La più antica forma di mercato finanziario è rintracciabile già in epoca romana. Il Foro, infatti, a partire dal II secolo a.C., divenne il centro delle speculazioni di banchieri, mercanti e uomini d’affari che si riunivano in sontuosi edifici, denominati basiliche, piazze pubbliche coperte dedicate alla circolazione delle notizie finanziarie, alla determinazione dei tassi di interesse, alla costituzione delle società e alla trattazione degli scambi commerciali di ogni genere. In particolare, la basilica Emilia, ubicata sul lato orientale del Foro romano, affacciata sulla Via Sacra, ospitava le botteghe dei banchieri (argentarii), rivolte verso il tempio di Giano, divinità romana protettrice delle soglie, la cui effige ornava le prime monete romane in bronzo.

Secondo alcuni studiosi, la fondazione della Borsa, intesa come luogo dove si negoziano i valori mobiliari, risalirebbe al Collegium Mercatorum attestato a Roma fin dal V secolo a.C. Il termine latino “collegium”, tuttavia, non indica un edificio sede dei traffici commerciali ma piuttosto un’associazione corporativa che, nel caso dei mercanti, operava sotto la protezione di Mercurio, dio del commercio, il cui tempio era pertanto sede dei sacrifici offerti in devozione.

Il primo esempio documentato di mercato finanziario in Roma è invece rinvenibile nel tempio dei Dioscuri (o tempio dei Càstori), santuario risalente al V secolo a.C. e oggi presente nel Foro romano con i resti della ricostruzione effettuata nel 6 d.C. da Tiberio. Il tempio, a partire dal II secolo a.C., venne utilizzato non tanto come luogo religioso ma prevalentemente con funzioni di edificio pubblico, collegate alla vita politica, quali le riunioni del Senato, e alla vita economica.

Sotto quest’ultimo aspetto, nel podio aperto del tempio si trovavano l’ufficio pesi e misure ufficiali, i negozi dei banchieri, e si svolgevano le contrattazioni relative agli appalti amministrativi (quali esazione tributi, edilizia pubblica, approvvigionamento esercito) messi all’asta tra le compagnie romane organizzate in società di “pubblicani” (societas publicanorum) che gestivano, appunto, i “publica”, gli affari finanziari e le attività economiche dello Stato. Le quote di partecipazione (partes) in tali aziende avevano un valore di mercato e anch’esse venivano compravendute in questo luogo che, pertanto, può essere considerato il primo mercato “azionario” della storia mondiale. La società di pubblicani furono, pertanto, le prime società del mondo ad azionariato diffuso su larga scala, assimilabili alle moderne società per azioni.

L’abitudine dei banchieri e mercanti di incontrarsi in alcuni luoghi (Borse) per acquistare o vendere merci, titoli, e fissare i cambi, già in uso nell’antica Roma, proseguì in epoca medievale – con le Fiere stagionali - e durante la successiva età del mercantilismo (XVI-XVIII sec. d.C.). Nel Quattrocento, per esempio, a Venezia tali riunioni avvenivano sul ponte di Rialto, a Firenze nella loggia del Mercato Nuovo, a Londra all’angolo tra Lombard Street e Cornhill.

Nella città belga di Bruges, nel corso del XV secolo d.C., i numerosi mercanti presenti sulla piazza erano soliti radunarsi davanti al palazzo dei Van der Burse, una famiglia di banchieri, e sembra che da tale circostanza sia scaturito il termine Borsa, attribuito poi al mercato delle merci e al mercato dei valori mobiliari. Secondo alcuni studiosi, il vocabolo Borsa deriverebbe invece dal cognome di una famiglia di ricchi mercanti veneziani, i Della Borsa (in fiammingo Van der Burse), che offrivano il loro palazzo e la piazza antistante – denominata in francese Bourse - ai commercianti che si riunivano per fare affari. La sede dei Van der Burse era facilmente riconoscibile in quanto contrassegnata dallo stemma araldico familiare – riportante tre borse - che adornava l’ingresso del palazzo.

La prima Borsa moderna, anche se intesa come semplice luogo di convegno dei mercanti per la trattazione dei loro affari, piuttosto che come mercato dei titoli, fu la Borsa di Anversa, esistente già dal 1460 e poi effettivamente operativa dal 1531 nel mercato delle contrattazioni. In seguito nacque la Borsa di Londra (Exchange) che - fondata su iniziativa di Sir Thomas Gresham (1519 – 1579, banchiere e mercante inglese, consigliere economico della Corona), che la fece costruire a proprie spese su un terreno in Lombard Street - fu inaugurata dalla Regina Elisabetta nel 1571 e proclamata Royal Exchange, assumendo l’attuale denominazione di Stock Exchange due secoli dopo (1773).

Nel Seicento, la Borsa più importante d’Europa fu senza dubbio la Borsa di Amsterdam, sorta nel 1561 in una città ormai divenuta il principale mercato finanziario dell’epoca, nel quale si affermarono quelle forme di contrattazione relative sia alle merci sia ai titoli, caratterizzanti la Borsa moderna. In particolare, si diffusero progressivamente le compravendite di titoli rappresentativi di un credito e di una merce in viaggio da paesi lontani (quali le spezie). La parte acquirente offriva denaro, mentre la parte venditrice offriva la lettera, ossia il documento cartaceo (sotto forma di cedola, cambiale, obbligazione) contenente la promessa di trasferimento della merce o del denaro/credito ad una data stabilita. Da qui derivano i termini, ancora oggi diffusi nella tecnica borsistica, di “denaro”, ovvero ciò che il compratore è disposto a pagare per acquistare titoli, e “lettera”, ovvero la richiesta di denaro da parte del venditore.