L’Azerbaigian, cerniera tra l’Europa e l’Asia e key player del mercato energetico internazionale, è un partner strategico dell’Italia. Abbiamo incontrato l’ambasciatore in Italia, Mammad Ahmadzada, che ci ha raccontato, a 25 anni dall'inizio, lo stato delle relazioni italo-azerbaigiane e le strategie di sviluppo del Paese.

Signor Ambasciatore, quest’anno cade il 25° anniversario delle relazioni diplomatiche tra l’Italia e l’Azerbaigian, di cui si è parlato anche il 18 ottobre a Roma presso il Senato della Repubblica. Qual è lo stato di salute di queste relazioni e cosa possono fare questi due Paesi, nei rispettivi ruoli geopolitici?

La ringrazio per questa sua domanda perché mi permette subito di evidenziare che il 25° anniversario dall’instaurazione delle relazioni diplomatiche tra i nostri due stati ha messo in luce uno stato di salute ottimo. Le nostre relazioni sono arrivate a un livello di partenariato strategico grazie all’adozione della Dichiarazione Congiunta sul Partenariato Strategico del 2014, durante la visita in Italia del Presidente Ilham Aliyev. La Dichiarazione spazia in ogni ambito della nostra cooperazione, e sono proprio questi i settori, dal politico, all’economico, al culturale e alle numerose visite bilaterali, in cui condividiamo un’ampia agenda e che stanno dando risultati eccellenti. Le iniziative organizzate nel corso di quest’anno per ricordare l’anniversario hanno riscontrato un grande interesse e siamo lieti di questo, perché sicuramente hanno permesso di fare il punto su quanto già è stato fatto e di tracciare le linee di ciò che realizzeremo nel prossimo futuro. Il potenziale delle nostre relazioni è immenso, gli importanti progetti realizzati in comune dai nostri paesi non solo arricchiscono la nostra agenda bilaterale, ma anche contribuiscono alla collaborazione e connettività tra le regioni a cui apparteniamo.

Lei viene da un Paese tra i più importanti al mondo per la produzione di petrolio e gas ed è stato in Italia da studente presso la Scuola Superiore Enrico Mattei dove ha potuto approfondire vari temi, non solo legati all’energia. Cosa ne pensa del ‘’terzomondismo’’ di Enrico Mattei che si è tanto battuto per i diritti "energetici" dei paesi produttori, come l’Algeria, la Tunisia e l’Iran nonché la Russia, andandosi a scontrare con le sette ‘’sorelle’’, ovvero le compagnie che all’epoca avevano il monopolio dell’estrazione e della vendita dei prodotti petroliferi?

Enrico Mattei è una delle figure più stimate e illuminanti nella storia contemporanea italiana, e ha avuto un ruolo significativo nell’industria italiana. L’attività di Mattei si è concentrata inoltre sul coinvolgimento di più attori del settore energetico, il che è fondamentale per assicurare stabilità. Su questa strada si colloca anche l’azione dell’Azerbaigian dal punto di vista energetico. Il mio Paese, dai primi anni della sua indipendenza, coinvolgendo compagnie provenienti da vari paesi e con la firma di numerosi accordi per l’estrazione dai suoi giacimenti di petrolio e gas, ha cercato di sviluppare il suo proprio settore energetico, così come promuovere la collaborazione regionale ed internazionale. La strategia energetica del mio paese si è volta inoltre ad aprire nuovi percorsi per l’esportazione degli idrocarburi dal Mar Caspio verso mercati internazionali tramite una rete di oleodotti e gasdotti, che a loro volta hanno rafforzato anche l’indipendenza di nuovi paesi produttori di idrocarburi e di quelli di transito. Tutto il lavoro svolto ha portato l’Azerbaigian a divenire uno degli attori importanti nella sicurezza energetica mondiale.

Ancora a proposito di energia, qual è il ruolo che potrebbe avere il progetto del Corridoio Meridionale del Gas, e Tap in particolare, nella sicurezza energetica europea?

Il Corridoio Meridionale del Gas, che inizia dal giacimento di gas Shah Deniz dell’Azerbaigian nel Mar Caspio, e attraversa Georgia, Turchia, Grecia e Albania, fino all’Italia, con l’ultimo tratto che è appunto il TAP – Trans Adriatic Pipeline, è un’opera da 40 miliardi di dollari, considerato uno dei più grandi progetti infrastrutturali in Europa. Questo corridoio è importante, perché cambierà la mappa energetica del continente europeo e arriverà a soddisfare fino al 20% della domanda di gas dell’UE, garantendo diversificazione energetica sia delle rotte che delle fonti, ma in particolare anche per l’Italia, perché renderà la penisola un hub energetico. L'Azerbaigian dà il suo contributo al Corridoio Meridionale del Gas sia come fornitore del gas, sia come investitore attivo. Le nostre riserve sono ampie e hanno il potenziale per durare nei decenni a venire. Il più grande mercato per noi è l'Europa, che avrà un sempre maggiore bisogno di gas. Al momento, tutte le altre fonti che riforniscono l'Europa di gas sono in uso. L'Azerbaigian è l’unica nuova fonte di gas per l’Europa situata nelle vicinanze. Oggi l’Azerbaigian è uno dei principali fornitori di greggio per vari paesi dell’UE, inclusa l’Italia, e il Corridoio Meridionale del Gas rafforzerà ancora di più la nostra collaborazione in campo energetico.

