Si chiamava Joseph Farwell Glidden. Nato nel 1813 a Charleston nel New Hampshire, morì in Illinois nel 1906. Fu inventore e filantropo e donò ben sessantatré acri della sua fattoria per la costruzione di una scuola, la Northern Illinois Normal School. Un benefattore, insomma. Si rese, però, famoso per un’invenzione innovativa che brevettò nel 1864 e che gli procurò un processo per plagio; accusa dalla quale fu però rapidamente e pienamente scagionato.

Questa invenzione, durante la cosiddetta conquista del West, ebbe enorme successo consentendo la coltivazione intensiva dei campi, difendendoli dagli attacchi di predatori e dal devastante pascolo libero degli animali, dando il via alla grande colonizzazione stanziale e all’esportazione dei cereali. Aveva inventato il barbed wire, il filo spinato.

Probabilmente Glidden, preoccupato della difesa delle coltivazioni, non avrebbe mai immaginato che il suo filo, che lo aveva reso all’inizio del Novecento uno degli uomini più ricchi d’America, sarebbe diventato non solo e non tanto difesa invalicabile per aggressioni esterne di uomini o di animali, ma anche e soprattutto barriera detentiva per chi da quel filo sarebbe stato in futuro segregato.

Tornano alla mente le tragiche recinzioni dei campi di concentramento nazisti. “Questo nostro lager – scrisse Primo Levi in Se questo è un uomo - è un quadrato di circa seicento metri di lato, circondato da due reticolati di filo spinato, il più interno dei quali è percorso da corrente ad alta tensione”.

Per non dire dei tragici e significativi titoli di due opere che non dovrebbero mai essere dimenticate: Dietro il filo spinato. Racconto di un sopravvissuto all’inferno nazista in Lettonia e in Polonia di Gwendolyn Simpson Chabrier e Infanzia dietro il filo spinato di Bogdan Bartnikowski.

E tutti ormai ben sappiamo che cosa accadesse all’interno di quei campi di sterminio così meticolosamente recintati e serrati.

Il nostro pensiero va così all’orrore di quelle terribili immagini di occhi sbarrati e di visi disperati, dietro questi invalicabili reticolati e di quelle, testimoniate da alcuni video che riescono ad andare in rete, di quanto dietro di essi viene perpetrato oggi in Libia.

Ma tutti i milioni di foto e di filmati sulle crudeltà perpetrate in tutto il mondo con l’uso del filo spinato non sono serviti a convincere la civilissima cultura occidentale a debellarne o limitarne l’uso, che è stato, invece, intensificato e perfezionato in efficienza, resistenza e cattiveria.

Come ogni invenzione anche questa, infatti, ha avuto le sue evoluzioni. Oggi la chiamano, quasi beffardamente, concertina che, è spiegato dai costruttori che mettono in rete la pubblicità del loro prodotto, “è un tipo di filo spinato modellato in grandi bobine che possono essere allargate come una concertina”. Concertina, proprio come il gioioso strumento musicale a mantice che si apre come una fisarmonica!

Un venditore on line spiega che la sua concertina è di applicazione assai più veloce del normale filo spinato e che un plotone di soldati può installarla al ritmo di circa un chilometro all’ora. E i produttori si fanno concorrenza e si danno battaglia, ciascuno nel proprio sito, proponendo prezzi, condizioni di vendita e offerte promozionali, non di rado mettendo in guardia il futuro acquirente da fili scadenti che si spacciano, senza esserlo, per concertina. Le informazioni sulle applicazioni sono ampie e dettagliate e assai spesso la spedizione è gratuita. Ce ne sono alcune di acciaio zincato e altre che adoperano taglientissime lame di rasoio.

Insomma il prodotto è diventato sempre più raffinato, più efficace, più invalicabile e sempre più fiorente appare il suo mercato. Viene da pensare, però, che l’uso che ne è proposto non sia prevalentemente quello agricolo o antifurto.

E lo spontaneo e istintivo sospetto che si tratti di strumenti soprattutto, se non esclusivamente, antiuomo, è rafforzato dal fatto che altrettanto fiorente e di facile accesso è il mercato delle mine antiuomo. Ce n’è una, sempre in rete, proposta con sconto di circa il 25% sul listino che garantisce ben duecento pallini sparati dall’ordigno contemporaneamente verso il nemico ed è corredata di telecomando a distanza, di batterie e di istruzioni per l’uso.

Sgomenta la semplicità lessicale con la quale si pubblicizza la vendita del filo spinato e dalla mina antiuomo come se si stesse proponendo un cavo per la televisione o un’aspirapolvere.

E le applicazioni delle più recenti evoluzioni dell’invenzione di Glidden, mandate continuamente in onda nei telegiornali e nei reportage, non sono certo quelle delle recinzioni di orti o di stalle, ma delle barriere invalicabili che si trovano di fronte i migranti, opposte loro dalla progreditissima Europa, che si chiude e si difende da chi arriva disarmato, avvolgendosi nel filo spinato.

Come dire: per chi lo costruisce, finché c’è odio razziale, c’è speranza…e mercato.