Chi mi legge oramai saprà che i miei pomeriggi di adolescente ragazzina non erano dei più comuni, con mia mamma andavamo in giro per cenciai, ville diroccate, assistevamo anziane signore ricche di storie da raccontare e stavamo di frequente in compagnia di una piacevolissima signora antiquaria un po' più grande di età di mia mamma, ma con una personalità forte e bizzarra, in parte espressa ma certamente molto di ciò che era è rimasto dentro di lei e con lei è andato sepolto.

Occhi sempre sorridenti, con una luce dentro come la brace nel caldano, contornati dalla matita azzurra e nera passata e ripassata più volte a creare un pastrocchio che li rendeva ancora più simpatici. Capelli lisci ed a volte gialli oppure platino che si tingeva da sola con chissà quali colori che mischiava “ad occhio” e che erano quindi sempre differenti. Il suo lavoro era fare l'antiquaria, ed aveva sia il negozio che la casa stivata di credenze, madie, armadi, statue, tavoli e sacrestie di alta epoca, potevi trovare oggetti medievali, fino ad arrivare a quelli del 1600, le epoche successive a suo parere, non erano degne di essere considerate “antiquariato”. Tutto era “pulimentato” da lei stessa, con il tampone bagnato con olio paglierino perchè non appiccicasse al legno e la gommalacca (una resina a scaglie che deriva dalle secrezioni di un insetto che si trova in Thailandia dell'ordine degli emitteri Kerria lacca che scioglieva nello spirito). Questo trattamento era riservato agli oggetti più eleganti perchè conferiva un effetto translucido, mentre per quelli più rustici o più antichi il trattamento di finitura era con la cera d'api sciolta a bagnomaria in un pentolino, con qualche goccia di essenza di trementina ed un profumo di miele e resina di pino che ancora mi inebria la corteccia piriforme degli odori come se arrivassero nuovi.

La casa ed il negozio erano pregni di questi profumi, tutti di essenze di derivazione naturale, tutti miscelati e sciolti in pentolini, vasi e barattoli, era come essere nel laboratorio di Mago Merlino. Difatti ci teneva a raccontarci delle sue origini e della cultura esoterica che costituiva il suo bagaglio caratterizzante, del quale era fiera. Era nata a Gallicano, il borgo che segna il confine tra la Garfagnana vera e la mediavalle del Serchio, il “Castrum Gallicani”, citato anche nella Bolla d’Oro di Carlo V è di origini antiche e da sempre è stato luogo strategico conteso dai vari poteri politici della storia. Nella sua storia che pare tragga origini dalla popolazione dei Liguri-Friniati, sovrani di questi boschi dal 193 a.C. strenui combattenti per il mantenimento dei loro presidi, i quali erano usi appendere le teste dei loro nemici a monito della loro forza e resistenza, si evidenzia importante e radicata la tradizione che questi luoghi siano magici e misteriosi. Il Monte Palodina, che dall’alto dei suoi 1171 metri divide le Valli della Turrite Cava e della Turrite di Gallicano, vero terrazzo naturale sulla Valle del Serchio, è il luogo dal quale parte questa tradizione.

Ricordo che la nostra amica ci raccontava che spesso se andavi a cercare funghi o erbe sul monte potevi incontrare creature strane come degli ometti alti 60 centimetri più o meno che lavoravano in gruppi, ma che scappavano via paurosi se erano visti. Lei stessa era una creatura speciale, era una strega ma non nel senso demoniaco e malvagio come si può erroneamente pensare, bensì una persona capace di curare con miscele di erbe da lei raccolte e trattate, o di cacciare via il malocchio con pacchettini da non aprire assolutamente, pena la non riuscita della loro funzione, contenenti elementi della natura con proprietà apotropaiche. Viveva sola, non si era mai sposata, né accompagnata, solo un gatto, Luigi.

Il pomeriggio quando mamma diceva “andiamo a trovarla”, non sapevo se essere contenta o sgomenta, mi piaceva andare a casa sua, mentre loro parlavano io viaggiavo per le stanze piene di oggetti antichi e profumati di miele di quel miele ceroso che aveva ormai impregnato tutto, osservavo la quantità di bellissime cose che lei puntualmente andava a comprare in quella Garfagnana che le aveva dato i natali e molto di più, un legame che non ha mai interrotto fino alla fine.

Era impossibile a casa sua sedersi da qualche parte, perché anche le sedie erano piene di cose, tanto che per farci accomodare ne liberava un paio senza sapere bene dove mettere quello che aveva tolto da sopra. Il caos era totale, l'acquaio era pieno di tutto, il lavandino del bagno pure e dovunque trovavano posto quei barattoli e vasi pieni di miscele che andavano dal giallo al marrone nelle sue mille tonalità, lei sempre elegante però, abiti belli e raffinati, generosa e buona, ci siamo volute bene io, mamma e la nostra amica strega, l'ultima strega della Garfagnana come lei aveva piacere di definirsi.