A Gualtiero Marchesi sarebbe piaciuto.

Nell’ultimo periodo della vita, il Maestro lavorò ad un progetto di accademia per chef. Tra le materie di studio c’era l’Arte. Secondo Marchesi i giovani cuochi dovevano sapersi destreggiare non solo ai fornelli ma anche con pennelli e colori. Estro artistico e competenze culinarie avrebbero trovato una sintesi. Era quella la base essenziale di uno chef che potesse dirsi degno di questo nome. Anche da questo punto di vista Fabio Gallana ha tutte le carte in regola. E si nota subito.

Nel panorama sempre più affollato degli chef di oggi, pochi possono vantare dei trascorsi artistici sostanziosi come quelli di Gallana, tant’è che viene da chiedersi cosa lo abbia spinto a cambiare, a mollare tele e colori per impugnare padelle e forchettoni. Ma basta incontrarlo e osservarlo mentre lavora, per capire che si tratta di una domanda superflua, Gallana non ha scelto, non ha rinnegato un mondo per l’altro. Semplicemente l’ha trasformato aggiungendo all’arte qualcosa. Qualcosa, a suo dire, di fondamentale: il gusto. C’è da credergli.

Artisticità in cucina non significa saper bene impiattare, per quanto anche l’occhio voglia la sua parte. No, no qui si parla di altro, qui si intende un particolare sguardo sulle cose, avere occhi sempre vigili e curiosi capaci di cogliere l’impercettibile e saperlo tradurre in gesto. Qui si gioca, con una leggerezza che fa rima con consapevolezza. Il cibo è materia viva, impermanente. E sacra.

Non sorprende quindi l’estrema naturalezza con cui questo chef viva in modo singolare i processi di trasformazione del cibo, mescolando riflessioni filosofiche con tutte le problematiche classiche di una cucina in attività, esprimendo sempre una creatività vera, pulsante, che non è mai la brutta copia di qualcun’altro.

Gallana è profondamente artista. Gli appartengono tutte le caratteristiche degli artisti migliori, prima fra tutte una fiducia assoluta nelle possibilità date all’essere umano.

Gallana ha gusto. Una capacità percettiva fuori dalla norma, qualcosa che non si può imparare a scuola ma che si può solo acquisire con anni di frequentazione di ristoranti di livello. Per questo, pur senza ostentazione, questo chef dimostra di sapere il fatto suo.

Non si spiegherebbe altrimenti la sua ultima sfida, un ristorante-bistrot immerso in museo di Land’s Art sulle colline biellesi, in Piemonte. “Si tratta di un progetto di ampio respiro che verrà realizzato quando le condizioni lo permetteranno. Ma già così esprime una sua forza, forse è il segnale più bello che si possa dare in tempi incerti come oggi”, mi confida lui stesso, visibilmente emozionato. L’idea è nata in questi ultimi mesi dopo che la recente pandemia lo ha sbalzato da Riad, dove dirigeva un noto ristorante, all’Italia. “Ho ricominciato da zero - aggiunge Gallana - e l’ho fatto tornando all’origine, stabilendomi con la famiglia nella casa dei miei nonni e cercando immediatamente di immergermi nella nuova realtà per progettare qualcosa di nuovo. L’opportunità è sorta quasi per caso, dall’incontro con Pacefuturo, una onlus battagliera presente da tempo sul territorio. La bellezza della sua sede a Pettinengo, una villa ottocentesca con parco all’inglese e vista mozzafiato, hanno contribuito a far nascere in me il desiderio di rimettermi in gioco e ciò è potuto succedere grazie all’aiuto di alcune persone, tra le quali la mia famiglia e gli amici di Pacefuturo, in particolare Andrea Trivero, un artista travestito da direttore, molto simile a me”, aggiunge sorridendo.

Pacefuturo è una realtà conosciuta in Italia. Sin dalle sue origini si è dimostrata una organizzazione attenta ai grandi temi del nostro tempo, l’accoglienza, la responsabilità sociale, l’esodo dalle aree rurali, l’ecologia. E lo ha fatto con idee e progetti sempre nuovi, originali, spesso in anticipo sui tempi. Da anni Pacefuturo accoglie profughi richiedenti asilo provenienti dall’Africa e dal Pakistan. Grazie al supporto di privati ed enti pubblici ha avviato progetti di introduzione al mondo dell’apicoltura e della tessitura, realtà oggi strutturate e produttive. Parte del grande giardino intorno alla villa inoltre è stato trasformato in orto e l’artista Pistoletto ha voluto qui portare la sua prima installazione de Il terzo Paradiso, forse la sua opera concettuale più conosciuta al mondo.