Alla luce di quanto successo con la Brexit e la politica di allargamento dell’Unione Europea, come vede i rapporti Ue e Azerbaigian?

La partnership con l’UE è una delle priorità della nostra politica estera. Facendo un breve excursus storico ricordo che la base giuridica delle relazioni Azerbaigian-UE è l’accordo di partenariato e cooperazione del 1996, entrato in vigore nel 1999. Attualmente è in corso di negoziato un nuovo accordo di parteneriato tra l’Azerbaigian e l’EU, la cui firma aprirà nuovi orizzonti nei rapporti bilaterali. L’Azerbaigian ha adottato dichiarazioni di partenariato strategico con nove Stati membri dell’UE, inclusa l’Italia. L’UE è il principale investitore in Azerbaigian, con una cifra di circa 20 miliardi di dollari investiti nell’economia azerbaigiana dall’indipendenza, ed è il principale partner commerciale dell’Azerbaigian, rappresentando il 34,9% del commercio dell’Azerbaigian nel 2016, e ha una quota del 43,2% delle esportazioni e del 26% delle importazioni.

L’ultimo Vertice del Partenariato Orientale dell'Unione Europea, al quale ha partecipato il Presidente Ilham Aliyev, è di importanza storica per noi e rappresenta l'inizio di un nuovo cammino nei nostri legami con l’UE. Soprattutto la riflessione nella Dichiarazione congiunta, adottata alla fine del Vertice, su questioni considerate fondamentali dall’Azerbaigian, costituisce base per un'ulteriore espansione della cooperazione. La Dichiarazione congiunta riflette il sostegno all’integrità territoriale, l’indipendenza e la sovranità di tutti gli Stati del Partenariato orientale, sottolineando che tutti i conflitti che si verificano nei territori dei paesi del Partenariato orientale si devono risolvere in base alle norme e ai principi del diritto internazionale. Fa inoltre riferimento alla Strategia globale per la politica estera e la sicurezza dell’Unione Europea, in cui l’integrità territoriale degli Stati membri dell’Unione Europea e dei suoi Stati limitrofi è indicata all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti.

Nel contesto delle relazioni bilaterali, la Dichiarazione evidenzia l’interesse dell'Unione Europea a sviluppare relazioni con l'Azerbaigian in tutti i settori, e vi è un sostegno inequivocabile alle questioni relative alla facilitazione dei visti, all'uso dello spazio aereo comune e ai principali progetti economici, compresi quelli relativi all'energia e ai trasporti, attuati per iniziativa e coinvolgimento dell'Azerbaigian, incluso il Corridoio Meridionale del Gas.

Tra poco più di due mesi, a febbraio sono 26 anni del massacro di Khojaly, che rappresenta uno dei momenti più drammatici del conflitto tra l’Armenia e l’Azerbaigian del Nagorno Karabakh. Ci può raccontare le origini del conflitto e perché l’Armenia non rispetta né i trattati internazionali né le varie risoluzioni dell’Onu e dell’Europa?

Il conflitto del Nagorno Karabakh ha origine da una rivendicazione territoriale dell’Armenia contro l’Azerbaigian. Con la dissoluzione dell’URSS, le forze armate dell’Armenia hanno occupato il 20% del nostro territorio, che comprende non solo il Nagorno Karabakh ma anche i sette distretti adiacenti. Questo ha causato distruzione del nostro territorio, del nostro patrimonio culturale-storico, morti e oltre 1 milione di profughi interni e rifugiati azerbaigiani, a cui è impedito di tornare alle proprie terre. Il genocidio di Khojaly rappresenta il momento più drammatico del conflitto, quando, nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 1992, le truppe armate dell’Armenia provocarono un vero bagno di sangue nella cittadina dell’Azerbaigian contro la popolazione civile azerbaigiana e uccisero oltre 613 persone, per la maggioranza donne, bambini e anziani. Ma è giusto da parte sua chiedere perché l’Armenia non rispetti i molti documenti internazionali che richiedono il ritiro immediato, completo e incondizionato delle truppe militari dell’Armenia dai territori occupati dell’Azerbaigian, tra cui ben 4 risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: lo scopo di Erevan è mantenere lo status quo e imporre il fait accompli.

