Dovresti salirci per le Alpi Apuane, te che sei abituato al candore del Monviso, alla sue cime che un tempo erano sempre bianche.
Dovresti inoltrarti nella crepa verticale tra Liguria e Toscana e salire, inerpicarti su per quegli stretti tornanti che dal basso sembrano serpi alla ricerca di un nascondiglio.
Quelle sono montagne di marmo che stanno piangendo.
Guardale.
Sono spaccate.
Crepate come cocomeri alla calura estiva.
Negli ultimi vent’anni è stato estratto più marmo di quanto se ne sia strappato negli ultimi duemila anni.
Anche il Buonarroti ci veniva quassù a scegliere il blocco duro e grezzo da modellare.
Il maestro diceva che la bellezza era insita nel grezzo, vi era già una forma all’interno di eccezionale magnificenza, sarebbe stato solo utile rispettarla e entrare in una triade di sintonia tra uomo, attrezzo e materia per poterne ammirare l’opera compiuta.
Non credo che il marmo estratto ai nostri giorni abbia scopi così nobili.
Marmo, conosciuto come roccia metamorfica a prevalenza di carbonato di calcio per chi necessita di nomi scientifici, oppure pietra splendente per chi non vuole rinunciare al fascino dell’etimologia che non è solo poesia ma anche base della nostra civiltà, della nostra scrittura e del nostro parlare.
Cosa ci si può fare con il marmo?
Una bella scalinata, un bancone per il bar, il davanzale del bagno.
Premesso che tu sia in Italia, perché tutto questo all’estero è molto meno accessibile e consueto di quanto si possa pensare.
“Con il marmo si può anche cucinare, sì sì te lo giuro”!

L’ho sentito dire da un americano in visita a Colonnata, lo diceva a bocca larga agli amici via skype come se avesse scoperto qualcosa di innovativo e inenarrabile. Lo stupore si scolpì sul suo viso dopo aver scrutato con attenzione minuziosa quel pezzo di grasso suino che usciva livido da quel freddo marmo. Aprì occhi, bocca e naso all'unisono, quasi a non perdere quella sinfonia di sensazioni che invadeva oramai la stanza. Non rimase che un “wow” di stupore.

Lardo di Colonnata, così si chiama quello che si sta sciogliendo nella tua bocca e sta donando coscienza al tuo essere vivo per poter godere del lento disfarsi del grasso che si lega al sale, al pepe e alle spezie in una danza antecedente al pensiero tra la lingua e il palato in una dimensione accentuata dal retroolfatto che ripropone alcune note che sembravano sparite nella deglutizione.

Salume a indicazione geografica protetta (IGP), il lardo di Colonnata è tipico dell’omonimo paesino sulle Alpi Apuane nel comune di Carrara, in provincia di Massa Carrara. In queste zone il marmo, estratto dalle cave, viene impiegato da tempo immemore anche per la conservazione degli alimenti. Splendido esempio ne sono le conche dove vengono riposte, a strati alterni, le falde di lardo suino e la salata con gli aromi di pepe, cannella, chiodi di garofano, coriandolo, salvia e rosmarino. Questi particolari contenitori vengono spesso strofinati con aglio e sono capaci di mantenere temperature e umidità particolari, in grado di conferire caratteristiche uniche al prodotto finito che ha una stagionatura di circa dieci mesi.

Il lardo di Colonnata ha un aspetto umido, è di colore bianco leggermente rosato e presenta una consistenza omogenea e morbida. In passato era considerato un semplice condimento, un companatico povero per i lavoratori delle cave. Ora diviene alimento dagli abbinamenti più inusuali, come ad esempio con i crostacei. Ora che di tempo ne è passato da quando gli alimenti venivano semplicemente dalla terra e come frutto del lavoro dell’uomo, e vi era poca intenzione e voglia di fare della fighetteria con parole che riempiono la bocca più del cibo.

Ora che tanto si è discusso sulla territorialità di questo prodotto.
Ora che la territorialità diviene biodiversità sostenibile da salvaguardare, ma se costa poco è meglio.
Ora che sessant’anni fa nel bilancio delle famiglie la voce più importante era la spesa per il cibo e non lo smartphone, probabilmente complice la poca commestibilità di quest’ultimo.
Ora che i nostri vecchi mangiavano meno ma mangiavano meglio.
Ora che c’è la crisi, ma sta per finire.
Ora che gli stranieri in vacanza tornano da noi, ma preferiscono la costiera adriatica alla sua diretta concorrente che sta più a ovest perché vengono trattati in altro modo.
Ora che di montagna praticamente non ce n’è più e le teste dure come il marmo degli abitanti restano sempre uguali, faccio due passi in una colonnata praticamente deserta, schiava di una mentalità, a detta di chi ci abita in questa provincia, obsoleta e contro le innovazioni.

Ebbene, ora che gli anni Ottanta sono finiti sarebbe cosa buona e giusta aprirsi al mondo per non rischiare di far la fine dei maiali ed essere schiacciati da parole dure come marmo. .