Se all’apparenza, una manciata di sabbia di mare ci appare come un materiale totalmente inerte, privo di qualsiasi forma di vita, un qualcosa che sembra appartenere solo al “mondo inorganico”, dobbiamo ricordare che l’apparenza inganna! All’interno di una manciata di sabbia, infatti, vi è racchiuso un microcosmo, un ambiente ricco di forme di vita spettacolari, una biodiversità che neanche riusciamo a immaginare.

La maggior parte delle forme di vita sulla terra e in mare ha dimensioni che noi, a occhio nudo, non riusciamo a scorgere, ma ecco che se prendiamo in mano un microscopio, quel mondo a noi prima ignoto ci appare con tutta la sua straordinaria varietà di forme e colori. Basti pensare che la maggior parte del benthos (gli organismi che vivono nei pressi del fondale marino), è rappresentato da forme di vita che vanno dagli 0,02μm a circa 2 cm di grandezza, quindi, come si può ben intuire, la stragrande maggioranza di essi risulta a noi invisibile e totalmente inesistente.

Nei sedimenti marini, le abbondanze del microbenthos (20-200μm) e del meiobenthos (20-500μm) aumentano esponenzialmente al diminuire della taglia: in 10-100-1000 m2 di sedimento troviamo pochi individui appartenenti al megabenthos (>1-2 cm) ma in 1 solo m2 possiamo trovare migliaia di organismi del macrobenthos (0,35-0,5 mm), 1 milione di organismi del meiobenthos, 1012 batteri e 1013 particelle virali. L’abbondanza del viriobenthos, cioè i virus, parassiti obbligati di altri organismi, è proporzionale a quella degli organismi che vengono infettati.

Anche la profondità incide sulla quantità di organismi: mentre in ambienti poco profondi la megafauna e la macrofauna dominano in termini di biomassa complessiva, mano a mano che si scende in profondità, diventano prevalenti le componenti della meiofauna e dei procarioti, (batteri) per poi assistere a una dominanza completa di questi ultimi. Nell’ambiente marino, essi non sono distribuiti in maniera omogenea ma, al contrario, mostrano una spiccata eterogeneità, in funzione di numerose cause.

I batteri mostrano diverse strategie comportamentali, come ad esempio la capacità di movimento tramite chemiotassi (attrazione da parte di sostanze chimiche). Inoltre, la loro distribuzione è influenzata da numero fattori quali la concentrazione di ossigeno, la granulometria del sedimento, il disturbo fisico (turbolenza e risospensione), la disponibilità dei substrati e la predazione.

I procarioti marini sono altamente diversificati ed esistono, pertanto, diverse tipologie nutrizionali: fotoautotrofi (ottengono energia dalla luce solare), chemioautotrofi (ottengono energia dall’ossidazione di sostanze inorganiche o ridotte), eterotrofi (necessitano di composti organici per vivere, come tutti gli animali). Questi procarioti sono i principali responsabili dei processi di trasformazione della materia organica e di produzione di anidride carbonica, risultando dunque essenziali per la vita in ambiente oceanico. Demoliscono, inoltre, le molecole organiche di grandi dimensioni negli elementi inorganici di base (mineralizzazione). Del nanobenthos (2-20μm) fanno parte organismi sia autotrofi che eterotrofi quali protisti, alghe unicellulari come dinoflagellati, e funghi. Si parla di più di 200.000 specie di microalghe e più di 60.000 specie di protozoi.

Il microbenthos (20-200μm) comprende protozoi e phytobenthos (diatomee e dinoflagellati). Le comunità microphytobentoniche sono raggruppate in ambiente marino a seconda del loro insediamento: epipsammon (attaccati ai granelli di sabbia), endopsammon (dentro il sedimento), epilithon (sulle rocce), endolithon (dentro a substrati duri), epiphyton (sopra altri vegetali), epizoon (sopra animali).

La meiofauna (20-500μm) rappresenta, invece, il gruppo più abbondante di metazoi del benthos marino con una densità mediamente compresa tra 105 e 106 individui per m2 e una biomassa di 1-2 g di peso secco in acque costiere al di sotto dei 100 metri di profondità, ma questi valori possono variare in funzione di stagione, latitudine, profondità, maree, granulometria.

