Il rapporto tra pace e ambiente non è sempre facilmente intuibile, anche se il legame esiste ed è forte. Ho trattato questo argomento in diverse occasioni, sia in Italia che in Tunisia discutendone con esperti di “tutela ambientale” di diversi Paesi del Mediterraneo. Purtroppo, ancorché siano stati fatti tanti progressi, l’obiettivo da raggiungere è ancora lontano.

Pace e sviluppo sostenibile

È interessante capire se e in che modo la tutela dell’ambiente naturale è strettamente legata al processo di pace delle popolazioni, nella considerazione che il rispetto dell’ambiente è anche il rispetto dell’uomo stesso, perché l’uomo è la massima espressione dell’ambiente naturale.

Una delle motivazioni del premio Nobel per la Pace conferito nel 2004 all’ambientalista e biologa keniota Wangari Maathai, prima donna africana che ha ricevuto tale riconoscimento, è stata quella di avere contribuito allo sviluppo sostenibile, alla democrazia e alla pace. Durante la cerimonia del premio Maathai affermò che:

Non ci può essere pace senza sviluppo sostenibile e non ci può essere sviluppo senza uno sfruttamento sostenibile dell’ambiente. La protezione dell’ecosistema dev’essere considerata un mezzo per garantire la pace, in Paesi dove la scarsità delle risorse genera inevitabilmente instabilità politiche e sociali.

Sono frasi semplici, ma profonde, che mettono in stretta relazione ambiente e pace.

In quello stesso anno a Tunisi, partecipando alla conferenza arabo-mediterranea sul tema “La Società civile e la qualità della vita nei Paesi del Mediterraneo” in cui erano presenti associazioni ambientaliste di diversi Paesi mediterranei, ho dato un mio modesto contributo relazionando sul tema “Miglioramento economico e rispetto dell'ambiente per una pace mediterranea sostenibile”.

Il miglioramento della qualità della vita è strettamente legato al rispetto dell’ambiente poiché l’ambiente rappresenta la principale risorsa naturale e quindi una risorsa che non deve essere depauperata, ma utilizzata con attenzione e moderazione, senza rompere gli equilibri naturali esistenti.

Nei Paesi che mirano alla crescita delle loro attività produttive si può valutare il livello di struttura civile e culturale anche attraverso il modo che gli stessi hanno di curare e difendere l’ambiente naturale.

Ma perché si possa sperare che un Paese realizzi un programma di difesa e protezione dell’ambiente, occorre che la sua situazione economica complessiva sia compatibile con tale programma. Un Paese povero, ad esempio, non potrà facilmente realizzare un programma di rispetto e protezione dell’ambiente, soprattutto se quel popolo proprio dall’uso, a volte anche eccessivo, delle risorse naturali trae il proprio sostentamento.

In tal caso varranno poco le disposizioni ed i protocolli internazionali di tutela dell’ambiente, anche se regolarmente sottoscritti.

Tali principi sono affermati nella celebrazione della “Giornata della Terra” promossa dalle Nazioni Unite sin dal 1970 anche per fare apprendere, soprattutto ai giovani, il rispetto dell'ambiente. Infatti tale ricorrenza rappresenta un elemento formativo per i giovani per potere loro comprendere l'importanza che, nella costruzione di un mondo di pace, ha la protezione dell'ambiente.

Già con la Conferenza di Stoccolma del 1972 nasceva una vera “sensibilità ambientale” attraverso principi che regolano i rapporti tra diritti e doveri dell'uomo verso l'ambiente.

E così il successivo “Rapporto Bruntland” del 1987con il quale venne definito per la prima volta il concetto di “sviluppo sostenibile”. Intendendo in tal modo "lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente, senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri". E così di seguito fino alla “Conferenza di Rio de Janeiro del 1992”, organizzata dalle Nazioni Unite sullo sviluppo e sull'ambiente, nota come "vertice della Terra", attraverso la quale sono state date importanti indicazioni sulla necessità della prevenzione dei danni ambientali e della protezione dell'ambiente e della lotta alla povertà. In tale occasione a Rio furono firmate due importanti convenzioni: quella sul cambiamento climatico e quella sulla biodiversità, mentre quella sulla lotta contro la desertificazione è stata poi adottata nel 1994.

Così con altre dichiarazioni e protocolli negli anni seguenti fino al recente 22a riunione della Convenzione di Barcellona (COP22, dicembre 2021).

Ma la realizzazione di tali protocolli potrà trovare reale accoglienza ed applicazione solo se parallelamente verranno avviati programmi di sviluppo economico e sociale condivisibili e condivisi tra i diversi Paesi interessati allo stesso problema e miranti anche all’elevazione dello stato di benessere di quel Paese. Non credo infatti che i popoli che vivono sotto uno stato continuo di tensioni sociali potranno attuare facilmente programmi di rispetto e di protezione ambientale.

