Un articolo pubblicato sulla rivista Science Advances descrive le prove che smentiscono che ci sia stata una pausa o almeno un rallentamento del riscaldamento globale tra il 1999 e il 2015. Ricercatori dell'Università della California a Berkeley e di Berkeley Earth, un'organizzazione no-profit che si occupa di cambiamenti climatici, hanno esaminato in modo indipendente i dati raccolti sul riscaldamento degli oceani e hanno confermato le conclusioni raggiunte dalla NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) pubblicate sulla rivista Science nel giugno 2015.

Il problema dei cambiamenti climatici è complesso e pieno di controversie per le difficoltà di valutare correttamente fenomeni a lungo termine ma anche perché queste ricerche vanno a toccare interessi di industrie dove girano moltissimi soldi con ramificazioni politiche. Negli ultimi anni ci sono stati vari casi di climatologi che hanno ricevuto addirittura minacce di morte e le tensioni sono cresciute dopo l'elezione di Donald Trump a presidente degli USA.

Alcuni anni fa, nuovi dati erano stati interpretati come un rallentamento nel riscaldamento globale, tanto che c'era chi aveva cominciato a parlare di una pausa in questo fenomeno. Quando la NOAA aveva rilasciato una nuova interpretazione che contestava quel rallentamento, ne era nata un'ulteriore controversia, anche a livello politico con un tentativo di portare in tribunale i ricercatori dell'ente americano.

La NOAA aveva rilasciato i dati che avevano portato i suoi ricercatori a concludere che non c'era stato alcun rallentamento nel riscaldamento globale e ora questa nuova ricerca conferma quelle conclusioni. Il motivo di fondo che ha portato gli scienziati della NOAA, dell'Università di Berkeley e di Berkeley Earth a fornire quei risultati è una nuova analisi che tiene conto dei metodi usati per rilevare le temperature delle acque degli oceani, che sono cambiati nel corso del tempo e di conseguenza possono influenzare i valori.

Le registrazioni delle temperature degli oceani arrivano indietro fino alla metà del XIX secolo. Inizialmente, le temperature venivano rilevate infilando un termometro in un secchio di acqua subito dopo averla prelevata. Negli anni '50, cominciarono a essere usati i primi sistemi di misura automatica della temperatura di acque passate attraverso una tubatura che passava attraverso la sala motori della nave. Oggi le temperature vengono rilevate anche usando boe che galleggiano sugli oceani perché permettono una copertura maggiore.

L'analisi effettuata dalla NOAA ha tenuto conto del fatto che misurazioni della temperatura effettuate con metodi diversi possono influenzare i risultati. Misurare la temperatura di un secchio d'acqua appena prelevata è una cosa, misurarla quando l'acqua è passata per una tubatura arrivando in una sala motori dove la temperatura è normalmente è elevata è un'altra cosa, misurarla direttamente sulla superficie dell'oceano è un'altra ancora.

Gli errori strumentali vanno sempre considerati nell'analisi di una gran quantità di dati, ancor di più le differenze dovute a rilevazioni effettuate in condizioni diverse. La NOAA l'ha fatto e ha concluso che in realtà quello che sembrava un rallentamento nel riscaldamento globale era dovuto al fatto che l'acqua sulla superficie dell'oceano è leggermente più fredda di quella passata attraverso una tubatura e arrivata nella sala motori di una nave prima che la sua temperatura venisse misurata.

I ricercatori dell'Università di Berkeley e di Berkeley Earth hanno aggiunto anche dati provenienti da rilevazioni satellitari e dal progetto Argo, una collaborazione internazionale che usa una serie di piccole stazioni automatizzate per raccogliere dati sulle acque degli oceani. L'aggiunta di ulteriori fonti indipendenti ha permesso di avere altri dati con la possibilità di verificare ulteriormente temperature e i loro cambiamenti nel tempo.

Circa il 70% della superficie terrestre è occupata da mari perciò i cambiamenti di temperatura che avvengono in quell'ambiente pesano molto su quelli mondiali. Ciò aumenta l'importanza di protocolli precisi per la loro misurazione e per la loro analisi, proprio ciò che ha cominciato a fare la NOAA.

Le stime precedenti al rapporto della NOAA indicavano un aumento globale medio della temperatura degli oceani di 0.07° Celsius per decennio dal 2000. La stima fatta nel 2015 dalla NOAA e confermata in questa nuova ricerca indica invece un aumento di 0.12° Celsius per decennio. Sembrano piccole cifre ma stiamo parlando degli oceani del mondo la cui condizione ha un'influenza globale enorme.

Questa nuova conferma è importante in una questione così controversa e con tante ramificazioni economiche e politiche. Non basterà ma finché si tratta di raccogliere dati e di discutere su quelli raccolti in maniera completa e non selezionandone solo alcuni per qualche convenienza va benissimo. Quando le discussioni sono razionali possono apportare miglioramenti nei modelli climatici per capire meglio l'evoluzione del clima nel mondo.