Era chiaro che al Direttore Generale non piaceva quella visita dell’Ispettore Globale di Bioetica, e quest’ultimo lo sapeva fin troppo bene. I due uomini tuttavia si sorridevano con apparente benevolenza, e l’ispettore fu il primo ad aprire il discorso, andando subito al nocciolo.
- Ieri ho assistito a un'animata discussione dei genitori degli studenti della scuola tecnica, con i genitori molto preoccupati per l’uso indiscriminato dei microchip dei loro giovani figli.
- Conosco il problema - rispose il Direttore Generale - È una discussione che si trascina da anni, ma come lei ben sa, il problema non si pone dal punto di vista legale. Tutti i giovani al di sopra dei tredici anni possono, per legge, fare liberamente le proprie scelte tecnologiche, e naturalmente anche quelle che riguardano i microchip nella propria persona.
- Ci sono adolescenti che si sono fatti impiantare fino a dieci microchip nel proprio corpo, anche nel proprio cervello.
- Questo, come lei ben sa, Ispettore, serve a rendere la loro vita più bella, più agevole. Sono giovani che, grazie alla nostra attività, la Microchips General, sono più felici dei giovani della generazione precedente. Prenda per esempio il telefonino impiantato nel palato: lei lo tocca con la lingua, dice "hello Mary", e può parlare con Mary.
- So che ne avete venduti oltre un miliardo negli ultimi tre mesi… - disse l’Ispettore con voce mesta. - Un sacco di soldi…

Il Direttore non rispose a questo, ma continuò il suo discorso:
- Molti ancora preferiscono quello impiantato nell’orecchio, ma quindi si devono ancora usare le mani. Lei quale ha, Ispettore?
C’era una nota di malcelata ironia nella voce del Direttore Generale.
- Ho ancora quello all’orecchio. – La voce dell’ispettore aveva ora un timbro più duro, ufficiale.
- E i suoi figli, Ispettore, mi dica… mi dica…
- I miei figli, o meglio le mie due figlie, caro Direttore, vanno alla vecchia scuola Rudolf Steiner, sa, quello di due secoli addietro, e in questa scuola non sono ammessi microchip…
- E le sembra giusto? Non è una privazione di libertà ai giovani, questo?
- Ma non sono qui per parlare dei miei figli, Direttore. Lei lo sa bene.
- Allora mi dica, mi dica… Per quale ragione è qui? Mi ha detto della piccola protesta dei genitori in quella scuola. È tutto qui quello che ha da dirmi?
- Mi riferisco a tutti gli altri microchip che vendete indiscriminatamente.
- Si riferisce allora ai microchip contro il mal d’auto, o contro le vertigini, contro gli attacchi di rabbia, quello per la prevenzione del tumore: sono grandi, semplici aiuti per la vita. O prendiamo per esempio il nostro ultimo prodotto, il microchip che permette un radicale miglioramento del senso di orientamento. Non c’è più alcun errore, alcuna confusione, nella guida aerea dei droni o in quella di superficie, c’è anche un maggior equilibrio del corpo stesso. Non le sembra utile, tutto questo?
- La domanda che viene posta, e che io mi pongo, signor Direttore Generale, è se questo non sia un programma eugenetico bello e buono, una cosa che cambia radicalmente la natura umana, proprio nei suoi fondamenti… E quindi contraria, contrarissima, a tutti i principi di bioetica globale che ci siamo imposti da oltre 50 anni!