“È già tutto qui”, mi dice Gallana indicandomi l’ampio parco pieno di alberi secolari. “La pandemia ha sicuramente stravolto la vita di tutti, costringendoci a guardare le cose in modo diverso. La connessione tra le cose e le persone, da sempre teorizzata, oggi è tangibile, non si può più ignorarla. Raggiunta questa consapevolezza la vita cambia. Ogni cosa acquista dignità. Local diventa immediatamente Glocal. Si avverte l’urgenza di diventare arte-fici della propria esistenza. Così la creatività prende lo spazio normalmente occupato dall’ansia e dallo sconforto. E il sapore della vita cambia. Cosa c’entra tutto questo con la cucina? Ma questa è la cucina!” conclude Gallana lanciandomi un’occhiata dalla freschezza quasi fanciullesca.

Seguo Gallana nel suo spazio di lavoro. Lungo la via che porta alla cucina passo in rassegna alcuni scaffali dove sono in bell’ordine alcune pregevoli bottiglie di vino. Accanto a esse noto diverse opere del periodo zurighese di Gallana, assemblaggi metafisici rivestiti d’oro, anche questi avrebbero l’approvazione di Marchesi, penso tra me e me. “Migliorano invecchiando”, mi dice guardandomi con espressione ironica e lasciandomi nel dubbio: parlava delle bottiglie o dei suoi lavori artistici?

Mentre lo osservo maneggiare e poi tagliare con estrema cura un filettino di Angus appena scottato sopra ad una piastra, sarei tentato di fargli mille domande sul come e sul quando il grande progetto partirà e lui sembra captare qualcosa e interrompe l’operazione per rispondere alle mie domande ancora in via di formulazione…

“Gli ingredienti ci sono tutti. mi dice - il mondo post-pandemia sarà un mondo di persone nuove, più consapevoli, più attente. Anche più esigenti” aggiunge con fare profetico. “Quello che un tempo era peculiarità di un limitato numero di persone diverrà largamente diffuso. Ho sentito, per esempio, che qui a Pettinengo c’è il boom di richieste di alloggi e la clientela viene tutta da fuori. Sai cosa vuol dire questo? Vuol dire che le grandi città stanno perdendo la loro attrattiva, lo smart-working ha innescato un processo che in altri Paesi d’Europa è già molto avanzato... e presto sarà normale incontrare milanesi e torinesi residenti, a spasso nei boschi qui intorno. Parallelamente ci sono altri processi in corso, tra questi anche l’interesse per una fruizione dell’Arte fuori dalle mura museali, a contatto con la natura. I pochi progetti italiani con queste caratteristiche, negli ultimi anni hanno riscontrato un crescente interesse da parte del pubblico. È diventato normale per molti quindi uscire dalle città e coniugare interessi culturali con i benefici dell’ambiente naturale”.

Riesco già a immaginare che… “...esattamente! Qualcosa di simile, di bellissimo, con caratteristiche specifiche legate a questo territorio unico nel suo genere, può essere realizzato qui. Capisci allora che intorno ad un progetto simile, per sinergia, nasceranno mille altre idee. I visitatori del parco a tema non resisteranno alla tentazione di prolungare la loro permanenza e il loro piacere fermandosi a dormire. Pacefuturo dispone già di una foresteria molto charmante e ancora prima saranno alla ricerca di una buona tavola alla quale sedersi...”.

Eccolo che entra in scena Gallana...

Esatto.

Hai già idee per un possibile menu?

Ci sto lavorando già da tempo. Sarà sicuramente un menu rispettoso delle stagioni. Vorrei sempre armonizzare quello che si vede e si sente fuori, comprese le opere d’arte ovviamente, con quello che poi si mangia. I piatti potrebbero, per esempio, essere ispirati o dedicati agli artisti presenti in mostra ma gli ingredienti rifletteranno inevitabilmente le stagioni, i colori ma soprattutto le varietà di frutta e verdura del territorio e nello specifico quelle provenienti dall’orto qui sotto. La qualità del burro e dei formaggi non ha bisogno di presentazioni, l’acqua è ottima, si trovano ottime farine locali per produrre pane fresco ogni giorno. E poi arriverà tutto il resto. Con moltissime scoperte tutte ancora da fare, salumi di capra, varietà rare di mele e castagne, insomma un vero paradiso per il sottoscritto che non vede l’ora di esplorare, assaggiare e interpretare.

Stagionalità, materie prime locali, cos’altro stai progettando?

Ho a cuore il tema del riciclo, con Pacefuturo stiamo lavorando ad un nuovo progetto che è indubbiamente molto attuale. Nello specifico si parla di riciclo del pane vecchio, una sfida molto interessante. La cucina tradizionale italiana è piena di ricette che prevedono l’uso di pane secco ma, come nell’arte, la creatività permette di immaginare sempre qualcosa di nuovo. Questo, insieme al gusto, è il motivo per cui amo questo lavoro.

Altre idee?

Con il tempo vorrei trasformare lo spazio che ora ospita la caffetteria, intendo dire dal punto di vista architettonico, inserendo gradualmente più materiali naturali e sistemi innovativi di riscaldamento ecologico. Vedo anche bene la possibilità di creare spazi per retreat aziendali e celebrazioni importanti. Sarà una grande gioia attivare e concertare tutte le parti, sì, ogni volta che ci penso sento la visione farsi più chiara. I tempi sono maturi.