... oggi Canova chiamasi il luogo dove si vende il vino a minuto… e poi si stribuiva la mattina, a cenno della campana grossa dè Priori, a più chiese e canove per tutta città... Da L’Accademia della Crusca.

E’ il centro di Firenze, quello delle cartoline che vanno in giro per il mondo, quello che il mondo ci invidia, il cuore della città, dei vicoli pieni di colore e cultura, delle botteghe degli artigiani che stanno via via diminuendo fino a sparire, dei maestri d’arte, delle lavorazioni sapienti della pelle, ma soprattutto è un bagno di storia, dove butti lo sguardo e scorgi un rosone, un traforo, un ricciolo, un putto e ancora ricordi della vita dell’Ottocento. La Firenze popolare che sembra cristallizzata e ancora rivivere nelle botteghe dei vinaini, con la gente seduta “a strasciconi” sulle scale di qualche chiesa, un tocco irriverente a contrasto della severità del luogo, l’acciottolato delle stradine, dove sembra ancora di sentire i ferri dei cavalli, dei barrocci, le popolane e i ragazzotti del quartiere che bociano, i rumori, le grida, l’atmosfera fatata di luoghi particolari e unici.

Un'antica insegna riportata di recente a vista - Pizzicheria e Canova dei vini - testimonia l'origine della trattoria Il Francescano come luogo di mescita del vino, il gottino, come si chiama qui a Firenze, il tipico locale storico fatto con un bancone di marmo, il vinaino, la mescita, il pilastro della vita quotidiana della Firenze che fu. Lunga storia quella della trattoria: negli anni '70/'80, sotto la guida di Alberto Bernardoni, divenne ritrovo abituale di celebrità dello spettacolo, abituali frequentatori di Santa Croce per via del vicinissimo e importante Teatro Verdi: in quel periodo era quasi scontato avere come vicini di tavola, magari a notte fatta, Gino Bramieri, Vittorio Gassman o un ancor giovanissimo Roberto Benigni.

Oggi, dopo tanto girovagare per il mondo e la nostalgia per il suo ritorno, la “creatura” di Bernardoni risplende ancora di nuova luce, notorietà, frequentazioni altolocate, sapori e profumi: la tavola toscana, una tavolozza di gusto, fantasia e leggerezza, una manciata di eccentrica eleganza, lampadari d'antiquariato e stampe d'epoca, tavoli in marmo e sedie impagliate, lastre di marmo alle pareti, specchiere e mobili in legno e su tutto schidioni di ferro sospesi dal soffitto con lunghe collane d’aglio attaccate, grappoli di pachini dal rosso sfolgorante e spudorato, burrate in bella mostra, opulente e accattivanti.

E poi la trippa, il cervello e gli schienali, la pappa al pomodoro... che fa diventà belli, come si dice ai bambini di qui, la ribollita cò l’olio bono, il peposo, la schiacciata còll’uva… e con questa magnificenza di sapori, anche l’occhio vuole la sua parte e, dalle finestre si scorge, come vicina di casa, la grandezza rinascimentale della Basilica di Santa Croce, vista da un’angolatura particolare, bella da sindrome di Stendhal, piena di luci e di candori marmorei, con una statua di Dante meditativo su una Piazza Santa Croce fatta di giochi di ragazzi che si rincorrono, di piccioni, di panche in pietra, di colori e grida e, a San Giovanni, la tradizione del Calcio Storico Fiorentino. Questa è la Firenze dei fiorentini, beceri e arguti, ignoranti ma colti bottegai, quelli che prendono in giro il mondo ma che non tollerano chi critica la Viola, quella... launsitocca!

Foto di Fabrizio Gaeta