Arriverà il freddo, con il suo tremito sulle nostre pelli.
Giungerà sfiorando la terra, abbracciando le foglie secche già cadute rendendole immortali nella loro forma al cospetto del tempo.
Non è ancora ora, ma l'ultimo soffio di vento caldo lascerà spazio alle ombre che piano piano andranno allungandosi per ricordarci d'esser figli delle stagioni.
Legami forti, immortali, che mutano nel tempo per poi ritornare uguali.

Esseri umani figli del tempo, condizione nota anche in Franconia, regione situata nella parte centro meridionale della Germania, al tempo in cui la terra era ancora concepita come luogo di prosperità e sofferenza.
La leggenda ci riporta all'anno 1794, nella storica cittadina di Würzburg. Pareva un anno del tutto normale, normali erano le persone, normali erano le vigne, del tutto normale il tempo che passava. Insomma tutto nella norma, fino ad una notte. Una gelata improvvisa colpì la città, le temperature scesero nettamente sotto lo zero. Alcuni finirono la legna da ardere, altri passarono la notte al gelo, i più fortunati non erano ancora nati. E le vigne dall'alto stavano a guardare, proteggendosi rilasciando acido malico, perché così era giusto, perché così madre natura impose. Gli acini si ghiacciarono, uno ad uno, senza chiedere permesso o domandarsi il come mai. Si doveva agire, subito.

Il raccolto rischiava di andar perso e per di più i commissari addetti a comunicare l'inizio della vendemmia tardavano ad arrivare, forse persi nel gelo a cercar tepore in qualche vecchia locanda incontrata nel percorso. Comunque sia si dovette attendere, e si attese, tra il bisbigliare delle donne alla luce tenue di una candela quasi finita e il chiassoso vociare di contadini, ognuno con la propria da dire a riguardo.

Arrivò altro freddo, arrivò un'altra notte. Finalmente giunse anche il via libera alla vendemmia. Nella notte pendevano ghiacciati i grappoli, a breve furono raccolti e portati in cantina, si salvò il salvabile secondo alcuni, ancora ignari di aver appena creato il prototipo di ciò che oggi viene chiamato Eiswein. Chissà quanti pensieri saranno passati nella mente di colui che per primo assaggiò quell'acino scoprendolo incredibilmente dolce. Gelo in bocca, calore nell’anima.

Eiswein, classificato come vino liquoroso speciale, dove il termine speciale in questo caso non è da riferirsi solamente al fatto che venga consumato in occasioni speciali, ma bensì alla metodologia di produzione. Procedura che necessita dell’esposizione delle le uve a ripetute ghiacciate, dove i grappoli ancora in vigna subiranno un parziale congelamento. All'interno dell'acino l'acqua verrà congelata, mentre zuccheri e acidi legati avranno modo di rimanere allo stato liquido. La vendemmia, generalmente effettuata nelle notti più fredde, deve essere svolta rapidamente in maniera tale che le uve giungano in cantina ancora congelate (alcuni disciplinari prevedono una temperatura massima di meno 7 gradi centigradi). Dalle uve pressate ancora congelate si otterrà un liquido dal colore intenso, profumato e dolce. Prodotto di crioconcentrazione, dove gli aromi e le sensazioni organolettiche fanno da sfondo ad un'acidità che ben si equilibra alla dolcezza e morbidezza propria di questo vino.

Vino di ghiaccio che riscalda i cuori, che pare il racconto di una storia tra ingegno e casualità. Arriverà, anche quest'anno, come un tremito sulla pelle rendendo immortali le emozioni del primo sorso.
Arriverà il freddo.
Arriverà.