Italia. Ancora una volta protagonista dei miei articoli, ma questa volta non per parlare delle sue irripetibili esperienze sensoriali a cui sottopone i milioni di visitatori che attraversano le Sue regioni di cui neppure i suoi abitanti saranno mai sazi (… me compresa!).

Siamo un paese che, come ogni angolo del mondo vanta pregi e difetti, difendendo a spada tratta la culla delle nostre radici e, purtroppo un po’ spesso, limitando quello che potrebbe essere lo sviluppo di esse con l’evoluzione delle tecnologie ad oggi esistenti (creando un paradosso sconfinato tra evoluzione e regressione). Che si voglia ammettere o meno siamo un territorio che si basa ancora molto sulle produzioni locali (agricole o altro). Quando facciamo una passeggiata in campagna, dai colori dei vigneti delle Langhe in autunno all’estremità dei limoni siciliani che ne costellano le colline, abbiamo la sensazione di essere parte di quel territorio, che coordinato alle stagioni si diverte a stuzzicare i nostri sensi in ogni momento della giornata.

Fuggiamo per un momento dalla routine cittadina: lasciamoci avvolgere dal fascino incontaminato della campagna. In qualunque regione ci si trovi è molto facile inciampare o ritrovarsi immersi in qualche delizioso orto, curato come fosse un’aiuola da esibire a chi si avventura per i sentieri disegnati da chi se ne preoccupa. Avere il proprio orticello per una società che dedica la propria esistenza al lavoro è ormai un lusso; richiede tempo, dedizione e moltissima cura; ma coloro che riescono ad averlo non smettono mai di goderne i benefici.

Avere un orto è buono solo dal punto di vista casalingo? Assolutamente no.Sui giornali, su internet e alla radio escono con frequenza quasi regolare notizie sui benefici che apporta curare la “natura” e farne proprio un pezzettino. È provato che oltre attività di team building e convention, le aziende che offrono ai propri dipendenti la possibilità di avere un orto collettivo stimoli non solo il rapporto tra colleghi, le interazioni e la propensione alle iniziative, ma anche lo stesso rendimento lavorativo.

Il problema è lo spazio? Sicuramente non tutti possono vantare un cortile o un’area esterna, ma le tecnologie e le tecniche ad oggi esistenti, se applicate con coscienza offrono lo sfruttamento massimo dello spazio (anche piccolo) con ottimi risultati. Mai sentito parlare di permacultura?

Nasce negli anni ’70 circa con Bill Mollison e David Holmgren con l’obiettivo di ricreare un sistema evolutivo delle specie vegetali sulla base delle loro specifiche e quindi della collaborazione tra di esse. Conoscendo esattamente le necessità che ha una pianta, è possibile posizionarla all’interno di un piccolo spazio con altre, creando una sorta di catena in cui le une aiuteranno le altre a crescere e svilupparsi. Ad esempio: la salvia e il rosmarino mai insieme poiché si soffocheranno a vicenda, basilico e pomodori invece vanno bene poiché i pomodori crescendo in verticale regalano ombra al primo il quale soffre l’eccessiva esposizione al sole e così via, fino a ricreare un microsistema quasi autosufficiente, in grado di sfruttare con massimi risultati anche gli spazi più piccoli e un numero minore di risorse.

Per realizzare determinati progetti non servono le ultime tecnologie uscite sul mercato, ma la dedizione e la volontà di persone che desiderano avviare un cambiamento partendo da qualcosa di piccolo, di proprio e di semplice (come appunto la realizzazione di un orto). Invece che aspettare che siano le grandi aziende a mettere sulle nostre tavole i prodotti più “sani” (… secondo quanto indicato dalle etichette).

“Si raccoglie quel che si semina”, forse in realtà questo articolo concentrato sul recupero della terra è una semplice metafora di quanto stiamo facendo per noi stessi e per il nostro paese. Anziché alzare le mani e attendere che qualcuno faccia qualcosa per noi, forse è il caso di attivarsi senza dire “ma sono da solo”. Tutto parte da una base e, se i cambiamenti non vengono avviati dai singoli non avranno mai un inizio, mai una voce, e tutto continuerà in questo lento continuo degrado che sta portando alla perdita dell’amore che ognuno di noi dovrebbe avere per la propria “casa” (a voi l’interpretazione del termine), della biodiversità che sino ad oggi ha caratterizzato ogni angolo del mondo, del rispetto per quel che ci circonda e della curiosità che dovrebbe stimolare le persone a creare qualcosa di nuovo e utile per le proprie comunità. Lo siamo ancora?