A Palermo, dove si panifica non solo di notte ma più volte al giorno, quando si invita qualcuno a pranzo ci si deve preoccupare di avere pane non solo fresco ma freschissimo e per freschissimo si intende appena sfornato. Se per qualsiasi motivo ciò non è stato possibile sarà necessario avvertire il proprio ospite chiedendo scusa per la grave mancanza di rispetto.

Con il pane non si scherza. Già il buon Buzzi1 alla fine degli anni ‘80 aveva lanciato l'allarme, il pane stava cambiando e non in meglio a causa delle lavorazioni industriali e dell'abuso di farine troppo raffinate. Addirittura le baguette francesi avevano perso il loro profumo e la loro fragranza. In Italia non si stava meglio, additivi e lieviti acceleranti minacciavano una tradizione rimasta immutata da secoli. Si stavano minando le basi dell'alimentazione.

Le cose, per fortuna, non sono andate così male. Nonostante si sia ormai diffuso anche nel nostro Paese l'utilizzo di pane pieno di conservanti, va rilevato che, parallelamente, si è sviluppata una nuova consapevolezza che ha portato alla riscoperta dei procedimenti tradizionali e delle materie prime di qualità. In più oggi, a causa della recente crisi economica, molte persone hanno cominciato ad infornare il pane in casa e altre hanno deciso di rimettere in funzione forni dimenticati nelle case di campagna e altre ancora hanno scelto di diffondere la conoscenza sull'uso della pasta madre, donandola con gesti solenni a parenti e amici. Per capirne di più ho parlato di pane con chi il pane lo conosce bene e lo sa fare: il baker-chef Avner Laskin.

Ciao Avner, dimmi un po', come è nata la tua passione per il pane?

Già all'età di dieci anni “trafficavo” in cucina. Tutte le settimane veniva fatto il pane in casa e mi veniva raccontata la storia della mia bisnonna Mary che all'inizio del secolo scorso era vissuta in Lituania ed era stata una rinomata panettiera. Un vero mito nella mia famiglia, che mi ha fortemente influenzato ed ispirato. Quando nel 1990, a Parigi, lavoravo come apprendista presso la Boulangerie Poilâne in St Germain Des Près, sentivo già che il mio obiettivo segreto era quello di imparare a fare il pane bene per poter un giorno ritrovare la fragranza e il gusto del pane della mia infanzia.

Il Pane, alimento sacro, antico quanto l'Uomo. Tu che sei nato e vivi in una zona che è stata la culla della civiltà occidentale avverti più fortemente la presenza di questo filo ininterrotto con il passato?

Eh beh sì, qui dalle mie parti si panifica da qualcosa come 7000 anni! So di ritrovamenti archeologici ancora più antichi che dimostrano come il pane sia stato da sempre sinonimo di cibo, di sostentamento, di vita. E per questo è diventato sacro. Quando ho aperto il mio primo forno a Tel Aviv, oltre a numerosi tipi di pane di ispirazione francese, ho naturalmente dato spazio alla tradizione della mia terra, rivisitando in chiave moderna le ricette del Challah (pane della festa), del Simit o del Pita (pane arabo). Il pane Pita fa parte della grande famiglia dei pani bassi, alle quale appartiene anche la vostra amata pizza. Una tradizione antichissima, di provenienza turco-ottomana ma con evidenti influenze orientali. L'altro pane, quello che tutti conosciamo come tale esiste invece grazie agli antichi Egizi che per primi sperimentarono la lunga fermentazione dei lieviti e crearono la Pasta Madre. Una invenzione che Greci e Romani colsero subito sviluppandola nei secoli successivi. Una storia affascinante quella del pane, un viaggio ininterrotto dall'antichità fino ai giorni nostri.

So che da tempo sei naturalizzato italiano e non perdi occasione per visitare il nostro paese apprezzandone la qualità e la varietà della sua cucina. Cosa pensi del pane che trovi sulle nostre tavole?

