Il termine Gig Economy fu coniato all'inizio della crisi finanziaria del 2009 e si riferisce ai lavori a breve termine. La parola deriva dalla parola inglese gigging che vuol dire lavoricchiando, mentre colui che svolge questi lavoretti è un gig worker.

Studi accreditati di statisti ed economisti di tutto il mondo affermano che ogni anno milioni di persone scelgono di abbandonare il sogno del posto fisso – perché non lo trovano o non è sufficientemente gratificante – per iniziare attività di freelancer. Diventano insomma lavoratori autonomi inseguendo il proprio sogno di gloria e di libertà al contempo.

Secondo i dati, il mercato del gig worker è in fortissima crescita e ad aiutarne lo sviluppo sono stati due fattori:

  • da una parte, la crisi economica che ha decimato il ruolo impiegatizio e proposto nuove forme di precariato inaccettabili;
  • dall’altra, le piattaforme digitali in continua evoluzione che collegano coloro che lo cercano a coloro che offrono lavori indipendenti. Le piattaforme dei talenti online hanno ampliato i vantaggi del lavoro flessibile grazie alla scala più vasta, al reperimento più rapido, alla semplicità di coordinazione tra lavoratori occasionali e clienti: esistono App e piattaforme dedicate a lavoro Gig per ogni settore merceologico.

Per capirci il lavoretto non è un “arrangiarsi per guadagnare qualcosa” ma viene svolto da persone qualificate per svolgerlo, che scelgono di essere libere in tempo, modi e remunerazione o che magari iniziano un’attività indipendente perché insoddisfatti del lavoro dipendente.

Precari si, ma indipendenti e consapevoli!

Esistono piattaforme online dedicate a ogni tipologia di lavoro che si vuole svolgere, ad esempio:

  • Upwork: è dedicata lavoratori di grande esperienza che offrono consulenze in vari settori;
  • Amazon Flex: per chi oltre al proprio lavoro sceglie di passare il proprio tempo libero facendo delle consegne (viene retribuito per quantità di consegne);
  • Uber: per chi possiede una macchina e vuole condividerla guadagnando;
  • 99designs: per chi si occupa di grafica e design in tutto il mondo;
  • Contently: per chi scrive contenuti o produce video e filmati;
  • Gig Salad: piattaforma rivolta ad artisti musicisti;
  • HomeAway: per gestire l’affitto case.

Il futuro è mobile ed è già iniziato

La richiesta di specialisti a breve termine è di moda e conviene alle aziende: la Gig Economy sta diventando una valida alternativa accettabile rispetto al classico impiego fisso. La multinazionale di consulenza strategica McKinsey ha previsto che entro il 2025 più di 60 milioni di persone in tutto il mondo potrebbero trarre beneficio dalla crescita delle piattaforme di intermediazione di talenti.

Cosa porterà la Gig Economy

La Gig Economy permette agli individui di gestirsi in maniera autonoma: il tempo, i lavori, i guadagni… tutto diventa individuale e flessibile. Chi è padrone di un mestiere non ha più bisogno di essere assunto o metter su una azienda per trarre profitto dalle proprie capacità, non deve essere scelto da nessuno. Se ha le capacità e gli strumenti adatti può lavorare ovunque si trovi: allora era questa l’idea di unità dei popoli, di uguaglianza? Viene superata ogni forma di selezione del personale. È solo la propria capacità a parlare perché Internet filtra la richiesta e la domanda e ci si trova a collaborare o a ricevere un servizio senza conoscerci.

Questo cambierà il nostro modo di vivere? Cambierà le nostre abitudini?
Si, lo sta già cambiando.

Come il digitale ha cambiato il mercato del lavoro

Un tempo il lavoratore autonomo ricorreva ai biglietti da visita, agli eventi relazionali per promuoversi e presentare i propri servizi: questo ovviamente limitava la quantità di persone e di imprese che si riusciva a contattare e trovare clienti diventava di certo più difficile.

Le piattaforme online per la ricerca dei talenti, le cosiddette Talent platforms stanno trasformando le modalità di abbinamento tra persone e lavoro a tutto vantaggio dell'efficienza: basta disporre di un computer portatile e di una competenza e il gioco è fatto! Basterà mettersi online per trovare lavoro in tutto il mondo: scrittori, sviluppatori di software, ricercatori, artisti, consulenti, analisti…

Ma attenzione il web è meritocratico: non si può ingannare nessuno perché è ‘il saper fare il lavoro’ che premia, non ci sono raccomandazioni, non ci sono simpatie.

Rischio economico elevato

Il lavoro autonomo ha un elevato rischio sia a livello economico sia a livello psicologico. Bisogna essere consapevoli perché:

  • offre la libertà di gestire il proprio tempo tra lavoro e free ma bisogna sapersi organizzare;
  • non tutela in caso di malattia;
  • non produce fondi pensione.

Gig workers: quanti sono

In Italia, l’indagine svolta dall’Istat sul mercato del lavoro al 2017 ha confermato una continua crescita di ciò che in Italia viene ancora chiamato lavoro accessorio o occasionale: nel 2010, erano circa 100mila e alla fine del 2016 erano oltre 1 milione i lavoratori autonomi con un giro di affari di un miliardo di euro.

In Gran Bretagna la stima dei lavoratori saltuari fatta da un rapporto pubblicato nel luglio del 2017 è di quasi 2 milioni di persone. Negli Stati Uniti sono stimati 4 milioni di persone che lavorano attraverso applicazioni online e si stima che possano raddoppiare entro il 2020. Una quantità allarmante di persone lavorano senza tutele per il loro futuro o per un presente incerto. Ma una notizia che arriva da Londra e che ho letto nel testo di Thomas Oppong Lavorare nella Gig Economy mi ha davvero colpita: la Corte Suprema Britannica, infatti, il 13 giugno 2018 ha sentenziato che un impiegato che lavorava come collaboratore esterno per un'azienda ha ottenuto di godere degli stessi diritti del lavoratore, come permessi pagati malattie ferie: si tratta di una decisione giuridica importante in merito ai diritti dei lavoratori autonomi e la sentenza segna un passo avanti nel chiarimento della questione della condizione lavorativa delle persone gig workers.

In Italia dobbiamo ancora aspettare molto (forse 30 anni) affinché ci sia una parte del diritto dei lavoratori dedicata ai gig workers: quindi, ad oggi, decidere di vivere di lavoretti è ancora un gran rischio per il futuro.

Come tutelare la vecchiaia dei gig workers

Ai fini della pensione il freelance è come un lavoratore autonomo e farà bene a pianificare il futuro fin da subito con l’obiettivo di ritirarsi a 65 anni, se non prima: proprio perché ci si appoggia al mondo online si sa quanto questo sia volubile e in continuo cambiamento. Si rischia di non stare al passo con i tempi, quindi il gig workers deve organizzare la propria vecchiaia.

Bisognerebbe destinare il 20% del guadagno, sottratte le tasse, alle finanze personali con l'obiettivo di creare un fondo sicuro ed evitare di indebitarsi: ad esempio, libretti di risparmio e investimenti, piani pensionistici, fondi e titoli… Il giornalista economico Dan Rafter in un'analisi condotta nel 2016 consiglia di risparmiare almeno il 10% del salario annuale se si ha una età sotto i 30, il 15% del salario annuale se si è quarantenni e il 30-40 % se si superano i 50 anni per garantirsi un ventennio da pensionato.