Tra gli organismi più sorprendenti che vivono nel nostro pianeta vi sono sicuramente gli artropodi, animali dotati di arti articolati formati da più parti che nel complesso danno origine a creature dalle forme bizzarre, perfettamente adattate all’ambiente in cui vivono, dalle peculiari abitudini alimentari, ecologiche e riproduttive. Tra di essi spicca indubbiamente la classe Esapoda o Insecta, che con più di un milione di specie descritte, rappresenta quella più numerosa sulla Terra. Oltre agli insetti, nel vasto phylum degli artropodi rientrano anche i Miriapodi (centopiedi e millepiedi), gli Aracnidi (ragni, scorpioni), e naturalmente i Crostacei.

Questi ultimi fanno parte di un gruppo estremamente diversificato, con specie minuscole e invisibili ai nostri occhi (plancton) e specie incredibilmente grandi e pesanti (aragoste, granchi). A differenza degli insetti, degli aracnidi e dei miriapodi, tutti i crostacei hanno due paia di antenne, spesso sono protetti da una sorta di armatura detta carapace e molti dispongono di una struttura posteriore simile a una coda, chiamata telson. La maggior parte di essi è acquatica e vive in mare ma esistono anche molte specie di crostacei terrestri e tra questi quella più grande sinora descritta dalla scienza, non solo di crostaceo ma anche di artropode terrestre, è il granchio del cocco (Birgus latro).

Chiamato con diversi appellativi come “granchio ladro” o “ladro delle palme” poiché in grado di “rubare” le noci di cocco e trasportarsele in giro per la foresta, è in realtà un paguro, appartiene infatti all’ordine Anomura e non Brachiura dove invece rientrano i classici granchi. A differenza dei suoi cugini marini, il granchio del cocco non porta con sé la conchiglia poiché le sue dimensioni e il suo peso non glielo permetterebbero. Può raggiungere infatti i 4 kg (talvolta i 6 kg), i 40 cm di lunghezza e il metro quando distende le zampe. È molto longevo (alcuni studiosi ritengono che arrivi sino a 100 anni), e come tutti gli altri anomuri presenta cinque paia di zampe, la prima delle quali utilizzata di solito per alimentarsi. Ma dove vive quest’animale così bizzarro?

Il suo habitat sono le isole tropicali dell’Indopacifico, dalle Seichelles all’Indonesia, dalle Filippine alle isole Cook, colonizzando le foreste delle isole e spingendosi in prossimità del mare solo per deporvi le uova, che dopo aver trascorso alcune fasi in ambiente marino pelagico ed essersi in questo modo disperse in altre isole e in altri stati, si trasferiscono sulla terra ferma per crescere e divenire adulti terrestri. Questo significa che se durante le fasi giovanili respirano a tutti gli effetti in acqua utilizzando le branchie, quando cambiano lo stile di vite per diventare terrestri, perdono la capacità di sfruttare l’ossigeno dall’acqua per respirare aria.

Il nome ci riconduce inevitabilmente all’alimentazione: si nutre pertanto di noci di cocco, ma anche di numerosi altri frutti, detriti fogliari e talvolta piccoli organismi, venendo considerata dunque una specie onnivora piuttosto che erbivora. Lo studioso tedesco Holger Rumpf studiò a lungo le strategie alimentare di Birgus latro, sostenendo che lo stesso sia in grado di rompere e aprire le noci di cocco utilizzando le chele e partendo dai tre pori germinativi, la parte più tenera del guscio. Questo ci farebbe pensare che si tratti dunque di un animale dotato di una certa intelligenza e in grado di svolgere piccole azioni tipiche di animali evoluti. In un certo senso potrebbe essere così ma non vi sono studi dettagliati a riguardo e per il momento possiamo limitarci a credere in una loro grande capacità di adattamento per l’ambiente in cui vivono.

Secondo uno studio giapponese, questo artropode sarebbe in grado di sollevare un bambino di 28 kg con la sola forza delle chele, avendo una stretta 10 volte superiore a quella umana. Dunque è un animale che dobbiamo temere? Assolutamente no! Se lo lasciamo indisturbato nel suo splendido ambiente naturale senza intralciare il suo cammino o rubargli qualche noce di cocco, senza dubbio non ci noterà nemmeno o almeno continuerà nel suo lento ma costante peregrinaggio nelle isole più belle dell’Oceano Indopacifico.