Il tempo della nostra contemporaneità è segnato da una grande contraddizione, quella tra la crescente complessità del mondo in cui viviamo, e la tendenza ‘culturale’ alla estrema semplificazione. Ovviamente, di per sé ogni forma di semplificazione è un tentativo di ‘spiegare’ fenomeni più complessi in modo da risultare comprensibili per una platea più ampia; e in ciò, quindi, è un’operazione non solo ‘lecita’ ma anche in buona misura corretta e necessaria.

I problemi sorgono quando il processo di semplificazione, invece che procedere, appunto, verso una ‘traduzione’ in parole semplici, si risolve in una vera e propria mistificazione della realtà: si nega in radice la complessità, o peggio ancora neanche la si vede, e piuttosto che fornirne una descrizione più accessibile si preferisce spacciarne una falsa.

Questa ‘negazione’ della complessità si manifesta particolarmente in due ambiti della esperienza umana, una che potremmo definire come up-down - la semplificazione attraverso cui comunica la politica - e una che potremmo definire come bottom-up - il rifiuto della scienza, e della ‘intellettualità’ in generale, in tutte le sue varie manifestazioni.

Le semplificazioni della politica non sono ovviamente una caratteristica dei tempi recenti, anzi possono farsi risalire alla prima metà del Novecento, quando si realizza quella che George Mosse1 (con particolare riferimento ai regimi totalitari) definiva “nazionalizzazione delle masse”, ovvero la mobilitazione politica di tutti i cittadini, indipendentemente dal ceto sociale. É allora che nasce la propaganda. La comunicazione diviene un’arma di lotta politica, e per mobilitare masse poco o nulla alfabetizzate ‘semplifica’ il messaggio. Ed è dalle tecniche di propaganda degli anni ‘30, in particolare quelle della Germania nazista, che si svilupperà poi, negli USA degli anni ’50, il moderno marketing.

La comunicazione di massa ha in sé la necessità di semplificare, sia per rendere il messaggio comprensibile a tutti, indipendentemente dagli strumenti culturali di cui ciascuno dispone, sia per rispondere alla (crescente) esigenza di velocità. Sostanzialmente, questo processo di semplificazione corrisponde a quello che, nell’ambito delle tecniche fotografiche, si definisce ‘solarizzazione’: si riducono i toni di grigio, intermedi tra il nero e il bianco, per rendere l’immagine più netta, più contrastata, più ‘leggibile’. Quanto più si spinge nella riduzione dei grigi, tanto più si perdono dettagli. E viceversa.

Una buona comunicazione, quindi, cerca il miglior compromesso possibile, lavora sulla sottrazione dei dettagli di minore importanza, senza compromettere l’essenza del messaggio.

Sfortunatamente, al crescere della complessità, non ha corrisposto una crescita della capacità di ‘governarla’, e quindi molto spesso la politica ha fatto - e fa - ricorso a una semplificazione rassicuratoria, che non è un modo semplice di comunicare la complessità, ma un escamotage per nasconderla - nascondendo quindi, al contempo, l’incapacità di affrontarla.

E ciò, naturalmente, anche a prescindere dall’uso demagogico della comunicazione, laddove la mistificazione è consapevole e voluta.

D’altra parte, i fatti hanno una forza (anche comunicativa) intrinseca, e quindi, per quanto si possa cercare di camuffarli e/o di nasconderli, sono comunque destinati a emergere. Lo scarto tra la realtà fattuale e la semplificazione comunicativa che fa la politica, ha prodotto per un verso la sfiducia verso quest’ultima, ma soprattutto ha determinato una disabitudine a confrontarsi con la complessità (che peraltro, di per sé, produce sempre inquietudine), la quale a sua volta - e paradossalmente - ha creato il terreno fertile in cui ha messo radici una semplificazione politica ancora più spinta.

Su un altro piano, il timore generato dalla impressione di una ‘ingovernabilità’ dei fenomeni complessi, spinge in direzione di una rassicurante negazione degli stessi: “Occhio non vede, cuore non duole”, dice l’adagio. E quanto più ci si rifiuta di vederla, la complessità, tanto più si perde la capacità di analizzarla e comprenderla, avvitandosi in una spirale di crescente rifiuto e pregiudizio. A un certo punto della quale, si manifesta il rifiuto della scienza tout court. L’anti-scientismo, infatti, è l’altra faccia di questo timore per il complesso. Più o meno consapevolmente, la scienza viene percepita come evocatrice di quella complessità che non si vuol vedere, sino al punto di produrre il proliferare di credenze assurde e prive di qualsivoglia fondamento. Basti pensare al cosiddetto terrapiattismo2, che immagina la Terra come una superficie piatta, di forma circolare, ai cui limiti vi sia una barriera di ghiaccio. Per quanto possa apparire incredibile ai più, questa stravagante (a dir poco!) teoria trova un numero incredibilmente elevato di creduloni che la prendono sul serio, spesso anche persone di istruzione superiore.

Diceva Oscar Wilde: “Per ogni problema complesso c'è sempre una risposta semplice… quasi sempre sbagliata”. Ma la semplicità è facile, è rassicurante. É alla portata di ciascuno, e senza sforzo. É ‘comoda’.

Per questo è necessario tenerla sotto controllo. Perché proprio come un vizio, si autoalimenta. La semplificazione si presenta con la faccia rassicurante di chi ci vuol proteggere dalle complicazioni, con l’aria di chi suggerisca che rendere tutto semplice sia la chiave per una maggiore ‘democratizzazione’ dei processi decisionali.

Ma è vero esattamente il contrario. Quanto più rifuggiamo dalla complessità, quanto meno siamo capaci di affrontarla, tanto più stiamo inconsapevolmente delegando a pochi (che la riconoscono e la ‘padroneggiano’) il potere di decidere delle nostre vite. La fuga dalla complessità è una fuga verso l’oligarchia.

Il climate change, le migrazioni, la globalizzazione dell’economia, la sua ‘finanziarizzazione’... sono tutte questioni assai complesse, e chi ci dice che invece sono semplici, e che si possono risolvere semplicemente, ci sta vendendo fumo. Non sa di cosa parla, oppure lo sa ma, consapevole della propria inadeguatezza, cerca di farci credere di poterle risolvere con semplicità. La semplificazione è una trappola. Basta comprenderlo, per non caderci.

P.S.: Ovviamente, la faccenda è molto più complessa, e questa è tutta una semplificazione. Non so quanto efficace.

1 George Mosse, La nazionalizzazione delle masse. Simbolismo politico e movimenti di massa in Germania (1815-1933), Il Mulino.
2 Flat Earth Society.