Percorrere le strade, le colline della Franciacorta, oggi divenuto un territorio di eccellenza per l’enogastronomia e la produzione vitivinicola, fa incontrare diverse realtà e diversi aspetti. Per molti decenni territorio abbandonato a se stesso e sfruttato a livello industriale, come testimoniano decine di capannoni (le famose “fabrichette”) a ricordo di una crescita imprenditoriale e produttiva nei decenni del boom locale e nazionale, aveva nella terra e nella sua cura un atteggiamento secondario, dove si produceva soprattutto per i bisogni locali e dell’hinterland bresciano.

Poi, come in una mutazione genetica, con il cambiare dei tempi, con il declino industriale e con l’evoluzione dei consumi, la riscoperta del lavoro dei campi, qui coniugati con una terra non semplice da vivere, generosa ma dura. E, soprattutto, la scelta vitivinicola che, date le particolari caratteristiche dei vitigni locali, le caratteristiche minerali della zona morenica del lago d’Iseo e la meteorologia, ha condotto negli anni, con un grande lavoro comune, a identificare la zona come un vero brand per la produzione di quelle che vengono comunemente e a livello conviviale chiamate “bollicine”, ma che, con la sovrapposizione del nome al territorio, oggi vogliono dire vini spumanti italiani d’eccellenza: Franciacorta, appunto!

In questa storia di successo, fatta di intuizioni, di lavoro, di spirito di iniziativa e di coraggio dinanzi alle difficoltà oggettive, alle ritrosie, se non alle rigidezze, di molti, spicca una realtà particolare, unica nel suo genere che arricchisce le molte ragioni per conoscere questo territorio e le sue moltissime sfaccettature. Parliamo di una storia, di una famiglia che a differenza di molti altri imprenditori, nasce e rimane contadina pur nell’evoluzione e nei cambiamenti: quella che oggi rappresenta La Montina.

Un tratto, che differenzia questa storia non tanto nell’aspetto produttivo e vitivinicolo, quanto nello specifico imprinting che caratterizza l’essere artefici del vino. Ed è di questa storia che vogliamo parlare. È la storia stessa del luogo, del resto, a rimandarci indietro nei secoli, quando il possedimento, oggi sede della cantina, era di proprietà della famiglia che diede i natali al futuro papa Paolo VI, al secolo Giovanni Battista Montini. E già in questo si coglie il primo segnale di attaccamento alla terra che non è soltanto ossequio all’antica famiglia, ma segno di rispetto che si riscontra nel nome di oggi e identifica il luogo e l’impresa. Un’impresa certo moderna e modernamente concepita, che tuttavia non dimentica, anzi, si vanta dell’antica tradizione contadina nel cui ambito la produzione del vino e la sua crescita avevano un ruolo, non centrale, ma importante.

Un po’ di storia, dunque. Le prime notizie su La Montina risalgono al 1620, quando proprietaria della casa padronale era la nobile famiglia bresciana facente capo a Benedetto Montini – avo di papa Paolo VI – il cui cognome originò poi il toponimo Montina. Da allora, questa piccola località che comprende, oltre le terre vitate, la collina retrostante, ha preso il nome che è rimasto tale. Passata di mano in mano nell’arco dei secoli, verso il 1970 la tenuta, ormai in grave stato di abbandono, ospitava un convento di Suore Dorotee. Con balzi tipici di un racconto, come si direbbe oggi, “smart”, arriviamo al 1982: tre dei sette fratelli Bozza (la famiglia di origini contadine che ne è l’attuale proprietaria), ovvero Gian Carlo, Vittorio e Alberto, acquistano la proprietà delle monache Dorotee in Contrada Baiana e il loro terreno (circa 12 ettari) fra bosco e vigne, con cascina e convento. L’obiettivo, sin dall’inizio, con la capacità di intuizione propria di chi vive e coltiva la terra, era di produrre Franciacorta. Leggiamo i passi ulteriori, con i lavori nelle vigne che procedono insieme alla costruzione della cantina, completamente interrata nella collina e non visibile dall’esterno, dove vengono scavate le gallerie di affinamento, la sala vinificazione, la barricaia.

Intuizione contadina e capacità imprenditoriale portano, all’acquisizione di altri terreni fino a raggiungere i 72 ettari attuali, dislocati in 7 Comuni della zona franciacortina. Dieci anni fa, l’ampliamento della cantina che oggi ha una capacità di stoccaggio di circa 3 milioni di bottiglie e si estende per 7.450 m² sotterranei. Anche questa scelta, tipica delle produzioni contadine, garantisce tutto l’anno la minore escursione termica possibile, attorno ai 13°-16°, condizione ottimale per la giusta maturazione dei vini Franciacorta. L’azienda vitivinicola in quanto tale nasce cinque anni dopo, nell’aprile del 1987, per volere dei tre fratelli che, sin dalla più tenera età e fino ad oggi, dalla campagna e dalle sue tradizioni hanno tratto la passione per la terra e per l’enologia. Un segno indelebile, peraltro, quello che il padre Fioravante Antonio (detto Fiore), manifestava con le mani tinte del tipico colore dei vinattieri, ossia il venditore al minuto e all’ingrosso di vini, il vinaio, che lavorava da sempre i vigneti e produceva vino rosso, mentre la madre Vittoria Gaia (detta Gina) gestiva la propria Osteria nel cuore di Monticelli Brusati, il paese d’origine di tutta la famiglia.

