Come ogni ambito ed ogni attività, la pandemia con la quale continuiamo a convivere, ci impone una rivisitazione del modo stesso con il quale approcciamo la natura, rendendoci consapevoli della sua complessità e allo stesso tempo della relativa semplicità delle azioni che l’uomo deve porre in atto per rispettarla, assecondarla ed essere a sua volta “rispettato”. Molte sono le azioni positive e che riguardano tutti, ognuno di noi, nella nostra quotidianità, nel rapporto con gli altri, nel rapporto con le cose per provare a guardare avanti a quel “dopo” che sempre arriverà, ma della cui “natura” non possiamo essere certi, consapevoli però di ciò che non va nella direzione giusta.

Proprio l’approccio, la competenza, la visione di insieme costituiscono il punto nevralgico. In un settore come quello vitivinicolo, nei confronti di quella vite che spesso si sottolinea è metafora della vita, l’insieme dei fattori caratterizzanti e condizionanti appare in tutta la sua chiarezza.

È da questa premessa che si sono mossi Marco Simonit e Pierpaolo Sirch, da trent’anni ideatori e guida, dell’unico gruppo internazionale specializzato e accreditato nel settore della formazione del personale addetto alla potatura manuale dei vigneti, per identificare capisaldi, percorso e azione nel settore di loro competenza e nel quale sono divenuti eccellenza italiana nel mondo con filiali a Bordeaux, Napa Valley, Sud Africa.

Un approccio che parte da un assunto: la semplicità di analisi apparente cela la complessità dell’intervento inerendo conoscenze e cognizioni approfondite sul mondo vegetale, sulle sue caratteristiche, capacità di resilienza e di ripresa.

E con questi punti fermi che è nato il Vine Surgery Team certificato Simonit&Sirch, con squadre di pronto intervento che scendono in campo per salvare i vigneti dal mal d’esca, senza estirparli. L’approccio è semplice, nella sua complessità: le squadre preparate ed equipaggiate in modo specifico, operano tempestivamente su richiesta delle aziende con interventi di dendrochirurgia, una tecnica letteralmente “chirurgica”, che i Vine Master Pruners hanno messo a punto in questi anni per contrastare proprio i deleteri effetti del mal d’esca, la più grave e diffusa malattia che colpisce i vigneti di tutto il mondo, e in particolar modo quelli europei.

“Banalizzando, si può paragonare il nostro intervento a quanto fa un dentista per curare una carie, spiega Marco Simonit. Utilizzando piccole motoseghe elettriche, si apre letteralmente, come in un intervento chirurgico, il tronco e si asporta in profondità la parte intaccata dalla malattia. È così in questa apparente semplicità che comporta però la conoscenza completa della fisiologia della pianta che questa, “disintossicata” dalla malattia, riacquista nel giro di poco tempo vigore, riprende a fruttificare e torna pienamente produttiva. L’invasività programmata dell’intervento, peraltro, sottolinea sempre Simonit, non ha molte alternative, anzi non ne ha purtroppo alcuna. “Non ci sono prodotti efficaci per curare il mal d’esca, anche se si sta facendo molta ricerca in tal senso. Due sole le cose da fare, allora per preservare il vigneto, curare le piante e rafforzarle: prevenzione con una corretta potatura e intervento chirurgico tempestivo non appena le piante iniziano a manifestare i primi sintomi.”

Il lavoro che con grande rigore è stato condotto ha prodotto risultati in 10 anni di lavori e sperimentazioni in vigneti italiani, francesi e in varie importanti aree viticole del mondo che sono sorprendenti: il 90% delle piante trattate è tornato pienamente produttivo. “Un risultato di grande importanza, osserva Marco Simonit, sia per la qualità dei vini che per la ricaduta economica. Infatti, estirpando le viti malate e sostituendole con nuove barbatelle, si crea nel vigneto una disparità della qualità delle uve che influisce ovviamente sulla qualità e quantità del vino: avere delle piante più longeve possibile è un’esigenza prioritaria per tutti i vignaioli, ma soprattutto per le più importanti maisons internazionali, dato che garantisce la continuità qualitativa e la riconoscibilità dei loro grandi vini”.

