Il popolo degli eschimesi custodisce un’antica profezia: “Se un giorno il Grande Ghiaccio duro sarà così morbido che non potrai lasciare l’impronta della tua mano, sarà il segno che Madre Terra è in grande tumulto”. La calotta glaciale delle terre polari parla una lingua antica, così antica che nessuno conosce la sua età ed è grazie a Angaangaq Angakkorsuaq – sciamano, guaritore, cantastorie, portatore del Qilaut (tamburo a vento) e anziano dei groenlandesi Kalaallit – che la “voce” di queste terre supera ogni confine per esprimere la crisi ecologica che attraversa ogni continente.

Nel corso degli ultimi 3,8 miliardi di anni, l’avvicendarsi della vita sulla Terra è stato caratterizzato da imponenti fluttuazioni ove si sono estinte più del 50% delle specie animali. I paleontologi hanno rilevato cinque estinzioni di massa nel corso degli ultimi 500 milioni di anni (cioè dall’evoluzione delle piante e animali terrestri) compresa l’estinzione dei dinosauri risalente a 65 milioni di anni fa e le stime, basate sugli attuali tassi di estinzione espressi attraverso la deforestazione e la distruzione di alcuni habitat, indicano che la Terra si trova nel pieno della sesta estinzione di massa. Tuttavia, l’estinzione in corso è unica nel suo genere sia per la sua ampiezza sia per le sue cause: mentre le precedenti estinzioni sono state causate da fenomeni fisici naturali, quella in corso è, per la prima volta, connessa alle attività di una sola specie: l’Homo sapiens.

La situazione critica che minaccia la sopravvivenza della specie umana, ossia il tema della sostenibilità della vita sulla Terra, non è più solo una preoccupazione legata alla dimensione ambientale, ma si estende inevitabilmente ad altri contesti caratterizzati dalla sfida di costruire e nutrire società e comunità sostenibili. Il concetto che la Terra è un corpo di natura finita, non è certo nuovo, ma il concetto che, date le dimensioni finite del pianeta, esistono necessariamente dei limiti alla crescita umana, va contro la cultura dell’espansione dominante nel mondo. I successi delle rivoluzioni materiali hanno reso arrogante questa cultura, che è stata ed è quella di una civiltà di quantità che trascura la qualità, e che pur tuttavia ignora i limiti della reale capacità biologica del nostro pianeta e ne sfrutta in modo prodigo e capriccioso le risorse vitali, mentre utilizza insufficientemente le capacità umane.

Se durante l’evoluzione la Terra ha visto l’accrescersi dell’uomo, con lo sviluppo di esso il pianeta è stato come ricoperto da un tessuto di idee che, da un lato, hanno permesso all’uomo di compiere un enorme balzo evolutivo sul piano della conoscenza, ma al tempo stesso, se l’essere umano non si appropria coscientemente della natura, dissacrata nelle sue leggi da un uso sconsiderato, è inevitabilmente destinato a soccombere, travolto dalle idee di progresso e sviluppo infinito che caratterizzano la cultura dell’espansione dominante nel mondo.

È stato proprio il “dominio della Natura”, condotto al di là della conoscenza del sottile equilibrio che vincola l’uomo al suo ambiente, che ha causato il fenomeno della sovrappopolazione, la mancanza di “spazio respirabile”, la congestione della vita nelle grandi città, l’esaurimento delle risorse naturali, la decadenza dell’ambiente biologico, l’insorgere abnorme delle malattie “sociali” e dei disagi psicologici, alcuni dei quali appaiono difficilmente rimediabili. Di fronte a questo disastro, quasi cosmico, non si tratta soltanto di giustificarlo come il risultato fallimentare di un modello economico incapace di considerare la relazione Uomo-Natura in termini circolari piuttosto che lineari, ma risulta necessario comprendere che è in atto anche una “mistica” particolare: quando l’uomo rinuncia ad affrontare le vette dello spirito si estende nell’unico “spazio” che ancora gli rimane, quello della Natura, e nell’illusione di sopraffarla e sottometterla finisce per dimenticare la propria profonda identità con essa, sino ad annullare l’esistenza nel pericolo della sopravvivenza.

L’armonia del mondo e delle creature dipende dall’equilibrio che si instaura fra l’uomo e la sua dimensione evolutiva, rappresentata dalla consapevolezza cosmica del suo divenire che è poi la sua spiritualità. Nel cosmo stesso, infatti, è nascosta quella harmonia mundi secondo cui il microcosmo-uomo risponde a una logica analoga a quella del macrocosmo-universo, e solo una coscienza che sappia affrontare la “verticalità” di questa dimensione, può evocare quella trascendenza necessaria ad afferrare il significato di una natura mai esclusivamente “materiale” perché sempre piena di sacralità.

Una “verticalità” che Angaangaq Angakkorsuaq ha percorso raggiungendo la vetta della “montagna sacra” e, pur avendo avuto occasione di parlare ad un pubblico di 350 mila persone, come egli stesso racconta, “non era nulla in confronto a salire la montagna e parlare per 24 ore di me all’Uno Grande. Parlare di me, di tutto ciò che ero stato e avevo fatto. È stato come dare alla luce il buio della notte che in Groenlandia dura la metà dell’anno”.

