Il 26 giugno si è celebrata la Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico di droga, voluta dall’Onu per richiamare i Paesi a non abbassare la guardia nella lotta contro il commercio illegale di sostanze stupefacenti e a rafforzare i programmi di prevenzione delle dipendenze e di cura delle vittime.

Nell’occasione è stato presentato a Vienna, sede dell’ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodoc), il tradizionale Rapporto mondiale sulla droga. Anche l’ONU ha dovuto riconoscere come dopo oltre 30 anni, il bilancio è decisamente fallimentare. Riconoscimento che viene ripetuto anno dopo anno, ma che non serve a smuovere di un sol passo le politiche proibizioniste vigenti in tutto il mondo. Secondo le ultime stime sono quasi 600 mila i morti in un anno e circa 270 milioni le persone che fanno uso di sostanze stupefacenti nel mondo. Sono dati che evidenziano, anziché il calo, l’aumento del consumo di droga, cresciuto del 30 per cento negli ultimi 10 anni.

Anche se la droga più diffusa è la cannabis, gli oppiodi restano i più letali: nell’ultimo decennio i decessi dovuti all’uso di questo tipo di sostanze sono aumentati del 71 per cento, fino al 92 per cento nelle donne rispetto al 63 per cento degli uomini.

La pandemia del Covid-19 non è servita a rallentare traffici e diffusione, al contrario si è registrato un sensibile aumento dei flussi di cocaina dall’America del Sud verso l’Europa.

Durante il lockdown, navi commerciali di grandi dimensioni hanno trasportato ingenti quantitativi di cocaina, e nonostante i sequestri anche di rilevanti carichi, l’Europa è stata letteralmente inondata di polvere bianca. La criminalità organizzata internazionale ha usato anzi il lockdown e le settimane immediatamente precedenti, per realizzare consistenti operazioni di traffico via mare. “Il traffico di cocaina con containers marittimi ha continuato a livelli paragonabili e addirittura superiori a quelli visti nel 2019”, si legge nel rapporto EU Drug Markets-impact of Covid-19 di Europol e Emcdda, European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction.

“La pandemia ha avuto un enorme impatto negativo sulle nostre vite e sulle nostre economie”, spiega Catherine De Bolle, direttrice dell’Europol. “Tuttavia, questa tendenza economica non è stata registrata per quanto riguarda il traffico internazionale di droga. Questi mercati illegali continuano a generare profitti enormi, anche durante la pandemia. I sequestri di droghe illegali in alcuni Paesi dell’UE durante il primo semestre del 2020 sono stati superiori a quelli degli stessi mesi degli anni precedenti”.

Basti pensare che solo in Belgio, nel primo quadrimestre del 2020, sono state sequestrate circa 18 tonnellate di cocaina: in quattro mesi è stato sequestrato un quantitativo corrispondente alla metà della cocaina sequestrata durante il corso dell’intero 2017, 44 tonnellate. I traffici, insomma, sono quasi raddoppiati.

Dal primo gennaio al 19 maggio 2020, i porti europei interessati al traffico di cocaina sono stati: Amburgo e Anversa, per ricevere i containers imbarcati al porto di Santa Marta in Colombia; Leixoes, Rotterdam e Anversa per i carichi provenienti da Cartagena; la Svezia come nuovo punto d’arrivo per la cocaina proveniente da Barranquilla, sempre Colombia, e ancora Anversa per le spedizioni in partenza dal Golfo di Urabà, Colombia. La città portuale fiamminga di Anversa è diventata nei mesi di lockdown il cuore pulsante del commercio internazionale di cocaina.

I referenti mafiosi degli ingenti traffici sopra riferiti non potevano che essere esponenti delle mafie italiane e talmente forte era la loro presenza e talmente elevati gli interessi in gioco, da scatenare una vera e propria guerra tra bande, condotta senza esclusione di colpi, condotta tra Agrigento e Liegi.

Sette arresti sono stati eseguiti nella notte tra il 14 e il 15 settembre di quest’anno, dalle Squadre mobili di Agrigento e Palermo e dal Servizio centrale operativo della polizia, che nell'operazione denominata “Mosaico” hanno collaborato fra di loro e con i colleghi belgi della Police judiciaire federale, formando una Squadra investigativa comune, così come la Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano ha lavorato in sinergia con il Tribunal de Première Instance e le Procure di Liegi, Bilzen e La Louvière: attraverso Eurojust è stato creato un Jit, joint investigation team. Cinque omicidi consumati e cinque tentati, due dei quali nemmeno denunciati, altri tre progetti di morte in fase di preparazione ed evitati grazie alle intercettazioni: tutto questo è stato ricostruito e sventato dagli investigatori e dagli inquirenti anche grazie a riprese video e audio che mostrano i killer all’opera, mentre agiscono con freddezza e lucida determinazione, come nei film su Cosa Nostra americana degli anni ’30. La causale della guerra non poteva che essere il traffico di cocaina, in particolare il mancato pagamento di una partita di droga, che aveva determinato una guerra interna al gruppo criminale siciliano, condotta a colpi di kalashnikov, finalizzato ad assicurarsi il potere e la gestione dei traffici di droga tra Favara, in provincia di Agrigento e Liegi in Belgio. In Italia, l’ex senatore Giuseppe Lumia, presentò un’interrogazione a risposta orale in data 13 giugno 2017, chiedendo di sapere, tra l’altro, “quale sia il livello di infiltrazione dei criminali siciliani in Belgio e se sia in atto una guerra all'interno di un ceppo mafioso singolo oppure tra ceppi mafiosi diversi; quali i flussi di droga gestiti dalle suddette organizzazioni criminali, che spesso scatenano sanguinari conflitti interni ridefinendone gerarchie e leadership; quale attività di prevenzione e repressione si stia mettendo in atto per stroncare l'attività di Cosa Nostra a Favara e in provincia; quali iniziative di cooperazione investigativa e giudiziaria siano state intraprese tra l'Italia ed il Belgio per colpire gli interessi mafiosi e i traffici di droga.”