Voglio ribadire che l’Azerbaigian non si riconcilierà mai con questa situazione e farà tutto il possibile per ripristinare la sua sovranità sui territori sotto occupazione. Nonostante tutte le provocazioni fallite da parte dell’Armenia, e nonostante l’Azerbaigian abbia i suoi territori occupati da oltre 20 anni e possieda la capacità militare per liberare le sue terre, siamo impegnati in una soluzione pacifica di questo conflitto, senza la cui soluzione non si può garantire stabilità, pace duratura, sviluppo e collaborazione totale nella regione. L’Armenia deve comprendere il danno al proprio stato causato dalla sua politica di aggressione militare, da cui deriva un paese tagliato fuori da tutti i progetti regionali, provocando a se stesso povertà e spopolamento. Una presa di posizione ferma della comunità internazionale è fondamentale per costringere l’Armenia alla pace. Ci aspettiamo che la presidenza italiana dell’OSCE, nel prossimo anno, contribuisca alla soluzione del conflitto attraverso il cambiamento dello status quo, che passa innanzi tutto dal ritiro delle forze armate dell’Armenia dai territori dell’Azerbaigian sotto occupazione militare.

Torniamo a parlare di economia e non solo. Lei, in un recente intervento ha detto che le risorse energetiche dell’Azerbaigian sono preziose per l’Ue ma che il suo paese ha molto altro da offrire. Ci può illustrare cosa può dare l’Azerbaigian all’Europa anche in termini geopolitici? La Via della Seta per esempio?

Innanzi tutto è interessante evidenziare che oggi il settore non petrolifero copre circa il 65% della nostra economia, e molto viene fatto per la diversificazione economica. Ne deriva che ci sono ampie opportunità di collaborazione nei settori non oil. Inoltre, la posizione geostrategica dell’Azerbaigian, il suo ruolo di cerniera tra Europa e Asia, ne accrescono l’importanza per l’Europa anche in termini geopolitici. La sempre maggiore richiesta di nuove rotte di trasporto permette infatti al Paese di fare da ponte per il trasporto di beni e servizi tra Est e Ovest e tra Nord e Sud. Ciò avviene attraverso una rete stradale che dal 2004 ad oggi ha visto la costruzione di 11.000 km, una ferrovia in continuo sviluppo – il 30 ottobre è stata inaugurata la Baku-Tbilisi-Kars, il trasporto marittimo che ha nel Porto Commerciale Internazionale di Baku - ancora in evoluzione - un punto di smistamento fondamentale. Tutto ciò assicurerà un servizio di trasporto diretto, continuo ed affidabile, e rafforzerà il commercio internazionale. Si può sicuramente parlare di una Nuova Via della Seta multivettoriale di cui l’Azerbaigian è un anello fondamentale.

Non solo economia, però. È importante ricordare i valori e le tradizioni che condividiamo con l’Europa e che ci rendono di reciproco interesse l’uno per l’altro. In Azerbaigian c’è una presenza molto forte del patrimonio culturale europeo. Ciò si riflette anche nel fatto che, per la prima volta nel mondo musulmano, proprio in Azerbaigian furono istituiti teatro, opera e balletto, fu fondata una repubblica democratica, fu dato alle donne il diritto di voto prima della maggior parte dei Paesi europei. Il modello multiculurale dell’Azerbaigian è un valore che rende il mio Paese molto interessante per l’Europa. È un modello che dovrebbe essere maggiormente al centro di studi e approfondimenti, anche per comprenderne a fondo gli aspetti da poter esportare in luoghi problematici e contribuire a incoraggiare il dialogo interculturale in tutto il mondo.

Il carattere dell’Azerbaigian quindi, in quanto paese laico a maggioranza musulmana, aperto al multiculturalismo e alla multireligiosità, è molto apprezzato. Come può aiutare questa ‘’ostpolitik’’ azera il dialogo di pace dentro il mondo musulmano e con le altre religioni monoteiste?

La natura multiculturale dell’Azerbaigian e l’attitudine al dialogo dentro il mondo musulmano e tra religioni diverse è il principale punto di forza del mio Paese. Questo si esprime anche nella politica estera del paese. L'Azerbaigian, parte importante del mondo musulmano, è conosciuto come uno dei luoghi più importanti nella creazione e conservazione del patrimonio culturale islamico. Il mio paese fa del suo meglio per contribuire alla risoluzione dei conflitti esistenti nel mondo musulmano e protegge in modo inequivocabile il diritto internazionale nel dibattito sulla risoluzione giusta dei problemi. Svolgiamo un lavoro coerente per rafforzare l'unità nel mondo musulmano, per mostrare al mondo che l'Islam è una religione di pace e di cultura e per diffondere i valori islamici in tutto il mondo. Siamo stati attivi nell'organizzazione della sezione islamica del famoso Museo del Louvre e siamo stati il primo paese musulmano ad esporre una mostra in Vaticano. La nostra capitale Baku è stata dichiarata capitale della cultura islamica con il sostegno dell’ISESCO nel 2009, e per il 2018 di questo ruolo è stata insignita Nakhchivan, altra antica città dell’Azerbaigian. Il 2017 è stato dichiarato l'Anno della Solidarietà Islamica nel nostro paese e Baku ha ospitato i IV Giochi della Solidarietà Islamica. Questi passi intrapresi dal mio paese sono importanti iniziative per l'unità e la solidarietà del mondo islamico, così come messaggi di buona volontà sia al mondo musulmano che a tutto il mondo intero.