Di qui il ricorso con successo alla dendrochirurgia che consente inoltre alle aziende notevolissimi risparmi “dato che si evita il costo del reimpianto (estirpo delle viti malate, scavo delle buche, impianto delle barbatelle, allevamento) e si ovvia alla mancata produzione da parte delle nuove piante per almeno 6 anni.

Le prime prove dell’approccio di dendrochirurgia sono state fatte da Simonit&Sirch nel 2011 a Château Reynon nel bordolese, quindi da Schiopetto in Friuli e da Bellavista in Franciacorta. In 10 anni di lavoro e sperimentazione, sono state operate 15.000 piante di 12 varietà (Sauvignon Blanc, Chardonnay, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Sauvignon, Pinot nero, Riesling, Malvasia Istriana, Sangiovese, Gruener Veltiner, Carmenere, Malbec), in vigneti di 12 regioni viticole: Collio, Franciacorta, Montalcino, Champagne, Borgogna, Bordeaux, Mendoza, Kamptal, Steiermark, Pfalz, Istria e Maipo in Cile.

L’analisi dei dati raccolti – e validati anche dall’Università e dall’INRA Institut National de la Recherche Agronomique di Bordeaux – ha dimostrato con efficacia che la dendrochirurgia rallenta la progressione di sintomi di mortalità delle piante infette e che, nonostante le piante operate mostrino un vigore e fertilità leggermente inferiore rispetto alle piante sane, la qualità delle uve è comparabile. Discorso completamente diverso ed opposto per le piante infette non operate.

Il valore dell’impegno trova in Simonit un convinto e rigoroso assertore: “A titolo di esempio - precisa - basti dire che in 6 anni (dal 2011 al 2017) il 90% delle piante della cultivar Sauvignon bianco operate in Friuli sono tornate produttive, e se prima del 2011 ne venivano sostituite a causa del mal d’esca il 4,3% per ettaro, dopo il 2017 la percentuale è scesa allo 0,07%.” Indubbiamente un risultato che si commenta da solo!

Ma come si è arrivati all’applicazione di questo sistema di intervento, peraltro non ignoto e conosciuto anzi da secoli? “Tutto è nato anni fa, precisa Simonit, quando abbiamo pensato di sperimentare la dendrochirurgia, descritta da Ravaz e Lafon come praticata fin dall’antichità e applicata da Poussard alla fine del 1800 con risultati molto incoraggianti, ovvero 90-95% di ceppi risanati. Prezioso per il lavoro l’interessamento del prof. Denis Dubourdieu, già direttore dell’ISVV Institut des Sciences de la vigne et du vin dell’Università di Bordeaux, prematuramente scomparso, grazie al cui consiglio abbiamo messo in pratica con strumenti moderni, questo antico sistema non applicato però in modo proporzionale al suo evidente valore. Siamo stati i primi in assoluto a farlo - sottolinea Simonit - sia in Italia che all’estero” ed esprime soddisfazione per quanto fatto ma che, nella filosofia della “ditta” Simonit e Sirch, vuol dire soltanto andare avanti con decisione e convinzione.

“Non ci fermeremo qui, perché il nostro è un lavoro sempre in progress, ribatte Simonit. Stiamo verificando, ad esempio, quale è il miglior periodo dell’anno per intervenire, con quanta frequenza dobbiamo farlo, quante piante può operare al giorno una persona, per quanto tempo le piante che operiamo rimangono asintomatiche ed altri vari fattori”. Dunque, non può e non deve essere un intervento spot. Ma un preciso impegno di cura a e “manutenzione” delle piante per far sì che esse stesse, rinnovate e risanate sappiano esprimere al massimo il loro potenziale.