Amo decisamente l'Italia, Paese che non ha uguali. Dal punto di vista culinario poi è un assoluto concentrato di meraviglie e delizie. Un Paese che purtroppo soffre a causa della globalizzazione, delle nuove regole del mercato, dei ritmi del mondo moderno. E non sempre coglie le opportunità presenti nelle sfide del nostro tempo, preferendo arrendersi, come, per esempio, nel caso dei fast food o della sofisticazione dei cibi. Il pane è stato il primo prodotto ad essere colpito e a soffrirne, ma devo dire che fortunatamente il trend è cambiato negli ultimi anni, c'è una coscienza nuova, si riscoprono i valori delle ricette di un tempo. La materia prima in Italia, quella scelta, è di incomparabile qualità, peccato veramente non farne un buon uso. Preferire la qualità sulla quantità non è da tutti e nel caso del pane non sembra ancora accettabile la necessità di attendere 48/72 ore per la fermentazione dell'impasto. È quella la chiave per ottenere pane di qualità. Per troppo tempo si sono preferiti i prelavorati o le lievitazioni veloci ma poi le conseguenze si sono viste (intolleranze alimentari, demonizzazione dei farinacei, ecc.) Ma, come dicevo, oggi c'è sempre più gente che lavora bene, che è rispettosa. Specie antiche di frumento vengono recuperate, poi c'è il Farro che è stato riscoperto e che, come sai, arriva direttamente dai romani, insomma, le possibilità potenzialmente ci sono tutte. Quindi, farine scelte e fiducia nei processi lunghi: il buon pane richiede tempo!

Il fornaio tradizionalmente non solo impasta con sapienza gli ingredienti per fare un ottimo pane ma deve governare il forno, preparare il fuoco e tenerlo a bada. Com'è il tuo personale rapporto con questo elemento fondamentale?

Il fuoco è alchimia pura! Tutti dovrebbero imparare ad accendere un fuoco! E non solo per il piacere che questo atto procura, che già quello non è poco. Certamente la preparazione del forno è fondamentale ed è molto diversa a seconda di cosa si abbia intenzione di infornare. Per il pane si procederà a creare una fiamma importante con delle fascine di legna piccola ripulendo perfettamente il forno dalla cenere, per pizza e focacce la presenza di un fuoco vivo continuo è fondamentale. Usare il fuoco significa fare ogni volta l'esperienza della trasformazione.

Dopo che il pane è uscito dal forno il calore perdura ancora a lungo. Ho degli amici che fanno il pane alla domenica e per tutto il giorno la loro casa è un via vai di persone che passano ed infornano torte, focacce e pizze. Il calore del fuoco si trasforma in convivialità, condivisione, calore umano. Ogni volta è una festa. Vivi anche tu delle esperienze simili?

Conosco questa tradizione che è anch'essa antica quanto il pane e che si rifà ad un tempo in cui i forni, o per meglio dire, il forno, era collettivo, spesso un unico forno per tutto il villaggio. Infornate collettive mi capitano sovente in occasione dei miei corsi altrimenti fino ad oggi la panificazione è sempre stata per me un momento solitario, di raccoglimento. L'idea dei tuoi amici è molto bella, penso che la adotterò presto...

Fare il pane è considerato un mestiere duro, sfiancante per la necessità di lavorare di notte, ecc. Per questo motivo non sembra essere molto appetibile per i giovani. C'è qualcosa che vorresti dire a questi ragazzi per spronarli a scoprire questo mondo straordinario?

Fare il pane è come fare musica. Chi sa fare il pane entra in possesso di una lingua universale, può comunicare con tutti. E si tratta di una lingua chiara, vera. Che parla di Pace. Chi sa fare il pane prega, medita ogni giorno davanti al forno in modo non molto dissimile dai nostri progenitori che hanno fatto lo stesso migliaia di anni fa. Per questo fare il pane dà un senso di appartenenza, unisce. E ci fa sentire in contatto con la storia millenaria del Mediterraneo.

Chi fa il pane non sarà mai solo.

1 Aldo Buzzi, L'uovo alla kok, Adelphi.