L'Azerbaigian offre anche al mondo un modello progressista di multiculturalismo. Non c'è mai stata alcuna discriminazione religiosa o etnica nel nostro paese, i rappresentanti di tutte le religioni hanno vissuto in pace e comprensione reciproca. Questo è il nostro stile di vita, il modo più ottimistico per andare avanti. Prendiamo anche misure pratiche per promuovere il dialogo interculturale nel mondo. Il 2016 è stato dichiarato l'anno del multiculturalismo in Azerbaigian. Quell'anno si è svolto a Baku il 7° Forum Globale dell’Alleanza delle Civiltà. Inoltre, la città di Baku, che ospita ogni anno il Forum di Dialogo Interculturale, il Forum Umanitario Internazionale e altri importanti eventi internazionali, ha ottentuo il titolo di "Davos umanitaria". Nel 2008, a Baku si è tenuto un incontro dei ministri della cultura degli stati membri del Consiglio d'Europa e rappresentanti degli stati membri dell'Organizzazione della Cooperazione Islamica sono stati invitati a questo evento. I ministri del Consiglio d'Europa sono stati invitati anche alla riunione dei ministri degli stati membri dell'Organizzazione della Cooperazione Islamica a Baku nel 2009. Questo è diventato un evento molto importante sulla scena mondiale ed è entrato nella storia come il "Processo di Baku" di dialogo tra civiltà. Lo svolgimento a Baku dei Primi Giochi Europei nel 2015 e i IV Giochi di Solidarietà Islamica quest'anno rappresenta un significato simbolico e dimostra che l'Azerbaigian è diventato uno spazio di dialogo, un ponte economico e culturale tra civiltà e religioni.

Inoltre, uno degli obiettivi del mio paese è trasferire l’oro nero nel capitale umano, per cui l’Azerbaigian investe molto nell’istruzione delle giovani generazioni, e la cultura che è uno dei primi strumenti per combattere gli oscurantismi. Nel presentare la candidatura della città di Baku ad ospitare EXPO 2025 la nostra intenzione è anche ottenere questa finalità, e non è casuale che il tema da noi scelto per questa manifestazione sia "Sviluppare il capitale umano, costruire un futuro migliore". Negli ultimi anni siamo diventati sede di numerosi prestigiosi eventi internazionali, ed è sicuro che se vincessimo Baku organizzerebbe l’EXPO secondo standard di altissimo livello e nel modo migliore possibile.

Ai nostri giorni, come è cambiata, secondo lei, la figura del diplomatico?

Attualmente il lavoro di un diplomatico, al di là delle attività ufficiali abituali quotidiane, si avvale di nuovi elementi e strumenti. È accresciuto il ruolo della diplomazia pubblica, dei mass media, di internet, dei social e della diplomazia digitale. Per riuscire a coinvolgere l’altro e a rapportarci con l’opinione pubblica bisogna considerare tutti gli interlocutori tramite l’organizzazione anche di eventi ed iniziative che a loro volta aiutino a far conoscere i paesi e le rispettive culture e ad avvicinare i popoli. Non è quindi più sufficiente solo il lavoro ufficiale tradizionale. È una sfida da vincere, ma di grande interesse ed entusiasmo.

In conclusione, volendo fotografare una realtà come l’Azerbaigian, come descrive il suo paese nel 2018?

L’Azerbaigian negli anni dell’indipendenza ha raggiunto risultati importanti nella sfera politica, economica e sociale, divenendo un attivo membro della comunità internazionale, il che gli ha garantito anche prestigio come partner affidabile. Nell’anno 2018 il Paese rafforzerà ulteriormente tutti i risultati ottenuti, consolidando ancora di più la sua posizione chiave come cerniera tra Europa ed Asia e come ponte tra varie culture e civiltà. Sono convinto anche che l’amicizia tra i nostri paesi si rafforzerà ancora di più nell’anno a venire e colgo questa occasione per inviare a tutti gli amici italiani i miei migliori auguri di Buon Natale, e ai nostri popoli speranza di un Nuovo Anno 2018 pieno di gioia e felicità.