Per Simonit e Sirch, peraltro, si tratta di un ulteriore elemento di eccellenza nell’operare per la vite e il vino. Un’eccellenza che li ha visti di recente fare un passo ancor più prestigioso: dal vino al cognac. Il gruppo, infatti, è stato chiamato come consulente da Hennessy, leader mondiale del mercato del cognac con sede nella località omonima nell’Ovest della Francia. Fondata nel 1765, la maison, che appartiene al gruppo LVMH, è oggi la prima produttrice al mondo di cognac.

Per Simonit e Sirch è poi come giocare in casa. Hennessy, infatti, è impegnata da molti anni nella ricerca per combattere le malattie del legno. Impegno che si sviluppa su due orizzonti. Il primo a lungo termine che vede la maison associata all'INRA-Bordeaux Sciences Agro e all'Agence Nationale de la Recherche tramite l’Unité Mixte de Recherche SAVE, Santé & Agréologie du Vignoble. Un progetto, avviato nel 2015, ampliato e consolidato nel 2016 con la creazione di una task force GTD free per trovare le migliori pratiche colturali (tra cui anche la migliore potatura) per ridurre le malattie del legno. Il secondo a breve e medio termine sperimentando sui suoi 180 ettari di vigneto nuove pratiche di potatura che limitino l'insorgenza delle malattie, con un duplice scopo: testarle e validarle e, contemporaneamente, trasmetterle sul campo agli addetti a tale operazione. L’obiettivo, nel tempo, è quello di rendere disponibili le tecniche qui collaudate anche ai 1.600 viticoltori partner della maison.

Il gruppo italiano è già da tre anni in supporto di Hennessy nella potatura delle viti di Ugni Blanc, dalla distillazione delle cui uve proviene, appunto, il cognac. Un vitigno che possiamo indicare come equivalente all'italiano Trebbiano Toscano e coltivato nello Charente, che si è mostrato particolarmente sensibile alle malattie del legno e in particolare all'esca, al centro della dendrochirurgia. Il lavoro italiano si svolge su due livelli. Sviluppo e ricerca di un metodo di potatura che consenta di rafforzare le viti per ridurre l’insorgere delle malattie del legno: il team interviene, principalmente da dicembre a febbraio, sia per definire il metodo di potatura da attuare che per formare i potatori. Partecipazione a progetti volti a ideare la gestione di nuovi impianti viticoli nel contesto del cambiamento climatico attuale.

“Sono molto onorato che la Maison Hennessy si sia rivolta a noi - dice Simonit, CEO del gruppo - e ringrazio il gruppo LVMH, che investe sempre di più nella salvaguardia del suo straordinario patrimonio viticolo. Dopo Château d’Yquem, Moët & Chandon e Terrazas de los Andes, abbiamo la fortuna di collaborare da tre anni con la Maison Hennessy.”

Un piccolo riassunto della realtà del gruppo italiano. Fondato una trentina d’anni fa da Marco Simonit e Pierpaolo Sirch, con sede in Friuli-Venezia Giulia è l’unico gruppo internazionale specializzato e accreditato nel settore della formazione del personale addetto alla potatura manuale dei vigneti. Il team lavora nei principali distretti viticoli mondiali, dove è consulente di 150 fra le aziende più prestigiose e collabora con molti fra i più rinomati istituti di ricerca vitivinicoli ed università. Il fiore all’occhiello è il “metodo di potatura ramificata” che porta il loro nome, che riduce l’impatto devastante che hanno i tagli sul sistema linfatico della pianta a causa del disseccamento interno che provocano), che può essere adattato a tutte le forme di allevamento della vite. Nel 2009 ha creato la Scuola Italiana di Potatura della Vite, che ha oggi una ventina di sedi. Nel 2016 ha istituito a Bordeaux, in collaborazione con l’ISVV, il DUTE, Diplôme Universitaire de Taille et Épamprage, unico diploma universitario al mondo di potatura e scelta dei germogli. Dal canto suo, Marco Simonit ha pubblicato due manuali di potatura della vite, dedicati al cordone speronato e al metodo Guyot. La versione francese di quest’ultimo, Guide pratique de la taille Guyot – Prévenir les maladies du bois, nel 2018 ha vinto il Premio internazionale OIV 2018 nella sezione Viticultura.