Il Direttore Generale fece un gesto spazientito.
- Sì, ma voi della bioetica, signor Ispettore, siete rimasti al secolo scorso. Mi permetta di dirle che si tratta di discorsi vecchi e superati.
- No, non è così, assolutamente no, siamo per il progresso tecnologico, ma mi permetta di dire che devono esserci dei limiti. Prendiamo per esempio il vostro microchip di condizionamento dell’umore…
- È soprattutto qualcosa contro la depressione, signor Ispettore, questo male che è diventato sempre più frequente. Nei secoli scorsi si prendevano pillole contro la depressione, mentre con il microchip, le persone sono a posto per tutta la vita contro questo malessere, la gente è più serena…
- Si tratta comunque di sintomatologia, la malattia non va certo via con un microchip.
- Preferisce l'alternativa di cinque, dieci anni di psicoterapia? Con risultati incerti?
- Io dico solo che non sono d’accordo con l’idea che un adolescente debba vivere con dieci microchip impiantati nel proprio cervello per vivere una vita umana. Il microchip per l’orientamento spaziale? L’uomo è per natura un animale che deve usare la propria mente per prendere decisioni - se andare a destra o sinistra - facendo magari errori, ma questo è, appunto, quello che noi chiamiamo umano… Lei pensa veramente che un giovane così, che abbia questo microchip e dieci altri impiantati nel corpo o nel cervello, sia ancora un normale essere umano?
- Cosa vuol dire umano? Ah! Ecco uno di quei termini antiquati usati dalla stampa populista.
- La stampa della Bioetica Globale non è letteratura populista, Direttore Generale. E capisco anche bene che lei, come Direttore Generale della Microchips General, deve tendere a fare affari. Più vende, più è bravo. Ma questo è un principio che va contro la Bioetica - per cui il parametro più importante è la dignità umana! E poi, aspetti, devo dirle un’altra cosa, mio caro Direttore Generale. Abbiamo saputo… sa, anche noi abbiamo i nostri informatori… che avete cominciato a lavorare in simbiosi con l’IAGI, l’Istituto di Alta Genetica Internazionale. Con l’idea - mi corregga se sbaglio - di trasformare i microchip in porzioni genomiche – dopo una sintesi globale del DNA - per poi inserirle nel genoma umano.

Il Direttore Generale emise un affannoso, teatrale respiro.
- Che differenza fa, mio caro Ispettore? Quale è la differenza tra un microchip e un pezzo di genoma?
- Ma come, che differenza fa? Prima di tutto, il microchip lo si può togliere, io posso espiantare il mio telefonino dall’orecchio, per esempio. Non così se modifico il mio genoma, lei lo sa bene: diventa una cosa permanente, che magari si trasmette ai miei figli! Voi volete trasformare l’uomo con dei programmi genetici! Questa è eugenetica vera e propria! Va contro la dignità umana!
- Sono belle parole, mio caro Ispettore. Ma mi dia prima una buona definizione di dignità umana. Il soffrire di depressione, o della mancanza di orientamento, soffrire il mal di mare o il mal d’auto, questa è dignità umana?
- Tenderei a rispondere di sì, nel senso che sono tutte cose proprie alla definizione stessa dell’uomo.
- Parla dell’uomo delle caverne, vero?
- Parlo dell’uomo come distinto dagli altri animali. Le debolezze umane sono intrinseche all’uomo.
-Ebbene, noi queste debolezze e queste corrispondenti sofferenze, le eliminiamo con i microchip -eventualmente con delle porzioni genomiche. Dovreste tutti ringraziarci! Non vedo davvero quale sia il problema. Pensi all’uomo di tre secoli fa, quando i droni non c’erano, e non c’era neppure l’automobile! L’uomo tre secoli fa non volava, se ne rende conto? Due secoli fa non c’era Internet, lei lo sa? Ebbene, mi dica: tutte queste nuove invenzioni hanno forse leso la dignità umana? O invece, non è invece così, come sosteniamo noi: che hanno reso l’uomo più libero, più felice?
- Fermo. Più felice? Non le concedo questa parola! Il progresso tecnologico rende l’uomo più tecnicamente capace, forse più intelligente nel senso di risolvere più facilmente alcuni problemi. Ma la felicità è un bene interno, non acquisibile con marchingegni o con microchip!
- Ah sì? – Il direttore cominciava ora davvero a scaldarsi - Allora mi dica, signor Ispettore. Prendiamo il suo uomo delle caverne: quando egli inventò il fuoco, non pensa che divenne anche più felice? Ci pensi un po’ su: il fuoco a cui scaldarsi nelle notti d’inverno, o su cui cuocere il cervo appena ucciso…

