Se il passato era bianco e il presente meticcio, il futuro sarà certamente nero! L'Africa è il continente delle opportunità, del business. Certo, non dobbiamo fermarci all'oggi ma, come fa Pechino, guardare alla prossima generazione.

Cosa

I settori sono principalmente quattro come elenca magistralmente Martino Ghielmi: agroalimentare, energie rinnovabili, costruzioni e farmaceutica. In breve: l'agroalimentare, perché il continente nero riesce a produrre 3 raccolti all'anno per il valore di 1 trilione (un miliardo di miliardi di $) nel 2030. Energie rinnovabili, in quanto si sta già bypassando il fossile e l'idroelettrico: i pannelli solari sono in ogni mercato africano. Costruzioni, in quanto le 54 capitali e relativi satelliti stanno crescendo a mo’ di boom anni '70 italiano; con lo stesso casino. E medicina/farmaceutica, in quanto le cliniche private non potranno che esplodere (un medico ogni 20000 abitanti a confronto dei nostri 80!) portando l'aspettativa di vita da 50 a 54 anni in soli 3 anni.

Come

Dovrebbero essere le ambasciate italiane e relativi consolati a facilitare l'incontro con le opportunità dei 54 paesi africani ma non sempre sono all'altezza. Le capitali afro, infatti, vengono vissute ancor oggi come un “castigo” da parte del nostro corpo diplomatico. Detto questo vi sono due uffici che vanno obbligatoriamente frequentati in ogni Ambasciata: l'ufficio economico-commerciale e l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane. Se siete alle prime armi non perdetevi gli expo in Italia come quello organizzato dalla cooperazione internazionale come exco e i meeting o formazioni proposti/e dalle camere di commercio in Italia.

Dove

Qui facciamo riferimento all’African Economic Outlook 2018, un rapporto stilato dall’African Development Bank che si occupa di analizzare le performance delle diverse economie africane. L'Africa orientale va bene: oltre il 6% di crescita del PIL per il corrente anno. Il tasso positivo è diffuso in tutta la regione, con Gibuti, Etiopia, Kenya, Ruanda, Tanzania e Uganda. A Nairobi nei cantieri trovate la scritta: “se non sei pronto per il BOOM non è il tuo paese”.

La seconda regione è il Maghreb e si attesta al 5%. L'Africa occidentale è terza ma attenzione; vi sono paesi che spiccano il volo come il Ghana che sta crescendo più della Cina. Qui la stabilità democratica ha fatto realmente la differenza. Quarta l'Africa del sud che aveva raggiunto già buoni standard di PIL con un Sudafrica locomotiva mentre l'Africa centrale è fanalino di coda. Non solo per il non accesso al mare ma per i continui conflitti che mortificano ogni idea di sviluppo.

In realtà vi sono molte Afriche che vanno dai 280 dollari del Burundi ai quasi 15.500 delle Seychelles. Fanno parte del continente circa 30 Paesi su 54 a medio reddito, la cui classe media – stimata intorno a un quarto della popolazione afro – è in forte espansione.

Perchè (raddoppia)

Entro il 2050 saranno 2 miliardi e mezzo. Nel 2030 la maggior parte della popolazione dell'Africa vivrà in città, abbagliata dalle luci degli ipermercati (speriamo sempre più equi, solidali e attenti all'ambiente).

Perché la notizia del “libero scambio in Africa” non è passata sotto traccia nonostante il boycott mediatico delle ex colonie. Con la firma di luglio 2019 da parte di Nigeria e Benin salgono a 54 su 55 i Paesi del continente africano ad aver sottoscritto l’AfCFTA. Il trattato mira a creare una zona priva di tariffe doganali per prodotti e servizi analoga a quella dell’Unione Europea.

(con) Chi

Questa è la scelta più difficile. Non basta farsi consigliare da chi abita il paese da tempo; anzi. Troviamo cooperanti, missionari e consoli che non hanno visione alcuna di business e che ci potrebbero raccomandare imbroglioni professionisti. Meglio affidarsi alla modalità in uso presso le Nazioni Unite: “quantificami con i bilanci alla mano cosa hai fatto”.

Più il paese è povero e maggiori sono le organizzazioni che tentano di profittare dell'investitore. Le holding italiane apripista sono Eni, Salini Impregilo, Ferrero e il gruppo Calzedonia/Intimissimi. Altre aziende, con minori capitali, si avvalgono di Simest, la finanziaria pubblico–privata, partecipata a maggioranza da Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), che sostiene lo sviluppo delle imprese italiane impegnate a realizzare progetti di internazionalizzazione.

La soluzione meno rischiosa sarebbe quella di puntare sulle industrie africane più competitive e a largo impiego di manodopera, supportandole non solo con denaro ma anche attraverso le banche di sviluppo, i parchi industriali e le agenzie che forniscono infrastrutture di certificazione e qualità.

Quando

Quando il paese controparte ha una discreta stabilità politica e offre garanzie d'investimento. Uno studio di McKinsey & Company mostra che il tasso di rendimento sugli investimenti esteri è più alto in Africa che in qualsiasi altro Paese in via di sviluppo. Eppure, solo una minima parte dei flussi mondiali di investimenti esteri diretti (Fdi) è destinata a confluire in Africa. Dobbiamo stare attenti all'immagine culturale (mappa mentale) che abbiamo dell'Africa che frena l'investimento e relativo sviluppo. Se superiamo questo “blocco mentale” possiamo accedere al mercato del futuro.