Il mese di gennaio è deputato al ricordo della Shoah, aiutato dalla decisione di decretare la Giornata della Memoria il 27 del mese. È risaputo che quel giorno del 1945, infatti, le truppe dell’Armata Rossa entrarono ad Auschwitz e rivelarono al mondo che i sospetti sullo sterminio di massa degli ebrei, e di altri indesiderati dell’ideologia nazista, erano purtroppo un’atroce verità.

Tuttavia il 20 gennaio 1942 avvenne anche la riunione conosciuta come del Wannsee.

Tra l’incontro serale del 25 ottobre 1941 e la riunione del 20 gennaio 1942 a Wannsee, Himmler e Heydrich tramutarono lo sterminio lento, perpetuato con massacri e deportazioni locali, in un progetto ben più organizzato e dinamico, che avrebbe portato all’eliminazione fisica, definitiva, degli ebrei dall’Europa.

Le espressioni di Hitler in merito diventavano sempre più violente. “Noi possiamo vivere senza gli ebrei. Loro non sarebbero capaci di vivere senza di noi”. L’utilizzo del presente sembra far formulare al Führer, per il suo uso abituale di allusioni, richiami, metafore, toni esaltati ed esaltanti, la decisione ormai definitiva di chiudere la partita. Se non ci fossero più stati gli ebrei, gli europei si sarebbero uniti, sarebbero diventati solidali tra di loro.

Il totalitarismo nazista si prestava ad accelerare la Storia, perché questa si realizzasse e si compisse.

Il 9 novembre 1941, con il fallimento della distruzione immediata dell’Unione Sovietica e il sentore che gli Stati Uniti sarebbero presto entrati in guerra, sembrava giunto il momento per compiere il passo verso il progetto di “soluzione finale” del popolo ebraico. Bisognava cioè passare dallo zelo con il quale migliaia di persone lavoravano per interpretare il pensiero del loro Führer, ma in modo improvvisato, per quanto da fuori sembrasse tutto molto organizzato, ad un ordine chiaro e definitivo. Bisognava accelerare la liberazione del territorio europeo dagli ebrei, per garantire la salvezza di tutti.

Fu proprio Heydrich a spedire l’invito per una riunione di pianificazione della “soluzione finale della questione ebraica” ai direttori generali dei diversi Ministeri.

La riunione era prevista per il 9 dicembre, ma il giorno prima fu annullata. Il 7 dicembre 1941 era avvenuto l’attacco alla flotta americana da parte dell’alleato Giappone a Pearl Harbor, anche se probabilmente il rinvio tedesco della riunione era indipendente dalla novità.

Il 20 gennaio 1942, a Berlino, Am Großen Wannsee nn. 56-58, erano presenti delegati e funzionari ministeriali, il capo della Gestapo Heinrich Müller, membri delle SS, Adolf Eichmann, collaboratore di Heydrich.

Per evitare le resistenze, si parlò di deportazione, in modo che la conferenza servisse a fare accettare al personale statale il genocidio e l’autorità delle SS sull’operazione. Il “verbale” della riunione venne redatto da Adolf Eichmann seguendo le istruzioni di Reinhard Heydrich.

La relazione spiegava che gli ebrei dovevano essere inviati nei territori dell’Est per lavorare, costruire strade, ad esempio, divisi per sesso, “operazione durante la quale senza dubbio una gran parte di loro soccomberà per riduzione naturale”, veniva verbalizzato.

L’attività non doveva essere vista come negativa: infatti, a chi fosse sopravvissuto sarebbe stato garantito adeguato trattamento, perché si sarebbe trattato dell’esito di una rigorosa selezione naturale. Pertanto, sarebbero rimasti solo i più forti e meglio adattati all’ambiente, come recitavano le più autorevoli ricerche scientifiche, “la cellula germinale di una nuova rinascita ebraica”.

Seguiva il programma delle evacuazioni o degli internamenti nei campi d’internamento, come Theresienstadt, compresa l’Italia dove Heydrich riteneva opportuno mettersi in contatto con il Capo della Polizia.

I partecipanti alla riunione si espressero e ne seguì uno scambio di opinioni, a dire che la riunione a Wannsee non fu soltanto un mero ascolto di un relatore. Heydrich invierà una lettera nel febbraio 1942, allegata al verbale della conferenza di Wannsee, al sottosegretario di Stato agli Affari Esteri Martin Luther, invitandolo a partecipare ad una seconda riunione di “addetti alla questione ebraica” prevista per il 6 marzo successivo, riunione necessaria per discutere tutti i vari casi per l’applicazione delle decisioni di Wannsee.

È indubbio, comunque, che quella di ottant’anni fa non era una riunione di inizio, quanto di conclusione di esperimenti e di decisioni prese nei mesi precedenti.