Per comprendere appieno il livello di compromissione e di corruzione di esponenti istituzionali del Belgio si segnala l’arresto, eseguito dalla polizia belga di un ex capo della gendarmeria belga Willy van Mechelen insieme ad uno dei membri della famigerata famiglia Aquino. L’arresto è avvenuto durante alcune perquisizioni in diverse località, nell’ambito di un’indagine sul traffico di cocaina su larga scala. La cosca Aquino, originaria di Gioiosa Ionica è nota da tempo alla giustizia italiana per essere sin dagli anni ’70 impegnata nel traffico internazionale di droga. Nell’operazione sarebbe stato arrestato anche un avvocato, del quale non è stata rivelata l’identità. Secondo l’agenzia di stampa VRT Van Mechelen era a capo dell’Unità antidroga della polizia di Anversa, è stato arrestato come principale sospettato in un caso riguardante l’importazione di migliaia di chili di cocaina. L’indagine ha avuto inizio con la scoperta di un carico di quasi 3.000 chili di cocaina nel porto di Anversa alla fine del 2019. Decine di perquisizioni hanno portato al sequestro di milioni di euro in contanti, oro e auto di lusso.

La compromissione di Belgio e Paesi Bassi nel grande giro di cocaina è esplosa improvvisamente con le esasperate dichiarazioni del sindaco di Anversa che, di fatto, apre un incidente diplomatico con il Paese confinante.

Stando alle parole di Bart de Wever, l’aumento di violenza e dei traffici di droga nel Paese sarebbe una conseguenza della criminalità organizzata radicata nei Paesi Bassi. “Il traffico di droga si è spostato negli ultimi anni da Rotterdam ad Anversa. L’Olanda è in debito con il resto dell’Europa”.

“A causa delle politiche olandesi tolleranti, la criminalità organizzata è proliferata ed è ora profondamente radicata nei Paesi Bassi. I traffici si svolgono in un porto di grande riferimento anche per il Sud America.” Spiega De Wever. Non è un segreto che le bande che gestiscono il traffico di cocaina siano coinvolte in numerosi omicidi ad Amsterdam e Utrecht. Questa violenza estrema si sta ora riversando in Belgio.

Metà della cocaina sequestrata in tutta Europa proviene dal porto di Anversa. La città belga è divenuta il più grande importatore di coca del continente. “Cinque anni fa si parlava di 5 mila chili, lo scorso anno di 40 mila”, racconta il sindaco al Nieuwsuur. “I nostri sforzi per tracciare i traffici non sono aumentati, il flusso si è spostato da Rotterdam ad Anversa”. I crescenti problemi ad Anversa hanno portato De Wever a dichiarare “guerra alle droghe”. “Si sarebbero già raggiunti, a suo dire, diversi risultati, come la riduzione dei disordini, migliaia di arresti e la chiusura di una dozzina di strutture”. Il secondo passo sarà cominciare a seguire il flusso di denaro che accompagna i traffici. Come sostiene il sindaco belga, i gestori dello spaccio hanno ancora molta influenza nella città: “Il crimine organizzato ha radice nei Paesi Bassi, ma stanno cercando complici qui ad Anversa”.

Non si pensi però che l’importazione di cocaina avvenga soltanto attraverso i porti di Anversa e Rotterdam. Un carico di 216 chili è stato sequestrato il primo ottobre nel porto di Ancona, occultato in un ripostiglio della nave mercantile Adrienne. L’intera nave è stata posta sotto sequestro, un membro dell’equipaggio arrestato. La maxi operazione antidroga è stata compiuta da varie specialità della Guardia di Finanza e dai carabinieri, un blitz interforze coordinato dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Ancona e L’Aquila dopo settimane di approfondimenti e riscontri investigativi. È uno dei sequestri, in termini numerici legati alla polvere bianca, più importanti avvenuti negli ultimi anni nel bacino portuale anconetano.

La nave Adrienne batteva bandiera della Liberia, è arrivata al porto mercoledì 30 settembre, trasportando prevalentemente un carico di caolino. Prima di approdare nello scalo del capoluogo – stando al tracking online della nave - aveva fatto tappa a Motril, nell’estremo Sud della Spagna, e in precedenza in Brasile. La perquisizione del mercantile, lungo 180 metri, ha comportato l’impegno di 50 militari, facenti parte – per il segmento anconetano – del Gico, del Gruppo e del reparto operativo Aeronavale della Finanza. In più, hanno partecipato i carabinieri e le fiamme gialle dei comandi di Chieti. In ausilio ai militari, anche le unità cinofile. Date le dimensioni della nave, l’ispezione si è protratta per ore. Il mercantile è stato setacciato da cima a fondo, in ogni angolo, in ogni possibile nascondiglio della droga. L’unica persona arrestata durante il blitz è un membro dell’equipaggio. Stando alle ipotesi investigative, il maxi carico di cocaina era destinato a rimpolpare i traffici illeciti della criminalità organizzata abruzzese. Se la polvere bianca fosse stata immessa sul mercato, avrebbe prodotto un giro d’affari di circa 20 milioni di euro. E con quale mezzo? Resta irrisolto il problema di quale sarebbe stata la destinazione dell’ingente carico, quale gruppo criminale si sarebbe dovuto occupare della distribuzione sul territorio, sicuramente in Abruzzo e nelle Marche, ma non sono escluse piazze di spaccio in altre regioni.

L’Europa appare oggi coperta da una coltre bianca, non è neve, è cocaina.