C’era una volta una ragazza, che curava le ferite del cuore assemblando pezzi di pelle colorata, per farne borse che in un solo colpo d’occhio illuminavano gli outfit sartoriali e a tratti anonimi delle signorine di buona famiglia in provincia, alla fine degli anni Sessanta: la storia delle borsedi Alberta D., al secolo Alberta Dalla, è quella di una passione intima e un approccio artigianale che si trasformò, negli anni Ottanta, in un brand di enorme successo, in Italia e all’estero.

La mostra “La vita in una borsa: meravigliosa storia di Alberta D.” di ABC Arte Bologna Cultura (via Alessandrini, 11, Bologna) in programma dal 12 settembre al 10 ottobre non è solo un omaggio alla creatività della designer, ma un vero e proprio viaggio nella storia della borsa, che per Alberta è l’accessorio femminile per eccellenza, casa e utero, ma pure fagotto da portare in giro per il mondo per lei, spirito nomade da sempre. Oltre 400 i modelli che saranno presenti nell’esposizione, tra creazioni di Alberta e borse di seconda mano accumulate in una ricerca ossessiva del dettaglio da riprodurre e reinterpretare, scovate nei mercatini delle pulci parigini, sulle bancarelle delle artigiane di Bali o barattate con le anziane signore bolognesi in cambio di un modello nuovo di zecca. Un vero e proprio campionario della storia mondiale della borsa: la più antica è di fine Settecento, la più recente è del 2008, e fa parte dell’ultima collezione firmata da Alberta D. Borse da guardare per un viaggio nell’evoluzione del gusto ma pure dell’evoluzione della figura femminile nella società, e anche da acquistare: sarà infatti possibile comprare alcuni dei modelli, mentre una cinquantina di pezzi, i più pregiati, saranno protagonisti di un’asta il 10 ottobre.

La storia di Alberta D. comincia sul finire degli anni Sessanta nel ferrarese, quando comincia a comporre buste di pelle colorata con i ritagli di pelle regalati da un amico del padre: una forma di “art therapy”, come racconta la stessa Alberta, che le consente di superare attraverso la creatività un momento doloroso. Le sue creazioni, buste patchwork coloratissime, decorate con immagini stilizzate e con un fortissimo, anche se inconsapevole, richiamo alla pop-art, cominciano ad essere notate cominciano presto ad essere notate dalle signore e dalle commesse di Bologna, che le chiedono di riprodurle per poterle rivendere in negozio. Nel 1970 Alberta si trasferisce nel capoluogo emiliano per studiare e nel turbine della vita studentesca di quegli anni accantona quello che continua a considerare un hobby. Dopo due lauree e il matrimonio, Alberta ricomincia quasi per caso a dedicarsi alle sue creazioni: l’ispirazione le viene dalle vecchie borse, delle quali ammira la perfezione dei dettagli, molto meno la scarsa praticità. Così ne scopre i segreti smontandole minuziosamente e cercando di riprodurne le fattezze in modelli più grandi e più adatti alle esigenze della donna contemporanea, lavoratrice che ha bisogno di spazio per poter affrontare una giornata fuori casa.

Il risultato sono borse pratiche, di una pulizia esteriore estrema, quasi monacale, perfettamente organizzate in scomparti internamente, che presto cominciano ad essere molto apprezzate, soprattutto quando esplodono, negli anni 80, i designer giapponesi come Yohji Yamamoto e Rei Kawakubo di Comme des Garçons, la cui estetica quasi ascetica e decostruita presto rivoluziona la moda occidentale. Le borse di Alberta hanno un impatto enorme, tanto che nel 1985 viene invitata alla prima Neomoda a Milano, unica designer di borse: arriveranno poi altre fiere internazionali come la Cours Vitrée des beaux arts di Parigi. I più importanti negozi del mondo cominciano a chiedere le sue borse: un successo inatteso, che spinge Alberta ad aprire la sua azienda, Alberta D., riconvertendo la sua casa in centro a Bologna in stabilimento con 10 dipendenti che si occupano di taglio e spedizioni. Gli ordini fioccano ovunque, e le borse di Alberta D. fanno bella mostra di sé nelle vetrine italiane ed internazionali: Gianmari a Bologna e Penelope a Brescia, che per primi credono in lei, Biffi a Milano, Luisa Via Roma a Firenze, Gente a Roma, e ancora Joseph a Londra e Victoire a Parigi, Barneys a New York e Mansfield a Boston, Joyce a Hong Kong, The Ginza a Tokio, Al Oustura in Kuwait, per un giro d’affari che nel 1989 arriva a 2 miliardi.

Troppo, per una persona sola, per di più ancorata ad una visione sognatrice ed intima del proprio lavoro: Alberta dopo la nascita della figlia si prende qualche anno lontano dalla moda, prima di diventare direttrice creativa di Desmo. Oggi Alberta gestisce un bed & breakfast nel centro di Bologna, la stessa casa che era azienda da dove partivano spedizioni oltre oceano oggi riceve un viavai di persone da tutto il mondo. Una casa che è uno scrigno di oggetti da tutto il mondo, e di borse, naturalmente: oggetti del desiderio non solo da ammirare ma da portare a casa con sé per custodire, come vorrebbe Alberta, un pezzetto di lei.