La famiglia Altoviti Avila ha origini antichissime, risalenti addirittura all'epoca romana o longobarda. È stata una delle famiglie nobili fiorentine più antiche, ma in netto contrasto con la politica di Cosimo I, che da lui fu di prepotenza esiliata a Roma.

Nell'urbe, il distinto e coltissimo banchiere Bindo Altoviti fu mecenate e sostenitore di molti artisti di fama come Raffaello, Benvenuto Cellini e Giorgio Vasari, da questi inoltre fu ritratto in alcune opere. Non poteva quindi che possedere lo stesso sangue ribelle e curioso la sua discendente Vittoria Altoviti Avila, marchesa, che sposando l'imprenditore edile di origini svizzere Giuseppe Toscanelli, si fece costruire una residenza estiva all'Isola d'Elba per il figlio malato di tubercolosi.

Sia nella residenza estiva che nei palazzi di Pisa e Firenze, la marchesa Vittoria faceva salotto con gli intellettuali dell'epoca. Gli amici assidui erano gli scrittori e poeti Giuseppe Giusti, Edmondo De Amicis, Renato Fucini, il pittore Antonio Ciseri, i macchiaioli Telemaco Signorini, Eugenio Cecconi e molti altri. Negli anni che vanno dal 1880 al 1889, causa la permanenza sull'Isola d'Elba per curare la salute di Bistino, ossia Giovan Battista, il figlio maggiore, la marchesa si inventò un passatempo a dir poco bizzarro per una donna dell'epoca, e soprattutto per una donna del suo rango sociale. Amica anche dello scienziato diatomologo conte Francesco Castracane degli Antelminelli e da questi indirizzata a una relazione scientifica essenzialmente epistolare con l'algologo Francesco Ardissone, la marchesa si dedicò per nove anni all'esplorazione della flora marina dell'Elba e delle isole vicine.

Seguendo il consiglio dei medici di allora che ordinavano aria di mare, Vittoria Altoviti Avila Toscanelli scelse un bel terreno nell’ancora selvatica Isola d’Elba, e vi fece costruire un signorile palazzo, quello che sarà poi la Villa Ottone perché edificato nella zona così chiamata, l'Ottone, dove il figlio malato potesse sanare la sua salute in riva al mare, circondato dagli effluvi delle essenze mediterranee e dagli effetti balsamici degli Eucalipti.

In questo luogo ameno, Vittoria e Bistino passarono mesi e fecero della loro circostanza un motivo di studio. Con il cutter Corinna e la goletta Olga, insieme ai professori Giorgio Roster e Enrico Hylier Giglioli, spesso si avventuravano per mare, fino a compiere lunghe crociere lungo il mar Tirreno. Durante queste uscite raccoglieva con vari sistemi, anche di dragaggio, le alghe, che metodicamente, come le aveva suggerito l'Ardissone, puliva e conservava o essiccate su cartoni, in veste di erbari secchi oppure dentro a vasi di vetro con una soluzione conservante che consisteva in 80% di acqua di mare, 10% di alcool e 10% di glicerina. Tutto il materiale che non era in grado di classificare, Vittoria lo spediva all'algologo, dolendosi del disagio delle poste dell'isola che non consentivano pacchi di peso superiore a 300 gr, e spesso per motivi di tempo cattivo doveva aspettare a inviare il suo prezioso carico finché il mare non si acquietava. Come scrisse una volta all'Ardissone, che dovette imbarcare su un legno per San Vincenzo poiché il mare mosso aveva affondato la barca inglese a Rio marina con grave perdita di sette uomini.

Quello che più le dispiaceva era il fatto di non poter inzupparsi come facevano gli uomini compagni di avventura, i quali come lei racconta erano così vestiti: “Scarpe con sole in corda e di tela, assenza di calze, pantaloni rovesciati al ginocchio, maniche di camicia, cappello da 50 cent, lavoro da Bagno penale; tutto questo per stare nell'acqua da mattina a sera e porgere a me che non posso imitarli, le prede che facevano di piante e di animali”.

Il nome della marchesa Vittoria Altoviti Avila Toscanelli ricorre menzionato qua e là nelle opere che comprendono le Alghe del Mare Mediterraneo, ma da pochi è conosciuta nel suo giusto valore l'attività dedicata dalla nobile signora all'esplorazione della flora marina, soprattutto per quanto si riferisce all'Isola d'Elba. A lei si devono le scoperte di alcune entità nuove o le conferme di specie assai rare per la flora marina mediterranea. Per quanto concerne le alghe, scrive di lei il dott. G. B. De Toni, membro del Regio Comitato Talassografico Italiano, professore ordinario di Botanica nella R. Università di Modena, ha dato un importante contributo lasciando anche molte immagini realizzate disegnando con la camera lucida (dispositivo ottico brevettato nel 1806 per facilitare il disegno, probabilmente rifacentesi alla scoperta di due secoli prima di Keplero che però all'epoca passò inosservata) e che solamente le sventure gravissime, che ne turbarono l'esistenza, valsero a fiaccare l'ardore delle sue ricerche, così da scrivere nella lettera del 3 gennaio 1889 all'Ardissone queste commoventi parole: "Di Alghe, caro Professore, non mi sono più occupata; fui tre mesi come al solito all'Elba, ma il mare guardando dalla Villa; si è come spento il fuoco sacro con lo spegnersi la vita di quel figliuolo che dava sapore a quelle applicazioni! Non ho il corredo di studi che occorre per farsene una distrazione a tavolino".

La Società Crittogamologica italiana, fondata nel 1858 da Giuseppe De Notaris, medico e botanico, venne ricostituita nel 1879 per merito del prof. Francesco Ardissone che ne fu il Direttore. Nel 1890 vi fu aggregata, in qualità di socio effettivo, la nobile signora Toscanelli.