Copriamoci e proviamo a viverci con tutte le frequenze che appartengono all'essere sociale della moda. Il principio che governa è sempre il trovare riparo attraverso i vestiti: riparo dalle condizioni meteo, dalle condizioni sociali, dalle risposte del quotidiano familiare, dai quesiti professionali, dalle integrazioni economiche e sociologiche, dagli approdi a ruoli o contesti diversi, dalla propria rilevanza psichica, o suo contrario.
La moda conforta tutto e a tutto crea abrasione.
Gli abiti sono applicazioni per la relazione con l'altro e applicazioni per costruire segnali della propria condizione legati alle manifestazioni comportamentali: non legati a principi assoluti, ma relativi alla relazione e appoggio al confronto con l'altro.
Il confronto è la parte del tutto che lascia la forma dell'esperienza nelle immagini di noi.

Dal profilo degli umori sociali emerge la moda del tedesco Demna Gvasalia, classe 1981, di origini georgiane che attraverso la procreazione assistita dell'immagine vestimentaria occidentale ha tratteggiato le storie percorse dalle forme del corpo vestito per elaborati che guardano all'eccesso della norma.
Prima studiando alla Reale Accademia d'Arte di Anversa e poi debuttando a Tokyo con la sua prima collezione nel 2007.
Dal 2009 al 2013 è direttore creativo della linea donna di Maison Martin Margiela e poi diviene Senior Designer della linea prêt-à-porter donna di Louis Vuitton.
Nel 2014 il suo approccio grammaticale, ma neo-sintattico, con l'abbigliamento lo porta a presentare un suo brand a Parigi. Lo chiama con la cifra didascalica che appartiene a chi la vita dei vestiti la conosce profondamente: VETEMENTS e in questa sigla si esprime con altri sei creativi che compongono il suo staff.
In questo nome confluiscono le tracce che i capi vestimentari hanno lasciato nella sua esperienza con la moda e le mescola alla geometrizzazione, fuori riga, dei volumi per dichiarare ruolo e sua dismissione: modus operandi permanente nella sua codifica espressiva.
Il soggetto che viene elaborato ha la sua identità originaria di colore e grafica, ma varia nella sua destinazione d'uso e nella declinazione di materiali e proporzioni. Dal ruolo per cui è nato decade in favore del narcisistico esercizio di stile voluto dal sistema della moda.
La formula descrittiva che emerge parla di condizione e ruolo nella quotidianità tradotta per lo straordinario dell'immagine di sé.
Il ruolo cambia per la forma delle storie che l'uomo racconta nel distacco tra ciò che è assodato per necessità e il valore dell'escludente per il necessario alla moda per sussistere: l'abrasione con il visto e ormai diffuso, il dato che marca una collettività.

Nel 2015 Demna Gvasalia viene chiamato, dal Gruppo Kering, alla direzione creativa di Balenciaga. Nel febbraio 2016 sfila la sua prima collezione per il marchio e le reinterpretazioni e delocalizzazioni di ruolo dell'abito e del sostantivo “vestito” si esprimono con filologica esecuzione di taglio e costruzione citazionista. Evidente la mano del neosintatta che ragiona di formule virgolettate del verbo Balenciaga e le carica di esperienze copulative tra couture con la maiuscola e pratica iconica on the road.
La sua è una maggiorazione d'argomento dove il topic è evidenziato macroscopicamente. Demna si mantiene con coerenza in Vetements e nei “vetements” di Balenciaga senza perdere il vezzo di classificare per aspetti e raccontare attraverso l'esperienza l'evidente e ossessiva quantità volumetrica: le proporzioni dello stile di oggi confortate dalle giustapposizioni con il passato.
Classificare per la moda è operazione di misurazione emotiva di posture possibili per un possibile ingresso d'uso: da un elitario atteggiamento, ad un diffuso quotidiano e sua disintegrazione.
Vetements è la plurale avversione all'univocità dell'essere.