Oggi ci rendiamo conto che la difesa ambientale rappresenta una criticità da risolvere con estrema urgenza coinvolgendo diversi soggetti

Nell’enciclica Laudato si’ del Santo Padre, Papa Francesco, è messa in evidenza che la sfida urgente di proteggere la nostra “casa comune” deve coinvolgere tutta la famiglia umana in una ricerca comune e nella consapevolezza che le cose possono cambiare.

Tale invito è promosso da più parti, da enti pubblici e associazioni internazionali. Antonio Guterres, confermato Segretario Generale dell'ONU, ha discusso ampiamente tali problemi con i leader europei al vertice di Bruxelles del giugno 2021 dicendo che “Ci troviamo di fronte all'enorme fragilità delle società e del pianeta” e che per meglio affrontare il problema “dobbiamo rafforzare i meccanismi di governance multilaterale”.

Non esiste alcuna dimostrazione sull’impossibilità che lo sviluppo dell’uomo non possa continuare mantenendo un equilibrio nel nostro ecosistema, occorre solo che nelle azioni di sviluppo venga posto un giusto equilibrio tra l’ottenimento di un ritorno economico attraverso uno sviluppo incontrollato ed un progresso che si poggi anche sul raggiungimento di obiettivi di pace sociale e internazionale.

Disastri ambientali e aumento delle diseguaglianze e delle violenze e in particolare delle violenze sulle donne

Forse si è poco riflettuto sui riverberi sociali dovuti al mancato rispetto dell’ambiente. Ad esempio, il depauperamento dell’ambiente porterà sicuramente a periodi di maggiori difficoltà per motivi alimentari e l’inquinamento ambientale può fortemente minare anche la pace delle famiglie. Non si è portati spontaneamente a valutare che la crescente crisi climatica porta sicuramente ad un aumento delle diseguaglianze e che di conseguenza i popoli economicamente più deboli saranno maggiormente esposti alle sofferenze sociali. Dunque, a causa dei disastri ambientali le famiglie più povere risultano quelle più fragili, anche ai fini della pace familiare. Non è infatti vero che tensioni familiari sono talvolta alimentati da problemi economici?

Per non parlare poi delle conseguenze che tali fatti hanno sullo stato della donna e in particolare sulle violenze che su essa vengono perpetrate. Uno studio dell’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) del 2020, oltre a evidenziare che “il cambiamento climatico e gli impatti dei disastri possono aumentare le dinamiche di genere e contribuire all'accaparramento delle risorse e alla violenza come mezzo per mantenerne il controllo”, da ampio risalto agli effetti nocivi della mancata tutela ambientale sulle violenze che vengono perpetrate sulle donne. Dal sondaggio è emerso, infatti, che a seguito di disastri ambientali e della mancata conservazione dello sviluppo sostenibile, sono fortemente aumentati: violenza sessuale, fisica e psicologica, traffico di esseri umani, stupri, matrimoni infantili ecc., oltre a crimini ambientali di altra natura, quali quelli legati al possesso di terra e di pascoli in alcuni popoli.

Come già sopra descritto, un disastro ambientale mina fortemente la pace tra le famiglie, tra i singoli individui, tra intere popolazioni dello stesso Paese e di Paesi differenti.

L’inquinamento del Mediterraneo

Un danno ambientale che fino a pochi decenni fa passava quasi inosservato, ad esempio, è quello dovuto ai trasporti marittimi nel Mediterraneo. Infatti, le prime indagini e le relative ricerche e proposte di rimedio sull’inquinamento dei mari, e in particolare del mare Mediterraneo, venivano legati principalmente a fattori dovuti alle piogge, agli scarichi fognari, ai fiumi, talvolta portatori di veri e propri veleni, e ai forti inquinamenti dovuti allo sversamento di petrolio in mare durante il trasporto, che hanno fortemente scosso l’opinione pubblica.

In considerazione, però, della sempre più grande importanza che stanno assumendo i trasporti marittimi molti studi da parte della Commissione Europea si stanno indirizzando in tal senso, con la necessità di approfondire le relative ricerche con i più moderni mezzi oggi disponibili.

Occorrono inoltre l’emanazione di norme nazionali e internazionali frutto di accordi tra i diversi Paesi interessati allo stesso ambito territoriale.

Un’occasione internazionale per promuovere la protezione dell’ambiente potrebbe essere anche spunto per fare riunire e discutere assieme personalità di Paesi diversi, magari di Paesi tra loro belligeranti, ma col desiderio di proteggere la “casa comune”, dunque, un’occasione per sotterrare l’ascia di guerra, con l’augurio che quei momenti di pace si possano poi estendere in senso generale.

Il rispetto dell’ambiente non può essere un problema esclusivo di un popolo, soprattutto se l’ambiente è riferito ad un mare, praticamente chiuso, come il Mediterraneo. Infatti, in tal caso la salvaguardia ambientale è strettamente legata alla salvaguardia degli interessi comuni e la qualità della vita potrà migliorare attraverso azioni che i singoli Paesi promuovono in sintonia tra loro e con un coordinamento generale perché i benefici possano ritornare a tutti.

