In un famoso TedTalk, visto oltre 55 milioni di volte e tradotto in 48 lingue, Simon Sinek racconta di Samuel Pierpont Langley che all’inizio del XX secolo voleva essere il primo uomo a volare e sembrava avere la ricetta giusta per avere successo.

Gli fu dato un finanziamento di 50.000 dollari dal ministero della difesa (un sacco di soldi per quell'epoca). Riunì le migliori menti di quel tempo nel dream team più talentuoso che si potesse immaginare. Il team aveva accesso alle migliori tecnologie e materiali. Erano trattati come divi dello spettacolo e il New York Times li seguiva ovunque.

Qualche chilometro più in là a Dayton, in Ohio, Orville e Wilbur Wright, non avevano niente di tutto ciò. Non avevano soldi e pagavano i loro sogni con il ricavato del loro negozio di biciclette. Nessuno del gruppo dei fratelli Wright aveva una laurea universitaria e il New York Times non li seguiva da nessuna parte.

La differenza era che i fratelli Wright erano guidati da una causa, da un obiettivo, da un grande Perché: credevano di poter cambiare il mondo inventando l’areoplano.

Per Langley era diverso perché inseguiva ricchezza e fama. Le persone che credevano nel sogno dei fratelli Wright, lavoravano mettendoci l’anima con sangue, sudore e lacrime. Il team di Langley lavorava per l'assegno a fine mese.

E, finalmente, il 17 Dicembre 1903, i fratelli Wright decollarono, anche se nessuno era là per testimoniare, il mondo lo venne a sapere solo qualche giorno dopo. E a conferma del fatto che Langley era animato dalla causa sbagliata, il giorno che i fratelli Wright spiccarono il volo, abbandonò l’impresa. Avrebbe potuto dire, "È un’invenzione fantastica ragazzi, e la migliorerò basandomi sulla vostra tecnologia", ma non lo fece e abbandonò.

La domanda fondamentale che pone Simon è: “Perché alcune persone e organizzazioni sono più innovative, più influenti e più redditizie di altre?”.

Persone come Martin Luther King Jr., Steve Jobs e i fratelli Wright avevano poco in comune, ma sono tutti partiti dal Perché. Hanno capito che le persone non comprano un prodotto, un servizio, un movimento o un'idea finché non capiscono il Perché che c'è dietro.

I leader che hanno avuto la più grande influenza nel mondo pensano, agiscono e comunicano tutti allo stesso modo ed è il contrario di quello che fanno tutti gli altri. Sinek svela la struttura su cui le organizzazioni possono essere costruite, i movimenti possono essere guidati, e le persone possono essere ispirate. E tutto inizia con il Perché.

E come il “perché” è importante in negoziazione?

Nel mio libro Vincere senza conflitti racconto di una bella signora di Bologna, Rosanna, che soleva trascorrere diversi mesi in una città africana e che decide di cucinare dei ravioli di zucca per i suoi numerosi invitati. Rosanna va al mercato per fare acquisti e trova solo un contadino che vende zucche e ne ha quattro in tutto, proprio quelle che le servono. Quindi chiede al contadino il prezzo, che risponde:
“3 dollari a zucca”.
“Bene… - dice contenta -le prendo tutte e quattro”.
Ma il contadino risponde: “No, no, te ne posso vendere solo due”.
Rosanna, guardandosi intorno per verificare che non ci fossero altri venditori di zucche, offre di pagare il doppio del prezzo, ossia 6 dollari per ciascuna zucca.

Ma l’uomo insiste nel volergliene vendere solo 2. Rosanna, disperata, prova a offrire il triplo del prezzo, ma riceve sempre la stessa risposta.

Finalmente, stremata e quasi pronta a rinunciare all’acquisto, Rosanna chiede al contadino: “Perché me ne vuoi vendere solo due?”.
E lui risponde : “Questo è l’ultimo raccolto dell’anno, e se ti vendo tutte e quattro le zucche non avrò alcun seme da piantare per il prossimo anno”.
Rosanna ride contenta: “Bene, allora abbiamo un affare perfetto, a me serve soltanto la polpa delle zucche, e ti posso lasciare i semi di tutte e quattro”.

Rosanna acquista la polpa di zucca e torna a casa canticchiando e accingendosi a preparare i suoi gustosi ravioli, mentre il contadino sorride soddisfatto per aver venduto tutte le zucche e avere il doppio dei semi da piantare per la prossima semina.