Oggi, i valori della famiglia Bozza sono custoditi anche dai nipoti Michele e Daniele, che li interpretano su concetti nuovi e tecnologicamente evoluti, nel rispetto del territorio e delle generazioni passate. Una nuova sapienza certo, ma per mantenere fede all’impegno di una tradizione familiare e alle sue origini. Proprio a Michele Bozza abbiamo voluto porre qualche domanda per comprendere il significato di un impegno originale nel quadro della Franciacorta produttiva in campo enologico.

Un lavoro, quello che porti avanti che guarda lontano e che vede il Franciacorta nella vostra interpretazione in ogni angolo del mondo, con riconoscimenti e apprezzamenti costanti. Che cosa fa la differenza nel vostro modo di vivere e produrre in una realtà così complessa come quella in cui siete inseriti?

Oggi una realtà complessa, morfologicamente parlando, non è certamente la Franciacorta, che grazie allo spirito imprenditoriale che lei ha giustamente citato, è riuscita in pochissimi decenni a stravolgere un concetto di territorio, industriale prima e vitivinicolo poi.

La complessità arriva più da un processo di crescita a livello commerciale e di posizionamento di brand. In Italia è stato completato anni fa, attestando il marchio Franciacorta al vertice della classifica delle “bollicine nobili” italiane. All’estero c’è ancora molto da fare; paghiamo, infatti, lo scotto di avere un territorio giovane, ne è la dimostrazione la percentuale piuttosto esigua di bottiglie prodotte che solca, ad oggi, i confini del Bel Paese.

Un processo pioneristico che non ci spaventa, trovando, anzi, nell’essere “piccoli” ed esclusivi i nostri punti di forza, vantando anche di avere il “disciplinare più restrittivo al mondo”.

Nella pratica, come si è agito per mutare la percezione e la natura di un territorio da industriale a vitivinicolo: attenzione e rispetto crescente della materia prima, posizionamento dei vigneti in zone vocate, ricerca spasmodica della qualità in vigna e in cantina, studio del territorio, conversione della produzione in biologico con una crescente sensibilizzazione all’utilizzo di prodotti non di sintesi.

Come cantina La Montina ha dato il suo contributo e ha cercato di fare la differenza sia in vigna che in cantina, focalizzandosi sull’incoming di turisti. Dotandosi di una struttura (con cantina annessa, scavata all’interno della collina) adatta a ospitare eventi, degustazioni e mostre d’arte.

Abbiamo definito la vostra, una storia contadina, puoi darci qualche elemento in più, qualche ricordo, qualche racconto di famiglia che descriva questo particolare modo di porvi nella scena produttiva di questa parte d’Italia? E cosa vuol dire interpretare, appunto, una tradizione contadina?

Mi piace essere definito contadino; mio padre nelle visite alla cantina lo dice sempre che è un contadino, anche se non lavora più fisicamente la terra, ma è una filosofia di vita che ti rimane addosso come una seconda pelle. Per rendere l’idea, è ancora mio padre (Gian Carlo Bozza) che va a controllare tutti i vigneti prima della vendemmia, che assaggia le uve per capire se sono pronte ad essere raccolte o meno.

L’ultimo ventennio ha visto il mondo del vino, anche in Franciacorta, vestirsi di glamour. È cambiato il modo di approcciarsi a un mercato che è sempre più “trendy” e “social”, ma noi non dimentichiamo da dove siamo venuti, anzi è proprio questa la nostra forza. La parte contadina è il lato più vero e genuino che abbiamo; è la natura che ci fa sorridere mentre ci raccontiamo aneddoti vissuti durante una potatura o una vendemmia.

È la sensazione di condivisione famigliare quando durante una degustazione con lo staff della cantina constatiamo che il clima è impazzito e che non ci sono più le vendemmie di una volta!

È bello vedere come tanti giovani stiano tornando ai campi, che li vogliano vivere davvero in prima persona. Bisogna ricordarsi che senza la terra non c’è uva e senza questa non c’è il vino. Curare le radici per avere una pianta forte, questo ci ha insegnato il nostro essere contadini.

L’enologia e le produzioni vitivinicole sono sempre più caratterizzate da influssi scientifici legati alla ricerca e all’affinamento, necessari nel quadro internazionale; che cosa è, però, che definisce e distingue i vini italiani come i vostri?

Abbiamo una grande responsabilità nei confronti del marchio “Made in Italy”! Una credibilità italiana che ci siamo costruiti in anni e anni di grandi vini, di scelte coraggiose e senza dubbio di tecnologia e ricerca, che è indispensabile per garantire una sempre migliore qualità! Ricordandosi sempre che tutto nasce dal vigneto e dal suo pieno rispetto!

Nel caso specifico del Franciacorta, ci distinguono, oltre al disciplinare di produzione più restrittivo a livello mondiale, uno studio di zonazione effettuato per migliorare la conoscenza dei fattori di produzione in campo che determinano e influenzano la qualità del prodotto, e anche l’ottimizzazione e l’efficienza del lavoro e delle scelte tecniche di coltivazione. Importantissima anche l’attuale conversione di quasi il 70% del vigneto franciacortino in biologico.