Milano, 1899. “L’Unione femminile si è costituita: per l’elevazione ed istruzione della donna, per la difesa dell’infanzia e della maternità, per dare studi e opera alle varie istituzioni di utilità sociale, per riunire in una sola sede le associazioni e istituzioni femminili. Col vantaggio per le socie: a) di avere una sede decorosa; b) una biblioteca in comune; c) una sala di lettura con giornali e riviste; d) conferenze, corsi di lezioni, trattenimenti”.

Dietro il portone del numero 32, in Corso di Porta nuova, c’è un cortile pieno di atmosfera, dall’aria immutabile, con alcuni alberi, ferri battuti e una porticina sulla sinistra. Dietro la porticina, dopo un ingresso, c’è un salone pieno di atmosfera, fermo a tanti decenni fa. Tappezzerie a fiori, fotografie in bianco e nero, quadri e sculture che riportano al 1899 e ai primi anni del Novecento, quando le donne lottavano per il voto e perché il loro pensare potesse uscire dalle famiglie e spargersi nel mondo. Le fondatrici sono diverse per estrazione sociale e formazione culturale: Ersilia Majno Bronzini, Nina Rignano Sullam, Ada Garlanda Negri, Edvige Vonwiller Gessner, Adele Riva, Antonietta Pisa Rizzi, Jole Bersellini Bellini, Rebecca Calderini. Del gruppo fondatore fanno parte anche personalità maschili di indirizzo progressista: Luigi Majno, marito di Ersilia, Giuseppe Mentessi e Umano, pseudonimo di Eugenio Meale. Ricordiamo che le donne non hanno ancora autonomia giridica e devono ricorrere all’autorizzazione maritale. L’Unione si diffonde rapidamente in tutta Italia, con un proprio progetto politico per un femminismo caratterizzato dall’impegno pratico per la salvaguardia delle lavoratrici, operaie, maestre, impiegate, insegnanti di scuola media, e per l’affermazione del valore sociale della maternità.

Milano, 2014. Che cosa si scriverebbe oggi per spiegare le ragioni dell’Unione femminile nazionale che ha più di un secolo? Il manifesto di allora, riportato in apertura di questo articolo, potrebbe ancora andare, con lievi aggiustamenti, soprattutto mettendo in risalto le parole elevazione e istruzione. Non è forse di quello che le donne e tutti gli esseri umani hanno davvero bisogno? Certo le battaglie femminili combattute da fine Ottocento fino ai movimenti femministi degli anni della contestazione erano eclatanti, eroiche, appassionate, decise e, in quel caso, l’elevazione e l’istruzione servivano per fronteggiare l’organizzazione maschile, un sistema millenario di potere basato sulla forza fisica e lo sgomento causato dalle misteriose capacità della donna di essere così carnale da partorire un figlio e così sottile nei percorsi mentali.

Adesso ci sono gli omicidi con cadenza quasi giornaliera di fidanzate, mogli, amanti, compagne, ex fidanzate, ex mogli, ex amanti, ex compagne e delle donne mai avute e sempre volute come fidanzate, mogli, amanti, compagne. Una violenza da tempi della clava conseguenza dell’impazzimento di chi non sta trovando un equilibrio fra ciò che era, piuttosto nitido, e quel che è, ancora piuttosto confuso. Ci sono, in qualche modo, una donna “nuova” e un uomo “vecchio”, che si muovono a tentoni fra conquiste da consolidare, privilegi comodi e perduti, famiglie sbriciolate. Ci sono anche le quote rose per distribuire le donne in giusta quantità nei posti di comando, forse giuste, ma un po’ da ghetto, con quello squallore zuccheroso e ipocrita che le ammanta. Fanno un effetto simile alle regole sulla privacy che sottolineano l’ormai totale impossibilità di farsi i fatti propri. Più firmiamo carte che dovrebbero impedire ai vari Grandi fratelli, di spiare nelle nostre vite, più siamo sotto osservazione.

Elevazione e istruzione, più di sempre, per alimentare la scricchiolante civiltà. "Nelle cose essenziali unità. Nelle cose dubbie libertà. In tutte le cose carità" è il motto dell’Unione femminile nazionale, attribuito a Sant’Agostino pare invece non sia suo, comunque è stupendo. Rende l’idea della speranza di progresso che illumina il cuore quando si varca la soglia dell’associazione. L’Unione è un luogo dove sembra vengano perpetuate solo le cose che ci piacciono, non viene voglia di sbirciare sotto ai tappeti per cercare la polvere della meschinità o dell’invidia. Che cosa si osserva dalle sue stanze storiche, ma non ammuffite? L’autenticità della riscossa femminile e il suo consolidamento nel tempo con il sedimentare dei successi ottenuti.

Ai tempi della fondazione l’attività politica quotidiana si svolge nell’ufficio di consulenza legale e burocratica rivolto in particolare alle donne, ma aperto anche agli uomini (La fraterna); nei consultori pediatrici; nella scuola di disegno professionale per le bambine che lavorano nelle botteghe di modisteria; nelle scuole di preparazione sociale per ragazze di media cultura; nella cassa di maternità per le lavoratrici in puerperio. La Grande guerra vede l’Unione impegnata a favore dei combattenti e delle loro famiglie. L’avvento del Fascismo la costringe a ridurre la propria presenza politica, anche se l’istituzione riesce a mantenere l’impegno sociale a favore delle madri lavoratrici e della legalizzazione dei contratti di lavoro delle domestiche. Nel 1931 sostiene una petizione per il disarmo unilaterale e per la pace tra i popoli. Nel 1938, in seguito alle leggi razziali, il regime ordina lo scioglimento dell’Unione per la presenza di varie socie di estrazione ebraica che avevano trovato in Corso di Porta nuova la sede per continuare il loro impegno politico e sociale. Grazie a un cavillo legale, studiato dall’avvocato Edoardo Majno, figlio di Ersilia, la cooperativa riesce a conservare la proprietà dell’edificio. Nel ’48 l’associazione viene ricostituita e riprende subito la sua attività: fino all’inizio degli anni Sessanta ospita una “Scuola dei genitori” che affianca le famiglie nel loro compito di praticare un’educazione democratica, adatta ai tempi. Negli anni Settanta /Ottanta s’impegna nelle lotte per le riforme del diritto di famiglia, per il diritto alla contraccezione, per il divorzio e per le altre conquiste sociali del tempo.

Nel corso degli ultimi decenni, l’attività dell’Unione tende a diffondere una cultura sociale che valorizzi l’esperienza delle donne continuando ad appoggiare sul territorio le strutture che offrono servizi rispondenti ai loro bisogni. I servizi di oggi sono: lo sportello di assistenza legale gratuita per il diritto di famiglia, la biblioteca specializzata sui temi della storia, condizione, identità femminile e sugli studi in genere, assistenza alla ricerca relativa ai fondi archivistici già inventariati, attività di inventariazione, incontri di discussione. Il grande archivio dei Majno testimonia il rapporto forte e mai interrotto con la famiglia di una delle fondatrici.

Dopo un secolo e oltre di attività l’associazione potrebbe forse chiamarsi Unione femminile internazionale tante sono le immigrate, ragazzine in difficoltà comprese, che trovano un abbraccio in corso di Porta nuova.