Che cosa ci insegna questa storia?

Tanto: in primo luogo la determinazione a non fermarti su quelle che si chiamano “posizioni” delle parti, andando oltre ed esplorando gli “interessi” che stanno dietro.

Se Rosanna non avesse avuto il lampo di genio di porre quel semplice “Perché?” i suoi ospiti non avrebbero gustato i suoi leggendari ravioli, e il contadino sarebbe probabilmente rientrato a casa senza aver venduto nulla. La posizione è soltanto uno dei tanti modi con cui soddisfare l’interesse che sta dietro.

Chiedere “Perché?” e andare alla fonte dell’interesse ci permette di scoprire molti altri modi più intelligenti e di valore per soddisfarlo ancora meglio.

Ad esempio, vuoi uno stipendio più alto (posizione) per coprire i costi dell'asilo nido per tuo figlio, senza però condividere con il tuo datore di lavoro questo motivo (interesse). Il tuo datore di lavoro non è disposto (posizione) a darti un’aumento di stipendio perché teme disuguaglianze con i tuoi colleghi. Apprendendo il motivo (interesse) per cui desideri l’aumento, il tuo datore di lavoro potrebbe informarti che sono in procinto di sviluppare un asilo nido gratuito in azienda, evitando così che tu vada a cercare impiego altrove.

E ancora, due uomini seduti insieme in una stanza discutono e litigano sul fatto di tenere una finestra aperta o chiusa. Sentendo la faida in corso, una donna lì vicino chiede a ciascuno il perché (interesse) della rispettiva richiesta. Il primo uomo chiede che la finestra sia chiusa per evitare corrente. L’altro vuole che la finestra sia aperta per lasciare entrare l'aria fresca. La donna entra nella stanza a fianco e apre una finestra. Questa semplice soluzione risolve il problema fornendo sia aria fresca all’uno che evitando la corrente d’aria addosso all'altro.

In secondo luogo ci insegna il potere delle domande, delle domande aperte e di quelle che esplorano il “Perché?”. Uno studio fondamentale condotto dal ricercatore Neil Rackham ha dimostrato che i negoziatori migliori, considerati più efficaci e con il più alto record di successo, pongono più del doppio delle domande poste dai negoziatori mediocri.

Porre domande, rilevanti ed efficaci, seguite dall’ascolto attivo è una delle tecniche fondamentali per una negoziazione di impatto e risultato.

Se non chiedi non saprai mai quello che l’altra persona vuole davvero; potresti meravigliarti nello scoprire quanto è sbagliata l’idea che ti sei costruito. Abbiamo spesso l’abitudine di dare per scontato quello che c’è dietro i comportamenti umani. Quanto più in là ti porterà nella negoziazione la risposta che riceverai al tuo perché?

Spesso la domanda che inizia con “Perchè?” potrebbe essere percepita come aggressiva o di biasimo. E l’abbiamo probabilmente imparato da bambini:
“Perché hai rotto la bottiglia?”.
“Perché ti sei tagliato?”.
“Perché hai preso 5 nel compito in classe?”.
“Perché non riesci mai a combinare nulla di buono?”.
Tutti perché che non indicano genuina curiosità da parte di chi chiede e sono pregni di giudizio negativo sul nostro comportamento.

Natalie Hahn, vice president di marketing communications presso Billtrust ci insegna come chiedere "perché" in modo più gentile.

Quando un leader o una collega sta presentando una decisione e ti manca il contesto, puoi chiedere:

  • Puoi aiutarmi a capire i fattori che stanno dietro quella decisione?
  • Quale sarà l'impatto di questi cambiamenti?
  • Quali sono i prossimi passi che ti aspetti da me sulla base di queste nuove informazioni?
  • Cosa speriamo di ottenere in questo modo?
  • Come ci aiuterà questo cambiamento a raggiungere il nostro obiettivo?

Queste domande chiarificatrici incoraggiano il ricevente a condividere più informazioni.

E se ti serve una formula rapida per tradurre i tuoi perché con grazia, puoi ottenere lo stesso risultato in modo più morbido con: “Cosa porta a…?” o “Cosa fa sì che…?”.

Invece di: “Perchè non riesci a consegnare in due mesi?”. Chiedi “Cosa impedisce la consegna in due mesi?”.
Invece di :“Perché me lo stai chiedendo?”. Domanda “Cosa ti porta a chiedermi questa cosa?”.

Qual è il prossimo “perché” che chiederai e come lo farai?