La maggior parte delle specie del meiobenthos è generalmente riscontrata nei primi 2 cm di sedimento. Tra gli appartenenti a questo gruppo così complesso di organismi si ricordano i crostacei, tra i quali in particolar modo i copepodi, seguiti da tartigradi, nematodi, gnatosmulidi, loriciferi, tutti nomi assai fuori dal linguaggio comune, e vengono classificati sotto il nome di mesopsammon (organismi che vivono fra i granelli di sabbia). Questa “fauna interstiziale” è in strettissimo rapporto con i vari fattori ambientali che agiscono a livello del sedimento come temperatura, salinità, luce, idrodinamismo e contenuto di O2. Quasi tutti gli invertebrati sono presenti nell’ambito della fauna interstiziale, ma il mesopsammon racchiude organismi di dimensioni comprese esclusivamente fra 0,5 e 0,06 mm; inoltre, tali organismi assumono caratteri morfologici peculiari, quali corpo allungato e sottile, trasparenza, mancanza di occhi, presenza di papille adesive e peli.

La meiofauna, negli ultimi anni, ha acquisito un ruolo importante come potenziale indicatore di alterazione del funzionamento dell’ecosistema marino e quindi come biondicatore, il quale ci permette di capire come sta il nostro ambiente. Grazie alla forte sensibilità alle perturbazioni ambientali, all’elevato numero di individui, alla mancanza di forme larvali planctoniche e al breve ciclo vitale, la meiofauna è divenuta un comune oggetto di studio per valutare i processi di disturbo e di ricolonizzazione dell’ambiente marino. Il macrobenthos (>0,35-0,5 mm) rappresenta, per ultimo, l’insieme degli organismi bentonici, in parte visibili ad occhio nudo, appartenenti alla maggior parte dei Phyla conosciuti. Anche in questo caso, la distribuzione spaziale di questo vasto gruppo di organismi è influenzata da differenti fattori quali luce, temperatura, salinità, produttività primaria, profondità, idrodinamismo, disturbi fisici. Su fondi mobili (sabbia), i più comuni organismi costituiscono l’endobenthos.

Si tratta per la maggior parte di organismi detritivori (che mangiano detrito organico e resti di altri organismi) e filtratori quali bivalvi, ostracodi, copepodi, anfipodi, ofiure, policheti, nematodi, ma non mancano i rappresentanti carnivori di policheti, crostacei e molluschi. Alcuni gruppi della macrofauna bentonica utilizzano, invece, le microalghe come fonte di cibo. Diatomee, Cyanophyceae e dinoflagellati sono piuttosto comuni nella sabbia, ma generalmente si tratta di organismi planctonici. Le diatomee bentoniche sono preferibilmente epifitiche quindi crescono su altri vegetali (macroalghe e fanerogame). I policheti (vermi marini) si muovono per mezzo di ondulazioni del corpo e movimento dei parapodi (strutture simili ad arti); i crostacei utilizzano i loro pereiopodi (zampette), gli echinoidei (ricci di mare) e gli asteroidei (stelle marine) scavano, mentre i bivalvi (cozze, vongole) vivono infossati emergendo solo coi sifoni utilizzati per la respirazione. Ma quali sono i motivi che spingono gli organismi a scavare nei sedimenti?

In realtà, sono piuttosto numerosi, ma i principali sono lo sfruttamento della tridimensionalità dell’ambiente, una maggiore stabilità del substrato, la difesa dai predatori, la protezione delle uova e una respirazione facilitata se presenti all’interno di tubi o gallerie. La grande importanza degli organismi che si muovono nel sedimento è dovuta al fatto che essi stessi provocano un effetto di rimescolamento dello stesso denominato “bioturbazione” che garantisce un’efficiente ossigenazione, lo stesso effetto di un lombrico nella terra, senza il quale questa risulterebbe priva di ossigeno. Tutto quello che è al di sotto dei 20 cm di profondità nel sedimento sarebbe un ambiente anossico, ma questi organismi, scavando gallerie a più piani contribuiscono significativamente ad evitare questo inconveniente.

La sabbia, dunque, nonostante l’apparenza, risulta essere estremamente biodiversa e tutti gli organismi appena descritti rappresentano una componente fondamentale dell’ecosistema marino nonché la più numerosa presente sul nostro pianeta. Occorre quindi prendere in mano il microscopio ed ecco che tutto ciò che si credeva irreale appare come un miraggio, mostrando le mille sfaccettature che ancora una volta la natura è in grado di svelarci.