Per esempio, se un Paese adotta sistemi di depurazione delle acque reflue ridurrà certamente l’inquinamento del mare nelle proprie coste, ma se altri Paesi bagnati dallo stesso mare inquinano, il mare col tempo sarà inquinato anche nelle coste dei Paesi che hanno adottano un corretto servizio di depurazione.

E ancora, se un Paese adotta leggi severe sul controllo della pesca, questo grado di sensibilità ambientale viene vanificato, se il Paese vicino approfitta di tale fatto per incrementare il depauperamento del mare per trarne un personale e illecito maggiore profitto, tranne il caso in cui il Paese inadempiente non abbia come risorsa principale economica la pesca.

Quindi, ancora una volta constatiamo che il miglioramento della qualità della vita in un Paese è legata al rispetto dell’ambiente, ma dobbiamo considerare che talvolta il rispetto dell’ambiente è anche dipendente della situazione economica di quel Paese.

Il progetto Life4Medeca

Sono in atto programmi europei che coinvolgono come attori principali diversi Paesi e mirano ad ottenere dati precisi sull’inquinamento e un loro monitoraggio al fine di quantificare il quantitativo di inquinanti e le loro origini, il tutto per partecipare anche alla formazione di un costate aggiornamento del quadro normativo generale e per promuovere accordi tra i diversi Paesi del bacino mediterraneo. Nel caso dei trasporti marittimi, in particolare, per i limiti alle emissioni dovuti al trasporto marittimo, per l’obbligo di segnalazione alla UE delle situazioni in cui vi sia il rischio di una significativa riduzione della disponibilità di combustibili a norma, per le modalità di rifornimento, di stoccaggio ed uso del combustibile marittimo, ecc.

A tale scopo ho avuto modo di conoscere il progetto Life4Medeca, che è un programma per la protezione ambientale attraverso il quale sono previste fasi di ricerca, monitoraggio e proposte normative in armonia a quanto sopra descritto, col coinvolgimento nel progetto di strutture operative di diversi Paesi mediterranei attraverso una governance multilaterale. L’obiettivo è quello di creare un’area ECA (Emission Control Area) nel Mediterraneo, attraverso la concertazione delle scelte tra i Paesi transfrontalieri per ridurre sensibilmente le emissioni dovute soprattutto al trasporto marittimo.

Nel periodo 2021-23 si prevede di costruire con esso un ampio consenso per contrastare la gravità dell'inquinamento atmosferico, l'eccessiva pressione sulla biodiversità marina, la pesca e il turismo, nonché per mitigare il cambiamento climatico nell'area mediterranea. Obiettivo principale è l’ottenimento dell’inquinamento zero e per attuare ciò è previsto l’ampliamento delle attuali conoscenze dei fattori inquinanti e la creazione di uno scenario che attraverso analisi di costi e benefici metta in risalto i reali effetti socio-economici dell’obiettivo “inquinamento zero”. Il tutto col coinvolgimento delle parti interessate dei diversi Paesi mediterranei che includono la Commissione europea, l'EMSA (European Maritime Safety Agency), le autorità e/o le agenzie competenti a livello nazionale, le autorità portuali, gli operatori del settore, le ONG, le associazioni industriali e i singoli esperti a seconda dei casi.

Un programma che potrebbe fare sperare ad una azione concreta di sensibilizzazione globale a livello mediterraneo, un programma che, per quanto sopra evidenziato, potrebbe creare armonia tra i Paesi mediterranei e immettere in essi i semi della pace.

Del progetto ha destato la mia particolare attenzione il filmato, in cui viene inscenata una telefonata da parte del Mar Mediterraneo agonizzante che esprime la sua grande sofferenza con una sintetica analisi delle cause che l’hanno determinata. Un messaggio breve che ritengo fortemente espressivo e veritiero, che mette a nudo cose ben note, ma probabilmente non sempre opportunamente valutate dall’uomo. Esprime la tristezza di un Mare che sente avvicinarsi la propria fine e con essa la possibilità che venga sepolta anche la speranza di una auspicabile pace duratura tra i Paesi mediterranei oggi ancora in continua forte tensione.

Siamo difronte una crisi ambientale eccezionale i cui effetti, se non si pongono adeguati rimedi, sono facilmente prevedibili. Alla crisi ambientale si è sommata anche la forte crisi sanitaria che ha interessato l’intero mondo. È il momento in cui l’umanità intera deve agire, in cui ogni popolo deve mettere gli sforzi massimi per arrestare tale processo di devastazione, anche seguendo quanto è stato detto da Antonio Guterres, nel citato vertice di Bruxelles del giugno 2021, quando ha esortato i Paesi “ad approfittare della crisi per trasformarla in un'opportunità a orientarsi verso un mondo più verde, più equo e più sostenibile”.

Dobbiamo augurarci che le azioni che il mondo intero sarà costretto ad attuare per affrontare l’attuale crisi ambientale, siano rivolte soprattutto verso uno sfruttamento sostenibile dell’ambiente e possano così essere realmente portatrici di sviluppo economico, distensione e pace tra i popoli del mondo.