con il precedente romanzo.

È stato difficile creare un’opera corale, ‘costringendo’ tutti i protagonisti ad essere osservati e analizzati da un oggetto?

Confesso di aver avuto non poche difficoltà nella stesura del romanzo, ma soprattutto nel creare una storia complessa con molti personaggi in un arco temporale di più di ottant'anni con cambiamenti politici e culturali non indifferenti e raccontata da un oggetto solo sul visto, sentito e percepito in un ambiente ristretto. Sono stata un paio di volte sul punto di "gettare la spugna". Quando ciò accadeva, mi fermavo per poi riprendere a scrivere nel momento in cui l'ispirazione tornava. La mia preoccupazione era di non riuscire a tenere l'attenzione del lettore alta proprio perché non c'erano descrizioni di ambienti esterni e la voce narrante era solo quella di uno specchio anche se in qualche modo personificato con la capacità di vedere, sentire, ma anche ragionare e fare piccole congetture.

Torino è parte integrante della struttura della storia. Cosa la lega particolarmente a questa città?

Torino è la mia città che amo e nella quale ho già ambientato una buona parte del mio precedente romanzo L'Eredità. Di conseguenza non potevo ubicare il palazzo in cui si trovava lo specchio in altro luogo!

Ci sono state sfide nuove nel comporre Lo Specchio rispetto alla sua opera precedente: L’Eredità?

Certamente! L'eredità è stato il mio primo romanzo da esordiente con tutte le difficoltà connesse a un autore che si affaccia per la prima volta in un mondo nuovo, quello degli scrittori, degli editori, della stampa, delle librerie (non come semplice lettrice), quindi la sfida più grande era stata quella di "farcela" a scrivere un libro e vederlo pubblicato. Tuttavia con Lo Specchio le sfide erano altre. Innanzitutto il fatto stesso di produrre un secondo romanzo, cosa non così scontata, molte persone scrivono un libro e lì termina la loro carriera letteraria. In secondo luogo c’era il rischio che il secondo romanzo piacesse meno del precedente al lettore, quindi la sfida primaria era proprio quella di renderlo particolare, originale ed ecco la scelta di far parlare un oggetto.

Possiamo già chiederle se sta lavorando a qualche progetto futuro?

Sì, ho in mente due progetti. Il primo è iniziato da tempo, ma non ho per ora tempo di portarlo a termine ed è una raccolta di storie per bambini. Il secondo è nuovamente un romanzo, in embrione al momento, per cui è ancora troppo presto per pronunciarmi…