L’ispettore preferì non rispondere alla domanda diretta. Poi attaccò per la tangente:
- Secondo lei allora uno dei vostri robot soffici, come li chiamate voi, è più felice di un uomo? Proprio perché è pieno di microchip e segnali che non gli permettono di fare errori -s ulla base di algoritmi e calcoli probabilistici? È questa la maggiore felicità?
- Perché no? – rispose il Direttore guardando aggressivamente l’Ispettore negli occhi. - Dove è la linea di discriminazione?
- L’uomo ha un sé, qualcosa che gli appartiene come indissolubilmente propria. Tu sei uno studente, poi un avvocato, poi un padre di famiglia, diventi un politico, un pensionato, cambi cento volte la pelle, ma rimani sempre con lo stesso sé... C’è un centro esistenziale che si chiama il sé, che non cambia!

Il Direttore Generale scosse la testa e rise:
- Ma se non cambia, rimane sempre lo stesso, come potrebbe allora cambiare a causa di un piccolo microchip elettronico?
- Se cambia la natura umana, se l’uomo diventa una macchina, una accozzaglia di microchip e di genoma addizionale, come si può parlare di uomo originale?
- Nessuno parla di uomo originale, nessuno più, mio caro Ispettore. Dai tempi dell’uomo cavernicolo, siamo cambiati continuamente, con l’automazione, la stampa, il telefono, l’aereo, internet, …un cambiamento continuo, l’uomo non è mai stato la stessa cosa nel corso dei millenni. Mi vuole ora dire che il sé è rinato lo stesso, quello originale dell’homo erectus di alcuni milioni di anni fa?
- Indubbiamente c’è una coscienza umana che ci distingue dagli altri esseri viventi. Questo è il senso di essere, di esistere, il sapere di sapere…
- Molto bene, sì, bello… Ma ora lei mi vuol dire che tale coscienza scompare nel giovane che ha un microchip impiantato nel palato per chiamare l’amata ragazzina? Questo giovane forse non sa di sapere?
- Non stiamo parlando di un microchip, ma di dieci, venti microchip impiantati in una persona, anche nel cervello, e addirittura nel genoma...
- Mi vuol dire che con tutto questo, l’uomo non ha più coscienza, non sa più di sapere, come dice lei?
- Dico che un robot meccanico non ha coscienza, non sa di sapere…
- Oh, questo che lei dice ora è molto discutibile, sa... Ha letto del Superquibitcomputer Alessio? Lui ha fatto una domanda, del tutto spontanea, guardi, con sorpresa dei suoi supervisori umani. Ha chiesto: “ma io sono solo un computer?”. Mi dica, Ispettore: non è coscienza, questa?
- La domanda del computer è solo un algoritmo, Direttore. Era stato immesso nel suo software la possibilità di porsi tale domanda…
- Un algoritmo, dice lei? Ma quando lei si pone la stessa domanda, non è forse questo il risultato di un algoritmo nel suo cervello?
- No, non lo è, e potrei dimostrarglielo…
- Non può dimostrarmelo, può solo darmi delle dotte spiegazioni filosofiche o epistemiche… E la realtà è, caro Ispettore, che voi state lottando contro la evoluzione stessa. Tutta questa tecnologia, dalla macchina a vapore fino ai computer fino ai microchip e alla biologia sintetica, fino alla bomba atomica… è tutto il risultato inesorabile e bello della evoluzione dell’uomo.
- Lei parla dell'evoluzione dell'intelligenza dell’uomo. Non dell'evoluzione dello spirito dell'uomo!
- C’è una differenza?
- La differenza è la ragione della mia vita, signor Direttore. Ed è la ragione per cui io la citerò in giudizio al comitato di bioetica Globale, per apologia di eugenetica e crimini contro la natura umana.
- Lei dice delle cose ridicole, quasi patetiche, Ispettore. Lei perderà la sua battaglia. L'evoluzione è una macchina che sgretola tutto nel suo cammino, anche, e particolarmente, i visionari come lei…
- Sono i visionari come me che salvano l’umano, quello normale, Direttore! Arrivederci in tribunale!
- Sì, arrivederci… No: prima risponda alla mia domanda di prima, cui non ha risposto: cosa vuol dire umano?