Gianfranco Ferré è un lombardo (Legnano) e come tale ha nel suo DNA il sentire creativo della sua terra. Non a caso la camicia per Ferré è “sostanza bianca”: il bianco è la somma cromatica assoluta della luce.

La luce, nell'Arte Lombarda, è stata ampiamente indagata e utilizzata ad onore del vero. Tra '500 e '600 autori del calibro di Caravaggio hanno dato massimo lustro all'utilizzo di questo elemento naturale in favore di una pittura che rispondesse al vero naturale. La luce rivela la superficie che attraversa e raggiunge il suo massimo addensamento nel bianco, smaterializzando le superfici stesse. Sulla base di questo principio si ottiene l'unità d'intenti, di operatività lontane tra loro, ma di ambito creativo: i lombardi della pittura tra Rinascimento e Barocco e un creatore di moda lombardo come Gianfranco Ferré. La luce per la pittura lombarda ha il carattere indagatore e rivelatore delle azioni dell'uomo e in pittura manifesta la verità di queste azioni e la conseguente emozione dell'atto.

Per Gianfranco Ferré la luce si manifesta pienamente nel bianco e il pigmento è la stessa camicia che più di qualsiasi declinazione cromatica è acromaticamente bianca. La camicia è da comporre o scomporre come il pigmento che si estrae dai minerali in pittura. Per proprietà transitiva la camicia bianca di Ferré diviene dunque il minerale dell'architetto che costruisce la scena dell'abito scomponendone le parti o occultandole sapientemente. Ecco dunque che si può parlare di tono chiaroscurale, lo stesso tono del dramma espresso dalla pittura caravaggesca e dal coevo teatro elisabettiano.

Come creatore di moda e architetto, Ferré inscena la narrazione della bellezza. Il candore della camicia e delle sue singole parti è il lessico della luce adottato in favore del modellato emotivo del corpo, degli abiti e dei completi vestimentari di Ferré. Esattamente come Caravaggio e seguaci, l'utilizzo del verbo cromatico ha un suo potente impaginato. Il bianco ha la sua forza nella dose di acuti che a seconda del soggetto trattato vanno più o meno accentuandosi o estinguendosi. La camicia Ferré, è di per sé straordinario compendio di luce allo stato puro e dosabile con sapiente esercizio di narrazione teatrale. Il senso di unità e compattezza del modellato della camicia si declina nell'utilizzo delle singole parti (polso, collo, maniche...), in temi non necessariamente pertinenti come gli abiti da sera, le giacche, le gonne... Si manifesta come dettaglio di luce che completa la traiettoria architettonica dell'abito in un crescendo emotivo e chiaroscurale che ha il suo acme nel bianco del dettaglio sartoriale.

Il bianco della camicia ha però, come il bianco in pittura, un “alleato di fondo”: corpo epidermico per l'indumento e corpo ligneo per la tavola pittorica. Questi che chiamiamo “alleati di fondo”, ne danno profondità e superficie. La dimensione della tavola pittorica e la sua preparazione cromatica, di base, sono il corpo dell'opera così come il corpo dell'abito è il corpo umano. Nuca, spalle, schiena, fianchi, gambe ci parlano attraverso le aperture dell'abito e dialogano nella loro nudità con il bianco del dettaglio in camicia creando un bilanciamento narrativo educato dal creativo e non da chi osserva.

Come nella pittura lombarda la luce è direzionale e proiettata ad una verità ricercata, posizionata su ciò che si vuole mettere in rilievo. Attraverso l'intensità chiaroscurale la narrazione sartoriale e pittorica si arricchisce. Il materiale stesso della camicia o il singolo dettaglio che di essa porta il nome ha dunque anche la funzione disvelatrice di “concetti” sottostanti. Dall'organza al piquet, dal voile al popeline, dalla garza al taffetà, ognuno di questi tessuti assurge a densità del pigmento dell'abito dipinto da Ferré sul corpo e attorno ad esso, in quella dimensione aerea dei suoi volumi che chiameremo: “Estensione Ferré”.

Tale estensione dilata la luce sul corpo e la fa scivolare in una dimensione extracorporea. Ricami e tracciati figurativi sono posti ad esaltare le superfici e come supporto alla narrazione. Quando Ferré crea, la camicia è una componente sostanziale del suo creare, perché non è più solo un capo d'abbigliamento, ma è colore, pigmento, sua assenza e luce piena, materia viva come la luce che è stata partorita dalle creazioni pittoriche lombarde.

La camicia è per Ferré la pagina bianca che non necessita di trascrizione. La pagina bianca ha grafica e contenuto nel bianco e dal bianco. Il suo formato ha un'unica dimensione: la luce che ne esprime il bagliore, il peso e la proporzione. Luce piena. Ferré è giocoliere dell'aria ed esecutore di luce. La camicia è bianca! Con Ferrè è come se lo fosse stata per la prima volta.

La camicia per Ferré è il tramite con la tradizione luministica della sua terra, terra che ha sancito una vera e propria rivoluzione artistica e culturale attraverso la luce come rivelazione della bellezza del vero assoluto nell'era moderna. La camicia bianca di Ferré è quella riflessione sul rivelato che mai si stanca d'indagare la sua bellezza.

La mostra La camicia bianca secondo me Gianfranco Ferrè sarà visitabile fino al 15 giugno 2014 presso il Museo del Tessuto di Prato.

Per maggiori informazioni: http://ferre.museodeltessuto.it/