Era da 200 anni che nel suo Paese non veniva più istruito uno sciamano. Nel corso di due secoli, la tradizione originaria dello sciamanesimo di Kalaallit Nunaat (nome nativo della Groenlandia) si è tramandata silente, senza mai prendere forma e luce in un uomo. Finché sua nonna non ha iniziato a dire: “Angaangaq ce l'ha”, e lui non capiva che cosa. E Angaangaq, che significa “colui che assomiglia a suo zio”, non voleva saperne di essere “diverso dagli altri”. Ha faticato ad accogliere questa responsabilità. Ha vissuto fino a 12 anni in un villaggio di 17 abitanti con la nonna che lo ha cresciuto e istruito all’arte sciamanica, proseguendo poi la formazione con la madre.

Finché agli inizi degli anni ’70, ricevette dagli anziani del suo popolo l’incarico di portare nel mondo il messaggio che i ghiacci si stavano sciogliendo. Fu infatti nel 1963 che due cacciatori notarono per la prima volta un rivolo d'acqua che scendeva dalla calotta polare – in pieno inverno a meno 60 gradi! Dopo decine di anni, il rivolo è divenuto un enorme fiume comportando la progressiva riduzione dello spessore della calotta polare. Fu così che Angaangaq iniziò a viaggiare incessantemente in tutto il mondo, è stato in oltre 70 Paesi, ha incontrato Papa Giovanni Paolo II, Nelson Mandela, Mikhail Gorbaciov, il Dalai Lama, Al Gore, ha parlato più volte alle Nazioni Unite a nome del popolo artico ed in molti altri congressi per rendere consapevoli le persone che il cambiamento in atto avrebbe avuto delle conseguenze drammatiche per tutto il pianeta.

Pur viaggiando e parlando davanti a molte persone si rese conto che nessuno lo ascoltava veramente. Riceveva applausi e complimenti, ma nessuno voleva capire davvero, nessuno era pronto ad attuare un cambiamento reale. Questo era chiaramente molto frustrante per lui e un giorno si sfogò con sua madre chiedendole un consiglio su come arrivare alle persone e lei rispose: “Figlio, devi sciogliere il ghiaccio nei cuori degli uomini, perché solo sciogliendo il ghiaccio nel suo cuore, l’uomo avrà la possibilità di cambiare e di iniziare ad usare la sua grande conoscenza con saggezza”. Con questa missione nel cuore, dal 2004 Angaangaq divenne sciamano lavorando direttamente con le persone allo scopo di contribuire ad un cambiamento spirituale.

Come possiamo cambiare? Nel libro Sciogliete il ghiaccio nei vostri cuori Angaangaq ci invita a cominciare con un sorriso, “la bellezza di un sorriso fa sciogliere – senza dire una parola – il ghiaccio nel tuo cuore”, ci invita a scendere nelle nostre profondità alla scoperta della nostra essenza nascosta, ci invita ad aprire gli occhi su noi stessi divenendo consapevoli delle conseguenze delle nostre azioni e ci ricorda che “la vita in sè è una cerimonia degna di essere celebrata […] senza cerimonie esisti solamente: dormi, ti alzi, mangi, lavori, guardi la televisione, vai a letto”. Come diceva sempre Aanakasaa (la nonna di Angaangaq) “la mia via non è l’unica!”, poche e semplici parole per ricordarci una profonda verità, per ricordarci che non siamo chiamati a percorrere tutte le vie, ma quell’unica via che esiste in noi, non dobbiamo inventarla, quanto piuttosto trovarla!

Bibliografia

Angaangaq A., (2012). Sciogliete il ghiaccio nei vostri cuori. Come possiamo cambiare il mondo con un cuore libero. Reggio Emilia, Verdechiaro.
Angaangaq A., Babel A., (2017). La saggezza dello sciamano. 21 cerimonie per la vita di tutti i giorni. Firenze: Terra Nuova.
Angaangaq A., (2012). “Il senso degli eschimesi per l’acqua. Fare della propria vita una cerimonia” in Water for Unity. Agire sulla memoria dell’acqua per cambiare il mondo. Giaveno: Amrita.
Angaangaq A. e altri capi indigeni. Bridgewalkers. Documentario vincitore del Cosmic Angel Awards 2014 – Audience Choice. Kara Rhodes - One River Productions, USA, 2014.
Angaangaq A. mentore del progetto Stella Polaris Ulloriarsuaq.
Bracci A., (2021). La Rete della Vita. Intervista a Angaangaq Angakkorsuaq.
Müller A., (2016). “Angaangaq Angakkorsuaq” pubblicato nella rivista Il Polo.
Tesolin M.S., (2016). “Angaangaq, lo sciamano che scioglie il ghiaccio nei cuori” pubblicato nella rivista Il Polo.