Nemmeno il grande visionario George Orwell di 1984, nemmeno l’irrefrenabile e irrequieto Ray Bradbury di Fahrenheit 451, nemmeno il preveggente Jules Verne di Parigi del XX secolo, nemmeno il cupo e cinico Anatole France delle ultime pagine de L’isola dei pinguini, nemmeno il fantasioso Herbert George Wells di La macchina del tempo avrebbe potuto immaginare quello che sta accadendo.

E chissà quanti scrittori stanno già trincerati dietro i rispettivi computer a imbastire i loro racconti, sperando finalmente di sfondare con il best seller cui agognano da una vita. L’unico problema per chi va trasformando in narrazione quello che avviene nel mondo con questa pandemia è che al momento un finale, gioioso o tragico che sia, nemmeno i più esperti epidemiologi, nemmeno i più loquaci opinionisti e nemmeno i più spericolati e fantasiosi indovini riescono a intravedere.

Eppure ogni sera su tutte le reti televisive tutti i divi del talk show - giornalisti, politici, medici, sociologi, psicologici, economisti, scrittori, politologi, opinionisti, attori - stanno a parlarci e a dirci tutto quello che si può dire sul COVID-19 e ad azzardare previsioni tra loro contraddittorie. E ripetono alla fine, sempre le stesse cose. Sempre litigando, sempre ridendosi in faccia l’uno all’altro, quasi a dire con lo sguardo, ognuno di loro all’interlocutore di turno: “Che cretino, che sei!”. E girano come forsennati da un canale all’altro; strano che non abbiano pensato che, siccome tutto avviene on line, tramite tutte le diavolerie della rete, potrebbero intervenire contemporaneamente a diversi talk show, avendo cura solo di cambiare giacca o casacca nel corso dei break pubblicitari. Tanto si sa che nel cambiare giacca e casacca gli italiani, politici, opinionisti o divi che siano, sono diventati tutti velocissimi come lo strepitoso Brachetti.

E sproloquiano spesso con ragionamenti incomprensibili; e, come se non bastasse l’incomprensibilità nostrana, ci si mette quella di giornalisti stranieri dalla cadenza simpaticamente italo-americana che ricorda le famose caricature di Alberto Sordi.

Straordinario questo momento, nel quale si stampano numerosissimi quotidiani! Forse in nessun periodo ne sono stati pubblicanti tanti, che nessuno compra più, al punto che le edicole stanno chiudendo l’una dopo l’altra. Anche i quotidiani si contrappongono non solo nell’espressione di opinioni, il che sarebbe naturale, ma nel pretendere di essere ognuno il solo che dice, nel riportare notizie di cronaca, quella la verità che gli altri giornali tacciono o travisano. E tutti i giorni, implacabili, in televisione, le classifiche dei contagiati, dei guariti, dei positivi e dei deceduti, annunciate spesso con la stessa indifferenza cronachistica con la quale vengono date le previsioni del tempo, i risultati dei movimenti della borsa, e, ora che è ricominciato, i risultati del campionato di calcio.

Per fortuna che ci sono stati la rete, i computer, le videoconferenze, lo smart working, geniale rimedio per continuare a lavorare. La fase d’isolamento è al momento finita e la vita sociale sembra ricominciare pur con prevedibili difficoltà e incertezze.

Ma non è finita e forse non finirà mai la fase smart della nostra esistenza. La vita si è infilata in un computer e, peggio, in quella sottile scatoletta di plastica, che nata per consentirci di ricevere e fare telefonate in giro per il mondo, è diventata il mondo stesso. Tutto converge verso di lei tutto prende le mosse da lei.

La Parigi del XX secolo di Verne uscì nel 1863, La macchina del tempo di Wells nel 1895, L’isola dei pinguini di France nel 1908, 1984 di Orwell fu pubblicato nel 1949, Fahrenheit 451 di Bradbury nel 1953.

Cinque tragiche visioni del futuro in qualche modo accomunate dal terrore che il futuro possa cancellare qualunque forma di umanità e annientare il naturale rapporto fisico e spirituale tra uomo e uomo, sostituendolo con una forza esterna che governa, domina e tutto vede.

Ci siamo! Ormai si sa tutto di noi; si conoscono i nostri movimenti, le nostre amicizie, i nostri gusti; possiamo essere localizzati in qualunque posto e in qualunque momento; siamo seguiti, controllati, spiati, intercettati. E beffati. Appare veramente una beffa la decantata, protetta, coperta e barricata privacy: ultimo traguardo dell’ipocrisia dell’occidente di questo terzo millennio. E mentre andiamo sempre più incontro a un futuro di schiavitù collettiva nella rete, ci accapigliamo – politico contro politico, giornalista contro giornalista, opinionista contro opinionista, tutti contro tutti - non molto diversamente dai capponi portati da Renzo per pagare il famigerato avvocato Azzeccagarbugli. I capponi litigano e si beccano violentemente tra loro, ignorando che tra poco saranno cucinati e mangiati.